Varata la fregata Carabiniere
Se già in condizioni per così dire normali il varo di una nuova unità della Marina Militare rappresenta di per sé un evento denso di significati, quello avvenuto nella giornata di sabato 29 marzo presso lo stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso si è in qualche modo caricato di valori ancora più intensi. A prendere l’acqua, sia pure metaforicamente parlando viste le peculiari caratteristiche dell’innovativo sistema di varo adottato da Fincantieri stessa, è stata infatti nave Carabiniere, quarta unità della classe FREMM (Fregate Europee Multi Missione); ecco dunque spiegata la particolarità di questa cerimonia, con la Marina Militare e i vertici militari della Difesa stessa che tributano l’onore di assegnare a una unità della nostra flotta il nome di Carabiniere, proprio in occasione della ricorrenza del 200° anno della fondazione dell’Arma. Un legame forte quello esistente fra le due Forze Armate; già in passato infatti, altre 3 navi hanno portato sulle proprie fiancate lo stesso nome. Un evento la cui carica emotiva è stata poi accentuata dalla scelta della madrina del varo stesso, la Signora Liliana D’Acquisto, nipote del Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto; una figura quella della Medaglia d’Oro al Valor Militare che è stata ricordata, non senza emozione, proprio dal Comandante Generale dell’Arma. Solo qualche breve cenno per ricordare gli aspetti essenziali di questa classe di unità. Frutto di un programma di collaborazione italo-francese attualmente gestito dall’OCCAR (Organisation Conjointe de Coopération en matière d’Armement), per quanto riguarda lo specifico del nostro Paese esso prevede quindi la realizzazione di 10 unità; 4 di esse in configurazione ASW (Anti-Submarine Warfare) mentre per le restanti 6 la configurazione scelta è quella GP (General Purpose).
Allo stato attuale, le prime 3 unità FREMM realizzate da Fincantieri sono già entrate in servizio con la Marina Militare; la prima, e cioè Carlo Bergamini, è del tipo GP mentre le altre 2, Virginio Fasan e Carlo Margottini, sono versione ASW. Esattamente come nave Carabiniere. Sugli scali del cantiere di Riva Trigoso, proprio accanto allo spazio dedicato al varo, era poi sistemata nave Alpino, in avanzata fase di allestimento quale ultima della serie di unità ASW. In un capannone adiacente erano visibili anche i tronconi di nave Luigi Rizzo; anch’essi in avanzata fase di realizzazione e destinati a essere uniti in un secondo momento proprio sugli scali dello stabilimento per dare vita a una unità in versione GP. Per quanto riguarda le restanti 4 unità, tutte in versione GP, la situazione è più complessa; la prima coppia risulta infatti essere già finanziata ma in attesa della contrattualizzazione mentre per la quinta e ultima coppia le tempistiche appaiono più incerte, non essendo stato ancora assicurato il finanziamento. Ovviamente, l’auspicio è quello di non dover assistere a sorprese spiacevoli. Quelle unità sono infatti fondamentali per il completamento della linea di unità di scorta della nostra flotta e, al tempo stesso, per gli stabilimenti impegnati nella loro costruzione.
Ricca e articolata la serie degli interventi, da suddividere (molto schematicamente) in 2 parti; una prima che potremmo definire “aziendale”, seguita da una seconda definibile come “istituzionale”. Quella aziendale ha, ovviamente, riguardato Fincantieri stessa; in questo senso, il tratto comune presente in tutti coloro che sono intervenuti, dal rappresentante delle maestranze all’Amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti (che attraverso Fintecna controlla il gruppo cantieristico) fino al “padrone di casa” e cioè l’Amministratore Delegato di Fincantieri stessa Giuseppe Bono (nella foto a sinistra) , è stato rappresentato dal sentimento di orgoglio nei confronti di questa realtà industriale. Quest’ultima, dopo aver superato una crisi che attraversato tutto il settore, ha saputo infatti non solo riprendersi ma anche conquistare posizioni importanti, tanto da essere diventata il 4° gruppo cantieristico mondiale subito dietro i colossi Sudcoreani. Ma non è tutto, grazie anche a una mirata serie di acquisizioni, Fincantieri è oggi il primo gruppo in Occidente, con decine di migliaia di dipendenti e 21 stabilimenti in 3 continenti. Ciò che è stato sottolineato in modo particolare è il possesso di capacità complete; dalla progettazione alla realizzazione completa delle piattaforme stesse, con queste ultime pressoché interamente realizzate “in house” grazie alle proprie officine navali e meccaniche. Una completezza che si ritrova anche nell’ambito dei prodotti realizzati: dalle navi da crociera alle “supply vessel” per il settore dell’Offshore, dai maxi-yacht fino alle navi militari, con queste ultime che prendono vita in quell’ambiente unico costituito dal Cantiere Integrato Navale Militare comprende i siti produttivi di Riva Trigoso stessa e quello di Muggiano.
