AFGHANISTAN: LA NATO LASCIA, I TALEBANI ATTACCANO
In Afghanistan gli attacchi talebani aumentano per numero e intensità favoriti dal progressivo ritiro delle truppe della NATO dalla “prima linea”. Secondo le Nazioni Unite il numero delle vittime civili del conflitto in Afghanistan è aumentato di circa il 30 per cento nel corso dei primi tre mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Lo hanno riportato le Nazioni Unite. Da gennaio a marzo, sono stati uccisi 475 civili e altri 872 sono rimasti feriti da queste violenze che aumentano i timori con l’avvicinarsi del ritiro della maggior parte delle forze Nato alla fine del 2014, secondo un bilancio diffuso dall’ufficio del rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan, Jan Kubis. Questo aumento è “preoccupante” tenuto conto che il numero delle vittime civili era diminuito del 12 per cento nell’anno 2012, ha sottolineato Kubis che ha apostrofato come un “crimine di guerra” l’attentato dei talebani a inizio aprile contro un palazzo di giustizia nell’ovest del Paese, che aveva provocato 46 vittime. Uno studio pubblicato il 20 aprile dal centro indipendente Afghanistan NGO Safety Office (Anso) ha rilevato nel primo trimestre di quest’anno un incremento del 47 per cento degli attacchi rispetto allo stesso periodo del 2012. Obiettivo del 73 per cento degli attacchi dei miliziani sono state le forze di sicurezza afghane (esercito e i diversi corpi di polizia) mentre sono in calo gli attacchi contro i militari della NATO (appena il 4 per cento) sia perché è più difficile e rischioso colpirli sia perché hanno quasi ovunque lasciato alle truppe di Kabul le postazioni più esposte e i compiti di combattimento anche nelle aree più calde in vista del ritiro dall’Afghanistan previsto per l’anno prossimo. Dei 2331 attacchi degli insorti censiti nel rapporto dell’Anso tra gennaio e marzo il 10% ha preso di mira civili considerati legati alle autorità afgane, l’1 per cento organizzazioni ed enti non governativi mentre il 12 per cento ha colpito bersagli casuali o sconosciuti. “Pensiamo che l’attuale tendenza al rialzo proseguirà per il resto dell’anno e che il 2013 sarà il secondo anno più violento dopo il 2011” afferma il direttore dell’Anso, Tomas Muzik, che ha definito “grigia” la prospettiva emersa dallo studio ma ha rilevato che rifletteva “l’impasse perpetua” che caratterizza dall’inizio lo scontro fra i ribelli afgani e le forze internazionali. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza è percepibile anche nel settore occidentale dove sono schierati 3 mila militari italiani. Da quando la sicurezza a Herat e dintorni è passata nelle mani degli afghani sono in aumento gli attentati e le azioni criminali e in particolare i rapimenti. Il 21 aprile due giovani che lavoravano per una azienda che fornisce servizi logistici ai convogli della Nato hanno subito l’amputazione di una mano e di una gamba da parte dei talebani mentre il 3 aprile un attacco in forze contro il tribunale di Farah City ha provocato 58 morti e un centinaio di feriti. Una battaglia che non ha coinvolto il reparto di alpini italiani basato all’aeroporto della città capoluogo della provincia più calda dell’Ovest.
In base al processo di transizione negli ultimi 12 mesi le truppe afghane hanno assunto la responsabilità della sicurezza sull’87 per cento del territorio nazionale mentre le forze dell’Isaf hanno abbandonato o ceduto ai colleghi afghani l’80 per cento delle basi e degli avamposti. Le perdite degli alleati sono quest’anno le più basse dall’inizio del conflitto: 33 caduti (incluse le vittime di incidenti) nei primi 100 giorni dell’anno contro i 402 dell’intero 2012 già in calo rispetto al picco di 711 caduti registrato dagli alleati nel 2010.
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