La Folgore torna in Somalia 20 dopo il "Pasta"
Sono passati 20 anni dalla battaglia del check-point Pasta che il 2 luglio 1993 provocò tre caduti e 33 feriti al contingente italiano schierato in Somalia nell’ambito dell’Operazione Ibis, inserita nella missione dell’Onu che tentò di stabilizzare il Paese africano sconvolto dalla guerra civile. Esattamente un mese prima della ricorrenza dello scontro che oppose le truppe italiane ai miliziani del “signore della guerra” Mohamed Farah Aidid, i paracadutisti della Folgore sono tornati senza troppo clamore a Mogadiscio in appoggio alla missione dell’Unione Europea che addestra le neocostituite forze di sicurezza somale. Eutm Somalia è stata istituita nel gennaio 2010 dal Consiglio Europeo che ha approvato l’invio di una missione militare per contribuire all’addestramento delle Forze di sicurezza locali. La missione è attiva da tre anni in Uganda dove ha addestrato finora 3 mila militari somali, pari a un quarto dell’intero esercito messo in campo dal governo contro i miliziani al-shabaab legati ad al-Qaeda. Al fianco delle truppe governative combattono 17 mila soldati dell’African Union Mission in Somalia (AMISOM) varata nel 2007 dalle Nazioni Unite e composta per lo più da truppe di Uganda, Kenya e Burundi con contingenti minori offerti da Gibuti, Sierra Leone e Nigeria. Truppe che hanno contribuito in modo determinante a cacciare i jihadisti dalla capitale e dai suoi dintorni creando le condizioni per l’insediamento della missione europea sul territorio somalo.
Benché il vertice della missione guidata dal generale irlandese Gerald Aherne resti a Kampala, il 7 maggio è stato aperto un quartier generale avanzato del Mentoring, Advising Training Element (MATE) situato all’interno del compound dell’aeroporto, sul mare, in un’area che negli anni ’90 ospitava la base degli aerei e degli elicotteri italiani e degli altri contingenti internazionali. Oggi le forze di al-shabaab non sembrano in grado di attaccare Mogadiscio ma compiono assalti suicidi e attentati contro esponenti del governo e sedi istituzionali. L’ultimo attacco eclatante ha colpito il 20 giugno la sede del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, a Mogadiscio. Tra le vittime 3 civili somali, 4 stranieri (inclusi due contractor sudafricani), 4 funzionari somali dell’Onu e 7 Shabab. Uno dei sette miliziani che hanno lanciato l’attacco, tutti vestiti con uniformi militari, si è fatto saltare in aria all’ingresso del compound per permettere agli altri di entrare. Dopo un’ora di violenti scontri, le forze del governo somalo e i peacekeeper dell’Unione Africana ne hanno ripreso il controllo. L’attacco è stato rivendicato su Twitter dai giovani mujahedin somali, secondo i quali l’azione aveva l’obiettivo di spingere le Nazioni Unite a “lasciare” il Paese. Il movimento legato ad al-Qaeda ha definito l’Onu “un mercante di morte” che agisce come “una marionetta” nelle mani degli Stati Uniti.
In questo contesto il comando avanzato della missione europea rappresenta quindi un obiettivo pagante per i terroristi e per questa ragione a proteggerlo è stato schierato il 2 giugno un plotone di paracadutisti del 186° reggimento di Siena proveniente da Gibuti. Un reparto che prese parte ai combattimenti al check-point Pasta e che negli ultimi anni si è distinto in due turni di missione in Afghanistan, a Kabul nel 2009 e nei distretti caldi di Farah (Gulistan e Bakwa) nel 2011. La stessa sorte che ha riportato in Somalia i parà del 186°venti anni dopo la battaglia del Pastificio ha toccato il colonnello Gerolamo De Masi, da poche settimane alla testa del MATE a Mogadiscio e vice comandante della missione europea. Veterano di molte missioni oltremare, inclusa quella in Iraq con la brigata “Sassari”, De Masi guidava nel 1993, col grado di capitano, la compagnia Leopardi del 183° reggimento paracadutisti, coinvolta in numerosi scontri a fuoco con i miliziani somali e protagonista della battaglia del 2 luglio nella quale venne ferito (insieme ad alcuni dei suoi uomini) da schegge al braccio destro.
