EUROPA E USA REGALANO L’EGITTO AI SAUDITI

Obama tentenna con l’ormai consueta ambiguità e l’Europa lo segue con colpevole stoltezza regalando l’Egitto ai sauditi che, appoggiando i militari, ne strappa il controllo al rivale Qatar, sponsor del deposto governo di Mohamed Morsi. La crisi egiziana costituisce l’ennesima occasione perduta dagli europei per giocare un ruolo di rilievo o quanto meno dignitoso nell’area nordafricana e mediorientale che pure risulta indispensabile per la stabilità del Mediterraneo e per i nostri approvvigionamenti energetici. L’esito della riunione dei ministri degli Esteri della Ue del 21 agosto è infatti disarmante. Gli europei hanno deciso lo stop alla fornitura all’Egitto di materiale che può essere usato per la repressione, come gas lacrimogeno o sfollagente, e la revisione delle licenze all’export di equipaggiamento militare. I ministri, riuniti in Consiglio straordinario sostengono di voler rafforzare così la condanna di tutte le violenze sostenendo la necessità di ”una roadmap politica” per un processo democratico.

Insomma, la solita aria fritta. Bruxelles bacchetta i militari ma non troppo rinunciando a bloccare gli aiuti finanziari al Cairo (5 miliardi tra il quest’anno e il 2020) per non  ”recare danno soprattutto alla popolazione” e chiudere ”la porta” del dialogo. Le misure adottate, come ammettono in molti negli ambienti Ue, avranno un impatto molto limitato ma politicamente rendono l’Europa irrilevante e incapace di assumere una posizione precisa, di schierarsi. Qualcosa di simile alla posizione assunta da Washington che tra indiscrezioni e mezze ammissioni non ha ancora ufficializzato il blocco agli aiuti finanziari (1,5 miliardi all’anno e quasi 600 milioni di dollari ancora da versare nel 2013) e militari la cui minacciata revisione ha indotto i generali del Cairo a cercare appoggi altrove, incluso Israele.

Ue e gli Stati Uniti sembrano quindi aver scelto di ricoprire un ruolo secondario o addirittura nessun ruolo nella crisi egiziana sia a causa delle titubanze nell’atteggiamento da assumere nei confronti della rimozione di Mohamed Morsi e del governo dei Fratelli Musulmani sia per il peso relativo degli aiuti occidentali, in totale due miliardi di dollari quest’anno contro i 12 raccolti in poche settimane da Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti per sostenere i generali del Cairo. Il principe Saud al Faysal, ministro degli Esteri saudita, ha dichiarato che “quanti hanno annunciato la sospensione dei loro aiuti all’Egitto o hanno minacciato di farlo devono rendersi conto che la nazione araba e islamica, con le risorse di cui dispone, non esiterà a fornire il suo aiuto all’Egitto”. Lasciare l’Egitto e l’intero Medio Oriente all’influenza delle monarchie sunnite del Golfo è un errore colossale per l’Europa. Gli Stati Uniti confermano il progressivo disimpegno dalle aree energetiche mediorientali e nordafricane e reso possibile dalle immense risorse nazionali di gas e petrolio che renderanno presto Washington non solo indipendente ma pure un grande esportatore di energia. Molti autorevoli analisti (anche in Italia) bollano come inadeguata l’ambigua politica mediorientale dell’amministrazione Obama che invece pare molto lucida.

Strizzando l’occhio agli islamisti ma senza intervenire direttamente, come ha fatto in Libia, Siria ed Egitto, Washington sembra puntare alla destabilizzazione di quell’area che rimarrà indispensabile sul piano energetico per tutti i “competitor” economici degli USA. E non si tratta solo della linea imposta da Obama come dimostrano le pressioni dell’opposizione repubblicana a favore di un intervento militare contro il regime siriano di Bashar Assad  che, se attuato, getterebbe Damasco nel caos  consegnandola ai qaedisti. Anche alla luce di queste valutazioni gli europei dovrebbero affrontare con estremo realismo la crisi egiziana e il caos che sta dilagando nel Mediterraneo decidendo da che parte stare e cercando di influenzare gli eventi sostenendo chi combatte l’islamismo (anche se facendolo si “sporca le mani”), se non condivisione politica quanto meno per comunanza d’interessi. Difficile non vedere che è proprio l’islamismo la minaccia per l’Occidente e l’ostacolo allo sviluppo delle società arabe. Per questo non dovrebbe risultare arduo per gli europei assumere precise iniziative politiche non solo perché la stabilità degli Stati arabi è nei nostri interessi ma anche perché la società che gli islamisti propugnano, basata su sharia e discriminazioni, non ha nulla a che fare con i valori ai quali dice di richiamarsi l’Europa né con quanto previsto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

L’adozione di una chiara linea politica è fondamentale per salvaguardare i nostri interessi e superare quelle ambiguità che rendono l’Europa e l’Occidente incomprensibili e inaffidabili. Dopo aver deposto con le armi Gheddafi abbiamo lasciato sprofondare la Libia nel caos in balìa di tribù e qaedisti. In Siria sosteniamo ribelli sempre più islamizzati (contro un regime tirannico ma laico e fino a ieri nostro amico) ma non al punto da entrare in guerra per abbatterlo. In Egitto critichiamo i militari ma senza condannarne con decisione l’intervento a sostegno delle ampie fasce popolari insorte contro il governo di Mohamed Morsi. Nello scontro in atto al Cairo gli europei restano nel limbo in attesa di vedere chi vincerà mentre la monarchia saudita mette le mani sul Paese nel timore che l’onda della Fratellanza Musulmana raggiunga le piazze di Riad. Quasi come se non fossimo noi europei i primi a pagare il prezzo del tracollo della regione.

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.

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