PANETTA VA IN PENSIONE E ATTACCA OBAMA PER IL RITIRO DALL’IRAQ
Ha lasciato da pochi giorni l’incarico di Segretario alla Difesa e già entra “a gamba tesa” sull’’amministrazione Obama. Leon Panetta accusa infatti la Casa Bianca di non essere stata capace di raggiungere un accordo complessivo con le autorità di Baghdad sulla presenza militare all’indomani del ritiro. Molti miliardi di dollari in aiuti sono stati sprecati senza produrre i risultati sperati privando così gli Stati Uniti di ogni possibile influenza sull’Iraq e le sue prospettive di ricostruzione. In un rapporto redatto prima di lasciare il Pentagono, Panetta ha ricordato che con una “forza militare rilevante” gli Stati Uniti avrebbero potuto dissuadere il primo ministro iracheno Nuri Kamal al-Maliki dal prendere ”decisioni sbagliate” e ”andare a sbattere sugli scogli”. Ma il ritiro dell’ultima divisione americana del dicembre 2011, sostiene Panetta, ha radicalmente ridotto la capacità americana di poter condizionare la situazione. Le parole di Panetta sono contenute in un report curato da Stewart W. Bowen Jr, l’ispettore generale per la ricostruzione in Iraq, commissionato dal Congresso otto anni or sono. Composto di 171 pagine dal titolo esplicito ”Imparare dall’Iraq”, lo studio analizza soprattutto la gestione dei circa 60 miliardi di dollari di aiuti statunitensi all’Iraq evidenziando come si siano messi in piedi progetti troppo ambiziosi senza consultare a sufficienza la popolazione irachena circa i suoi reali bisogni. Il risultato è che con la riduzione della presenza americana sul campo, non è stato sempre possibile portare a termine questi progetti ed essere certi che raggiungessero il loro obiettivo di migliorare le condizioni materiali di vita della gente comune. L’ex ambasciatore americano Ryan Crocker, a Baghdad tra il 2007 e il 2009, ammette che il problema maggiore per gli Stati Uniti è stato di non essere riusciti a ”ottenere un genuino appoggio su questi mega-progetti da parte degli iracheni”. Il suo successore, James Jeffrey, in carica tra il 2010 e il 2012, vede il “bicchiere mezzo pieno” e ricorda come gli sforzi per la ricostruzione hanno assicurato un lavoro a decine di migliaia di iracheni, ha dato loro programmi di assistenza medica, migliorando la produzione di petrolio e di energia elettrica. Per non parlare dei miglioramenti sul fronte della sicurezza. Tuttavia, anche lui sostiene che è stato ”speso troppo denaro con risultati limitati”. Spesso il problema è stato iniziare grandi opere che poi nessuno tra gli iracheni è riuscito a completare, soprattutto dopo il ritiro militare. Molto meglio sarebbe stato spendere questi soldi in piccoli progetti, piccole strutture che i locali avrebbero gestito in modo più agevole. Il rapporto parla esplicitamente di otto miliardi di dollari praticamente buttati dalla finestra, sprecati in opere che non sono mai state utilizzate da nessuno.
Con fonte Ansa
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