In gennaio il Consiglio Europeo ha esteso il mandato della missione per altri due anni ridefinendone i compiti, allargati alla consulenza politico-strategico alle autorità somale e all’addestramento specializzato delle forze governative e in maggio ha stanziato 44 milioni di uro per il sostegno e lo sviluppo all’apparato giudiziario e di polizia.
Questa l’intervista che Analisi Difesa ha realizzato con il colonnello De Masi.
Quanti Istruttori di EUTM saranno operativi a Mogadiscio?
I nostri specialisti forniranno attivita’ di advisory a livello strategico ed attività di addestramento a livello tattico. Per l’attività di advisory sono previste 16 unità mentre per l’addestramento tattico sono previsti 2 teams di addestratori composti da 8 unità ciascuno per un totale di 16 uomini.
Quanti italiani?
Secondo l’attuale Task Organization del MATE HQ avro’ alle mie dipendenze 2 Ufficiali destinati all’attivita’ di advisory a livello strategico presso il Ministero della Difesa Somalo ed un team intero di addestratori composto da 8 unità.
Dove verra’ effettuato l’addestramento delle reclute somale?
L’addestramento verra’ effettuato presso il Jazeera Training Camp situato a circa 5 Km a sud dal nostro Quartier Generale. La strada e’ sterrata ma permette una buona percorribilita’ anche in condizioni atmosferiche avverse. Gli addestratori verranno scortati quotidianamente da personale AMISOM tramite due/tre veicoli blindati Mamba e il nostro SSE fornirà capacità di Quick Reaction Force in caso di emergenza.
Dopo i 3 mila addestrati in Uganda quanti prevedete di addestrarne in Somalia?
Il campo di addestramento situato a Bihanga in Uganda restera’ attivo fino a dicembre di quest’anno continuando a formare altri due cicli di militari per un totale di ulteriori 300 somali tramite un corso della lunghezza di tre mesi e mezzo incentrato essenzialmente su nozioni di Polizia Militare, CIMIC e Leadership. All’inizio del 2014 tutte le attivita’ addestrative si sposteranno in Somalia presso il gia’ menzionato Jazeera Training Camp dove personale EUTM sara’ responsabile della formazione di futuri addestratori Somali.
Che tipo di addestramento viene impartito?
I nostri specialisti forniranno alle reclute conoscenze e tecniche, utili a contrastare la minaccia delle mine e degli ordigni esplosivi improvvisati (IED) unitamente a nozioni di primo soccorso tattico sul campo di battaglia (Combat Life Saving), corsi di Leadership. In poche parole verranno effettuate le medesime attivita’ che attualmente vengono svolte a Bihanga ponendo maggiore attenzione alla formazione di istruttori/addestratori somali.
Qual’è la percezione dell’Italia e del suo ruolo in Somalia 20 anni dopo l’operazione Ibis?
Mogadiscio fa parte della storia italiana più di quanto si voglia credere. Benche’ non ancora operativi sul campo e nonostante le ridotte ricognizioni effettuate la prima percezione e’ stata positiva. La popolazione sembra ben accettare la presenza italiana, anzi mi consenta, sembra preferire la presenza italiana ad altre nazioni. Molte persone incontrate (della vecchia generazione) ancora parlano o capiscono l’italiano e sono tutti concordi nell’affermare che noi italiani siamo arrivati tardi, che c’è bisogno di noi piu’ di quanto si immagini e che si sono sentiti abbandonati da una nazione che consideravano come una seconda Patria. La situazione resta precaria ma la città è diventata accessibile, seppure con imponenti misure di sicurezza.
Il ritorno dei militari in Somalia anticipa la riapertura dell’ambasciata italiana a Mogadiscio prevista a settembre che ospiterà lo staff dell’ambasciatore Andrea Mazzella che ora risiede in Kenya. Ad aprile la Gran Bretagna è stata il primo Paese occidentale a riaprire l’ambasciata a Mogadiscio. Londra, che ha organizzato e ospitato in maggio la conferenza internazionale sulla Somalia, ha stanziato 10 milioni di sterline (circa 12 milioni di euro) per lo sviluppo delle forze armate somale e 14,5 milioni (circa 17 milioni di euro) per raddoppiare il numero degli agenti di polizia e per la formazione di giudici e avvocati. Investimenti tesi a favorire la penetrazione britannica in quell’area.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.