Quando la legge è il primo nemico dei nostri militari

di Fausto Biloslavo  da Il Giornale  del 19 ottobre 2013

Norme che legano le mani. Sempre più spesso i comandanti europei incorrono in azioni legali sui diritti umani intentate da civili o dai loro stessi soldati.

Il glorioso esercito inglese non combatte più come una volta, ma con una mano legata dietro la schiena. La nuova mi­naccia non è Al Qai­da o i talebani. Le azioni legali in no­me dei diritti uma­ni, le cause intenta­te dagli stessi solda­ti e gli innumerevoli cavilli applicati alle zone di guerra fan­no più paura del ne­mico. Per noi italiani non va meglio. I ma­gistrati sequestrano i mezzi coinvolti ne­gli scontri, che servo­no come il pane. Tal­volta chi ha sparato facendo il suo dove­re viene trattato co­me un imputato di chissà quale crimi­ne. L’odissea dei ma­rò in India è un esempio. E la cate­na di comando si af­fida al «consigliere legale» per prende­re le decisioni più delicate. «Nel­la s­ostanza applichiamo ai con­flitti di oggi norme simili a quel­le dell’antiterrorismo in Italia negli anni Settanta e Ottanta ­stigmatizza un ufficiale vetera­no dell’Afghanistan – . Peccato che la minaccia, la mentalità e l’ambiente operativo siano completamente diversi. Un ta­lebano non è mica un brigatista con la P38».

Ieri il Times di Londra ha an­nunciato l’uscita di una deva­stante ricerca non a caso intito­lata «The fog of law», la nebbia della legge parafrasando quel­la della guerra. Le operazioni militari britanniche «sono mi­nacciate da un versante ina­spettato: la legge. I recenti svi­luppi normativi hanno minato la capacità delle forze armate di operare efficacemente sul cam­po di battaglia». Lo denunciano il tenente co­lonnello Thomas Tugendhat e Laura Croft, avvocato in pensio­ne dell’esercito Usa. La ricerca è stata pubblicata da Policy Exchange, un rinomato centro studi inglese. «L’applicazione alle operazioni militari oltrema­re, di leggi ideate per casi civili in ambiente nazionale, hanno cambiato la maniera in cui le forze armate agiscono», sottoli­nea la ricerca. Il primo obiettivo nel mirino degli analisti sono le norme del­la convenzione europea sui di­ritti umani usate da miliziani o ex prigionieri per trascinare in tribunale i soldati britannici. L’obiettivo è ottenere, più che giustizia, una lauta compensa­zione in denaro. Nell’ultimo an­no Londra ha speso 153 milioni di euro per queste cause. Non solo: gli ufficiali britannici, che rischiano le vite dei loro uomini e ordinano di sparare sul nemi­co, oltre che della battaglia si preoccupano di raccogliere prove per scagionarsi in un pos­sibile processo.

«Queste incur­sioni giudiziarie (…) rischiano di paralizzare il militare – si leg­ge nella ricerca – con inchieste dei coroner, la legislazione su salute e sicurezza e la vasta gam­ma di diritti europei». Per i soldati italiani impegna­ti all’estero si applica il codice penale militare di pace. Ad ogni schioppettata la procura di Ro­ma apre un fascicolo dovuto, ma che suona spesso assurdo. I carabinieri sequestrano i blin­dati coinvolti negli scontri, an­che se hanno solo qualche am­maccatura. Non si possono neppure utilizzare per i pezzi ri­cambio. «Così il talebano che ci ha attaccato, anche se non è riu­scito a distruggere il mezzo ha raggiunto comunque l’obietti­vo di metterlo fuori uso » fa nota­re chi ha combattuto in Afghani­stan. Sul fronte di Bala Murghab un soldato italiano fu colpito al­la testa da un proiettile. L’elmet­to esplose ed il colpo provocò solo una ferita non grave sul cuoio capelluto. Il giovane mili­tare voleva tenersi l’elmetto per ricordo, ma era stato sequestra­to come «prova».

Talvolta chi spara per difendersi viene trat­tato come un imputato di chis­sà quale crimine. La paura di grane legali incide sulla linea di comando e gli ufficiali più alti in grado si affidano spesso al consulente legale per decidere se bombardare oppure no. La conclusione del rapporto inglese sulla «nebbia della leg­ge » prende in prestito una famo­sa frase: «Quante divisioni ha il Papa?» chiese Stalin. Oggi la do­manda è: «Quante divisioni ha la magistratura?».

Foto: militari italiani in Afghanistan (ISAF RC West)

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