La debole offensiva di Kiev favorisce Mosca

Si aggrava la crisi in Ucraina in seguito all’escalation delle operazioni militari e di ordine pubblico varate da  Kiev che accusa i servizi segreti russi(FSB) di aver armato i separatisti asserragliatisi nell’edificio di Odessa dove un incendio ha ucciso 43 persone e quelli militari (GRU) di sobillare le rivolte nel Donbass e di fornire armi sofisticate come i missili antiaerei portatili ai ribelli. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, attribuisce a Kiev la responsabilità delle vittime sostenendo però che Mosca ha perso il controllo sui gruppi di “autodifesa” operanti nel sud-est ucraino. Un’affermazione sibillina che potrebbe preludere nuove iniziative militari dei ribelli nelle quali i russi non intendono venire ufficialmente coinvolti anche se Mosca ha reso noto che molti ucraini russofoni hanno chiesto aiuto alla Russia contro gli attacchi delle forze di Kiev. Peskov ha criticato “l’approvazione” occidentale della “operazione punitiva” di Kiev nell’est e ha sottolineato che l’idea di tenere elezioni presidenziali il 25 maggio in Ucraina è “assurda” considerata la spirale di violenza che si sta propagando nel sud e nell’est.

Al di là dei moniti e dei proclami propagandistici la presenza di personale russo al fianco dei ribelli non è una novità: uomini del GRU, volontari provenienti dalle associazioni dei veterani, ex militari che lavorano come contractors e che secondo fonti giornalistiche vengono retribuiti tra i 200 e i 500 dollari al giorno per sostenere con le armi la rivolta. Presenza ormai confermate come del resto anche quelle di contractors anglofoni più volte fotografati o intercettati nelle comunicazioni radio e che affiancherebbero le forze di Kiev, probabilmente come consulenti nell’ambito del pacchetto di aiuti militari che Washington ha fornito all’Ucraina e che ufficialmente riguarda solo razioni alimentari e carburante.
Quanto alle milizie secessioniste non è certo che abbiano bisogno, almeno per ora, di ricevere armi dalla Russia. Molti reparti delle forze armate e di polizia ucraine hanno defezionato passando ai filorussi con armi e veicoli inclusi blindati e missili antiaerei anche molto sofisticati come gli S-300.

Altre unità si sono semplicemente rifiutate di combattere mentre tutte le unità militari di Kiev schierate in Crimea si sono arrese ai filorussi: i militari che lo hanno chiesto sono stati espulsi dalla penisola ma le loro armi sono state requisite e potrebbero venire utilizzate oggi dai ribelli a Odessa e nel Donbass.  L’offensiva di Kiev non sembra avere la forza per debellare in tempi brevi la rivolta nel sud est e soprattutto sembra procedere a piccoli passi, con ampie pause tra un’azione e l’altra che sembrano indicare l’assenza di un piano preciso o la scarsa disponibilità di truppe e mezzi oppure difficoltà logistiche ad approvvigionare carburante, rifornimenti e pezzi di ricambio. A smorzare l’offensiva sembra aver inoltre contribuito la perdita di due elicotteri da attacco Mi-24 e il danneggiamento di un altro velivolo del tipo Mi-8 con a bordo un team sanitario ad opera della contraerea dei miliziani filorussi, composta a quanto sembra da missili portatili a corto raggio e cannoni a tiro rapido ZSU da 23 millimetri.

Secondo i ribelli, all’offensiva contro la città di 160.000 abitanti partecipano una ventina di elicotteri da combattimento e trasporto truppe che hanno assistito le forze ucraine nelle operazioni per bloccare tutte le strade di accesso e uscita da Slavyansk. Una forza aeromobile composta da elicotteri da combattimento Mi-24 pesantemente armati e Mi-8 da trasporto, utile a eliminare dal cielo posti di blocco e sacche di resistenza e a trasportare in aree strategiche reparti di fanteria. Sulla carta Kiev disponeva all’inizio della crisi di 48 Mi-24 e 30 Mi-8 ma non è noto quanti di questi siano finiti nelle mani dei reparti militari filo-russi che hanno defezionato mentre 3 o 4 elicotteri sono già andati perduti, il primo (un Mi-8) colpito al suolo da un razzo esploso dai filorussi sull’aeroporto di Kramatorsk.

L’abbattimento dei due elicotteri da attacco potrebbe essere dovuto all’assenza di adeguate contromisure contro i missili a ricerca di calore impiegati dai filo russi, probabilmente del modello SA-18 molto diffuso in Ucraina. Si tratta di armi che seguono il calore emesso dai motori di aerei ed elicotteri che solitamente dispongono di esche “flares” per attirare e deviare i missili antiaerei. Simili dispositivi vengono impiegati nel volo a bassa quota in zone controllate dal nemico quindi è possibile che gli ucraini non  dispongano di contromisure sui loro elicotteri o non ritenessero che i ribelli avessero a disposizione armi contraeree.

La lenta e poco efficace manovra offensiva delle forze ucraine contribuisce a mantenere il conflitto a bassa intensità ma sul piano tattico offre un vantaggio ai filorussi ai quali l’intelligence militare di Mosca è in grado di fornire informazioni aggiornate sui movimenti e la consistenza delle forze di Kiev. Molte postazioni ed edifici pubblici “liberati” dalle truppe ucraine sono in seguito stati nuovamente occupati dai filorussi: un dato che conferma indirettamente lo scarso numero di truppe impegnato da Kiev nell’offensiva. Il procedere lento dell’offensiva di Kiev genera il prolungamento di scontri non risolutivi ma che, coinvolgendo la popolazione nei centri urbani, rischiano di provocare una guerra civile allargata a tutto il sud est e, in prospettiva, un intervento militare russo che il Cremlino potrebbe giustificare già oggi con la necessità di proteggere i civili.

con fonte Il Sole 24 ore
Foto: disordini a Odessa napaki livejournal.com

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.

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