Terrorismo: i timori di Mosca per le olimpiadi di Sochi
(Aggiornato il 4 gennaio ore 00)
Il duplice attacco terroristico di fine anno a Volgograd (44 morti in seguito a due kamikaze esplosi alla stazione ferroviaria e su un tram) potrebbe rappresentare un avvertimento o le prove generali per attacchi suicidi su vasta scala alle Olimpiadi invernali di Sochi che si apriranno il 7 febbraio. Questo il timore delle forze di sicurezza russe che nell’ex Stalingrado hanno chiudo i maggiori centri commerciali per ridurre gli obiettivi paganti per i terroristi. Una minaccia annunciata nel luglio scorso dal capo dei miliziani ceceni Doku Umarov che aveva rivendicato i più cruenti attentati degli ultimi anni in Russia inclusi i due più gravi a Mosca: i 40 morti nella metropolitana nel 2010 e i 37 dell’attentato all’aeroporto Domodedovo l’anno seguente. In un video Umarov ha sollecitato attacchi contro i giochi olimpici “organizzati sui resti dei nostri antenati, sulle ossa dei molti musulmani uccisi sulla nostra terra lungo la costa del Mar Nero”.
Volgograd è da tempo un obiettivo prioritario per i jihadisti del Caucaso: il 21 ottobre scorso un’altra donna kamikaze si è fatta esplodere su un autobus uccidendo sei persone e ferendone oltre 50 e gli ultimi attentati confermano la facilità con cui è possibile attuare questo tipo di attentati contro stazioni ferroviarie, autobus e centri commerciali, obiettivi in cui la sicurezza totale non può essere garantita. Vladimir Putin, che ha ordinato di “prendere tutte le misure necessarie per stabilire le circostanze dell’attentato, trovare i responsabili” e innalzare le misure di sicurezza in tutte le stazioni e gli aeroporti, ha riunito i vertici dei servizi segreti per fare il punto su un’offensiva terroristica che sta crescendo con l’avvicinarsi dell’inizio dei giochi olimpici. Certo penetrare aree protette come le infrastrutture olimpiche per colpire bersagli specifici sarebbe più complesso che farsi esplodere su un tram e a Sochi i controlli sono già capillari e tesi a impedire ai non autorizzati l’accesso alle zone dove vivono gli atleti o dove sono presenti autorità nazionali e internazionali.
Tra le misure di sicurezza adottate vi sono quelle divenute ormai standard in ogni evento internazionale come lo schieramento di jet da combattimento e batterie di missili antiaerei (5 batterie di Pantsyr-S) per impedire a ultraleggeri e aerei dirottati di raggiungere Sochi dove sono stati mobilitati 30 mila poliziotti con cani anti-esplosivo e 1.500 addetti alla protezione civile.Considerando anche l’area esterna alla città sono operativi 42mila poliziotti, 10 mila para-militari del Ministero degli Interni e 23 mila unità del Ministero per le emergenze. La sorveglianza è affidata a 5.500 telecamere e a velivoli teleguidati militari mentre tutti gli ospiti e i visitatori, incluso il pubblico avranno un badge di riconoscimento che non dovranno mai abbandonare. Negli ultimi 13 anni terroristi e miliziani islamici del Caucaso hanno compiuto 20 attentati uccidendo 790 persone, la gran parte nella scuola di Beslan e nel teatro Dubrovka di Mosca. Dal 2010 gli attentati suicidi compiuti da donne del Daghestan, le cosiddette “vedove nere” mogli di miliziani uccisi in battaglia, sono diventati l’incubo delle città russe.
La risposta di Mosca a questa minaccia punta direttamente a punire le famiglie dei “martiri” con misure quali la demolizione della casa o il rifiuto di consegnare i cadaveri per il funerale. Una nuova legge varata in novembre prevede che i parenti dei terroristi risarciscano i danni provocati dagli attentati compiuti dai loro congiunti. Sul piano militare la strategia russa è quella di colpire preventivamente le bande cecene e del Daghestan attive anche nella repubblica di Kabardino-Balkaria. Gruppi organizzati sui base tribale, strettamente connessi con la criminalità organizzata e contro i quali si sono moltiplicati i blitz delle forze di Mosca. Il risultato è positivo in termini militari poiché da un paio di anni non si assiste a iniziative tattiche rilevanti dei miliziani che colpiscono quasi esclusivamente con azioni terroristiche. Pur avendo proclamato l’Emirato del Caucaso i gruppi jihadisti restano deboli e divisi tra loro secondo quanto conferma anche un’analisi pubblicata dal think-tank canadese di intelligence Geopolitical Monitor anche se la mobilitazione di molti jihadisti caucasici per combattere in Siria potrebbe assicurare connessioni importanti con il terrorismo islamico internazionale interessato a “punire” il principale sponsor del regime di Bashar Assad.
Il rischio che per colpire le “olimpiadi di Putin” vengano mobilitati anche esperti terroristi stranieri non può essere escluso. In problema del resto è stato sollevato nell’agosto scorso durante la visita a Mosca del principe saudita Bandar bin Sultan, capo dell’intelligence di Riad intento a convincere Putin ad abbandonare il regime siriano. Secondo le indiscrezioni pubblicate dal britannico Telegraph e dal libanese As-Safir tra i due sono volate parole grosse quando il principe ammise che Riad ha il controllo sui miliziani jihadisti del Caucaso, che seguono la dottrina islamica wahabita diffusa in Arabia Saudita. “Posso garantirvi di proteggere le Olimpiadi invernali del prossimo anno – avrebbe detto Bandar – poiché i gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi”. Putin rifiutò ogni accordo e rimase al fianco di Assad. Tra un mese qualcuno potrebbe presentargli il conto a Sochi. Infine vale la pena ricordare che i jihadisti caucasici non costituiscono l’unica minaccia alle olimpiadi russe prese di mira anche dagli hacker del “collettivo” Anonymous che ha annunciato con un video “azioni di guerra informatica su vasta scala”.
con fonte Il Sole 24 Ore
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