I droni americani e la CIA aiutano i francesi in MALI
Agenti della Cia, militari delle forze speciali e contractors. Poche centinaia di uomini in alcune base segrete istituite dagli Stati Uniti lungo la fascia territoriale che va dal Sahel all’Africa Orientale con il compito di localizzare, spiare e colpire i miliziani e soprattutto i leader dei movimenti islamisti legati alla rete terroristica di al Qaeda, dai gruppi attivi in Malì ai Shebab somali. Fonti ben informate hanno rivelato al “Sole 24 Ore” che i raids dei cacciabombardieri francesi Rafale e Mirage delle ultime ore sono stati effettuati su obiettivi rilevati dall’intelligence e dai velivoli statunitensi decollati da basi ”segrete” istituite in Mauritania e Burkina Faso. Tra i bersagli centrati dalle bombe francesi nel Nord del Malì, in mano agli islamisti dal marzo scorso, vi sono una grande base dei salafiti di Ansar al Dine ad Aghabo, nella regione di Kidal e oltre una decina di installazioni militari nell’area di Gao. “Abbiamo centrato depositi di armi, infrastrutture e campi di addestramento” ha confermato il ministero francese della Difesa Jean-Yves Le Drian. Colpiti anche la base di Lere, 150 chilometri a nord di Konna, e obiettivi nelle aree di Douentza e Nampala. Washington aveva garantito ieri il supporto informativo e logistico ai francesi e Parigi pare non abbia perso tempo per chiedere una dettagliata relazione sulle basi logistiche che i miliziani hanno costituito negli ultimi dieci mesi facendo affluire armi e miliziani nel nord del Malì. Un’area da tempo oggetto delle attenzioni statunitensi se si considera che già nell’agosto scorso venne eliminato (probabilmente con l’impiego di droni) Nabil Abu-Alqama numero due di al-Qaeda nel Maghreb Islamico, vittima di un misterioso incidente stradale nel nord del Malì. La presenza statunitense nell’area è parcellizzata e poco visibile ma costituisce una rete che monitora il territorio e intercetta le comunicazioni grazie alle sofisticate apparecchiature utilizzate da velivoli a turboelica civili, o comunque senza insegne, del tipo Pilatus PC-12 e King Air dispiegati in alcune basi. A volte piste isolate situate in zone desertiche, in altri casi aree di aeroporti internazionali come quella utilizzata da un distaccamento aereo di forze speciali nello scalo di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Di questa rete, che ha compiti di intelligence e sorveglianza e raccoglie i dati utili a effettuare raids mirati o massicce incursioni come quelle attuate dai francesi, fanno parte anche ex-militari delle società Sierra Nevada Corporation e R4 Inc. Compagnie specializzate in servizi d’intelligence che forniscono a CIA e Pentagono pacchetti operativi “chiavi in mano” che includono aerei, piloti, tecnici, sensori e persino gli analisti per tradurre le comunicazioni intercettate interpretare dati e immagini raccolti. Secondo Pietro Batacchi, direttore della Rivista Italiana Difesa e autore di un ampia analisi sulle operazioni antiterrorismo statunitensi in Africa, i velivoli Pilatus volano in media 150 ore al mese in missioni di questo tipo utilizzando sensori “a scomparsa” che consentono di non far notare i velivoli di questo modello (molto diffusi in Africa) quando sono a terra. I droni in volo sul Malì decollano da una base avanzata istituita da Washington (al costi di oltre 8 milioni di dollari) vicino al confine, in territorio mauritano, ma l’impiego dei velivoli teleguidati è reso più agevole dalla possibilità di restare in volo anche 30 o 40 ore consecutive che si traduce nella capacità di sorvegliare per lungo tempo gli obiettivi attaccandoli nel momento più favorevole.
Oltre agli statunitensi e ai contingenti africani, il cui peso militare è limitato alle truppe sul terreno, anche i britannici stanno inviando aiuti ai francesi. Due grandi cargo C-17 sono in partenza in queste ore dalla base della Royal Air Force di Brize Norton, nell’Oxfordshire, diretti a Parigi dove caricheranno destinato alle truppe francesi in Malì. I cargo britannici consentiranno inoltre di trasferire rapidamente nell’aeroporto di Savaré, vicino alla zione delle operazioni, i contingenti africani resi disponibili dai Paesi dell’Ecowas. Il Foreign office ha ribadito i limiti nel tipo di assistenza britannica offerta alle forze francesi in Mali, sottolineando che è del tutto escluso per le forze inviate da Londra “il coinvolgimento nei combattimenti sul terreno”. Londra sottolinea che si tratta esclusivamente di un ”sostegno tattico-strategico molto limitato’” ma secondo indiscrezioni i britannici starebbero valutando di inviare in Malì anche team di forze speciali e forse alcuni droni Reaper già impiegati con successo nelle incursioni contro i talebani in Afghanistan. Altri contributi dai Paesi Nato sembrano al momento limitati a velivoli cargo danesi, canadesi, belgi e forse qualche elicottero. Un impegno limitato in appoggio ai 2.500 militari e alla trentina di velivoli (10 cacciabombardieri Mirage 2000, Rafale e Mirage F1, tanker KC 135, cargo C-160 Transall elicotteri Gazelle, Tiger e Puma ) mobilitati da Parigi. L’Unione europea l’Europa mantiene le consuete posizioni ambigue e contraddittorie. Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha detto oggi che è “urgente fermare i terroristi” e “i gruppi ribelli”, il presidente Barroso ha lodato “il coraggio” della Francia ma la Ue metterà in campo solo 250 istruttori per l’esercito del Malì più altri 250 militari necessari al supporto logistico e alla protezione degli istruttori stessi. Un po’ poco per chi dovrebbe considerare il consolidarsi delle forze qaediste nel Sahel una diretta minaccia al suo territorio e ai suoi interessi.
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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.