Certo, le difficoltà non mancano; proprio per restare al settore militare si segnalano quelle originate dai ripetuti tagli ai bilanci della Difesa che, inevitabilmente, hanno coinvolto il committente principale e cioè la Marina Militare. Al tempo stesso, questa volta negli Stati Uniti, si deve registrare il prossimo stop anticipato al programma Littoral Combat Ship (LCS) per la US Navy. Non mancano però alcuni spiragli di ottimismo. La recente approvazione nella Legge di Stabilità di un finanziamento ventennale proprio a favore di nuove costruzioni per la nostra Marina, il fatto che anche negli Stati Uniti vi siano ancora prospettive interessanti per il dopo LCS e la capacità di competere sui mercati internazionali (con nuovi sbocchi verso l’export) potrebbero trasformarsi in punti a favore. Il tutto nell’ottica di un rafforzamento di quella che, proprio in quel settore manifatturiero con forti contenuti tecnologici così in crisi nel nostro Paese, è stata definita un’eccellenza italiana. Sullo sfondo il capitolo privatizzazione, attraverso la possibile quotazione in Borsa di una quota della Società; a questo proposito, l’Amministratore Delegato Bono in successivo incontro con la stampa ha voluto ribadire come l’azienda da lui guidata sia pronta ad affrontare questo passaggio tanto importante quanto utile per l’arrivo di capitali freschi da investire in nuovi piani di sviluppo.
Sul fronte “istituzionale”, ricchi di spunti interessanti sono stati gli interventi del Capo di Stato Maggiore della Marina, del Capo di Stato Maggiore della Difesa e del nuovo Ministro della Difesa. A fattor comune la costante sottolineatura di un concetto; il destino dell’Italia è marittimo e il suo centro nevralgico è ovviamente rappresentato dal “Mare nostrum”, anche nella più ampia accezione di Mediterraneo allargato. A fronte di questa considerazione, il Capo di Stato Maggiore della Marina è quindi tornato a “snocciolare” i numeri di una situazione che per la Forza Armata è pesante; in assenza di correttivi, nel 2024 la Marina Miliare si ridurrebbe a sole 20 navi, il 60% in meno della consistenza attuale. Da qui la necessità di un intervento straordinario, concretizzatosi con il (primo?) finanziamento nella Legge di Stabilità 2014 che dovrà almeno tamponare questa autentica emorragia di unità dalla nostra flotta. A questo proposito, lo stesso ammiraglio De Giorgi, in un successivo scambio di battute con Analisi Difesa, ha confermato l’intenzione di contrattualizzare le prime 8 unità già nel corso del 2014, da consegnare poi al ritmo di una all’anno. A fronte poi di una domanda sul livello di definizione nel dettaglio di quella che è il programma per molti aspetti più importante cioè quello dei Pattugliatori Polifunzionali d’Altura (PPA), il Capo di Stato Maggiore ci ha detto che questa non è stata ancora completata, anche se tutte le scelte più importanti sono ormai definite. Lo sviluppo del progetto è affidato a un team di 20 ingegneri della Marina che lavorano di concerto con altri soggetti della Forza Armata, nonché con Fincantieri stessa, per raffinare i concetti. La multifunzionalità (in tutti e i suoi aspetti) sarà dunque il tratto caratteristico di queste piattaforme mentre sul fronte dei sistemi d’arma prevarrà sostanzialmente il concetto del “fitted but not with”, con la predisposizione cioè per un loro imbarco e/o modifica nella composizione in qualsiasi momento. Sempre sulle nuove piattaforme, De Giorgi ha invece confermato che la nuova Logistic Support Ship (LSS) e l’altrettanto nuova Unità ausiliaria di Supporto Subacqueo Polivalente (USSP) sono state definite “fino all’ultimo bullone”, lasciando intendere che queste ultime potrebbero essere proprio fra le prime a essere realizzate; già nel corso dell’anno. Una flotta che sarà poi sempre più “green”, anche a fronte dell’annuncio della oramai prossima firma di un accordo di collaborazione con la US Navy sui biocombustibili.
Di grande impatto poi le parole del Capo di Stato Maggiore della Difesa il quale, ricordato puntualmente come le Forze Armate abbiano sempre dato il loro importante contributo per venire incontro alle esigenze di finanza pubblica (non ultimo, anzi, il profondo processo di revisione/riduzione dello strumento militare discendente dalla Legge 244/2012), si espresso in maniera molto netta contro le polemiche di questi giorni. Una sacrosanta richiesta di rispetto per quello che fanno le Forze Armate e un altrettanto netto invito al Paese affinché aumenti il proprio grado di consapevolezza rispetto al ruolo svolto ai fini della sicurezza dei suoi cittadini.
Tema al quale si è ricollegato il Ministro della Difesa esprimendo da un lato comprensione per le parole dell’ammiraglio Binelli Mantelli e dall’altro rassicurando l’ammiraglio De Giorgi sul principio che la burocrazia non dovrà bloccare il finanziamento straordinario appena approvato per la Marina Militare; ma lo stesso Ministro è voluta tornare su di una questione fondamentale e cioè la preparazione di un Libro Bianco della Difesa che attraverso un’analisi dello scenario internazionale, dei rischi, delle esigenze di sicurezza e degli interessi del Paese, definisca un quadro strategico di riferimento per le Forze Armate.
Un passaggio che si prefigura dunque come fondamentale, non solo nell’ottica della costruzione del futuro strumento militare ma anche per costruire su basi più solide una nuova politica industriale nel campo della Difesa; una politica che aiuti cioè i “campioni nazionali”, come Fincantieri ma non solo, garantendo loro le condizioni per uno sviluppo più duraturo nel corso del tempo.
Foto: Marina Militare, Fincantieri, La Repubblica
Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli
Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.