LE UNITA’ MAGGIORI DELLA MARINA DI TAIWAN

Introduzione
Uno dei tratti caratteristici della nostra epoca è sicuramente rappresentato dal fenomeno della globalizzazione; un fenomeno non solo ampio e complesso ma che, soprattutto, ha finito anche con l’interessare molti campi diversi. E, tra questi, non poteva certo mancare pure quello della sicurezza. Una conflittualità diffusa, la comparsa di nuovi attori sulla scena internazionale (statali e non) e nuove minacce (anche in forme diverse dal passato) completano un quadro all’interno del quale si è assistito a un crescente impiego degli strumenti militari dei diversi Paesi in un ampio spettro di operazioni.
Una sorta di nuovo “modus operandi” al quale non potevano certo sottrarsi proprio quelle forze navali che (praticamente da sempre) hanno fatto delle proprie capacità di essere presenti pressoché in ogni angolo del pianeta il proprio tratto distintivo. È così accaduto, e sta accadendo ancora oggi, che tali forze si siano ritrovate a dover gestire ogni tipo di operazione; dal semplice “mostrare bandiera” all’imposizione di embarghi, dal soccorso in caso di calamità naturali al contrasto di fenomeni come la pirateria fino, all’estremo, a vere e proprie operazioni belliche.
Tale tendenza, come detto, ha finito con l’interessare molti Paesi i quali hanno così dovuto rivedere compiti e missioni e, alla luce dei vincoli contratti nell’ambito delle organizzazioni internazionali di cui fanno parte e/o per una ancor più pragmatica difesa degli interessi nazionali (nelle sue varie forme), hanno quindi visto schierare spesso proprie formazioni navali, anche in zone lontane dalla madre patria.
In pratica non c’è una sola Marina fra quelle più importanti che non sia stata interessata da queste novità, non si sia trasformata in tal senso e che non sia stata impegnata all’estero; il tutto ampliando, più o meno marcatamente, il proprio raggio d’azione (sotto ogni punto di vista). Tutte tranne (almeno) una; perché un’eccezione a questo quadro in realtà esiste. Quell’eccezione è infatti rappresentata dalla Marina della Repubblica di Cina, ovvero Republic Of China Navy (ROCN) o, ancora, Zhōnghuá Mínguó Hǎijūn; Paese peraltro ben più comunemente noto come Taiwan.
Il perché è presto detto visto che si tratta di un Paese questo che vive la propria esistenza in una sorta di isolamento, a sua volta dettato da ragioni di natura geo-politica, strategiche e diplomatiche; una condizione dunque particolare, tale da plasmare in maniera vincolante i compiti della ROCN stessa senza che però tutto questo le impedisca rappresentare comunque una forza credibile, efficiente e moderna (ancorché concentrata su di un numero ristretto di missioni).
Le ragioni di questa particolare condizione sono note ai più e fanno riferimento alla storia recente; all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, la guerra civile combattuta tra le forze comuniste guidate da Ma Zedong e quelle nazionaliste del Kuomintang (KMT) guidate da Chiang Kai-shek (conflitto peraltro iniziato già molti anni prima) conosce il suo epilogo. La vittoria delle prime sulle seconde determina l’abbandono della Cina continentale da parte di queste ultime le quali trovano così rifugio sull’isola oggi nota come Taiwan (un tempo Formosa). È l’1 ottobre del 1949 quando Mao Zedong proclama la nascita della Repubblica Popolare Cinese, mentre il 10 dicembre successivo lo stesso Chiang Kai-shek è costretto alla fuga dopo aver tentato inutilmente di difendere l’ultima città in mano alle forze del Kuomintang; proprio quel giorno, un velivolo provvide a trasportare il leader nazionalista e suo figlio sull’isola di Taiwan.

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Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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