Navi cinesi assaltano vedette e pescherecci vietnamiti

di Paul N. Hung

Hanoi (AsiaNews) – L’escalation di tensione nel Mar Cinese meridionale non accenna a placarsi. Ieri 100 vedette cinesi, quattro navi militari e circa 40 pescherecci (almeno in apparenza) si sono confrontate con vedette e pescherecci del Vietnam nelle vicinanze di una piattaforma petrolifera che la Cina ha piazzato in acque territoriali vietnamite. Oltre a ciò, alcuni jet cinesi da combattimento hanno violato lo spazio aereo vietnamita per difendere la piattaforma. I media di Hanoi affermano che le navi militari cinesi hanno “puntato le mitragliatrici” contro le vedette del Vietnam. Il premier Nguyễn Tấn Dũng ha dichiarato che finora almeno 30 vedette sono state colpite e danneggiate dalle navi cinesi militari, definite “molto aggressive”.

Il 27 maggio scorso un peschereccio vietnamita è stato speronato ed affondato dopo essere stato circondato da decine di navi militari e “pescherecci” cinesi; i 10 pescatori finiti in mare, sono stati salvati da altre navi nelle vicinanze. Nei giorni scorsi, vicino a una delle isole Paracel (Phú Lâm), con un gesto di pirateria, almeno 20 militari della marina cinese hanno assaltato un piccolo barcone vietnamita alle 9 di sera. Il capitano Hai parla di una “notte di terrore”: i marinai cinesi sono entrati nella sua cabina e lo hanno battuto in tutto il corpo. I militari cinesi hanno colpito anche gli altri pescatori che dormivano. Il pescatore Phạm Tân S. racconta: “Mi hanno battuto con bastoni e con una pistola. Lê Anh [un altro marinaio] è stato colpito al petto e ancora adesso tossisce e sputa sangue”. Da anni la Cina rivendica la sovranità sui piccoli arcipelaghi delle Spratly e delle Paracel, contestata da diversi Paesi del sud-est asiatico, in particolare Vietnam e Filippine. Dopo tante promesse di risolvere la disputa in modo pacifico e col dialogo, negli ultimi tempi Pechino ha varato una politica aggressiva e del “fatto compiuto” istallando piattaforme petrolifere, stazionando truppe, difendendo la zona con navi da guerra.

Gli analisti suppongono che sotto il fondo marino vi siano enormi riserve energetiche ma l’area è anche importante per il controllo delle rotte marittime. In questi giorni si sta svolgendo a Singapore il Forum dello Shangri-La fra gli Stati Uniti e i rappresentanti dei governi del Sud-est asiatico. Chuck Hagel, segretario alla difesa Usa, ha accusato la Cina di voler “destabilizzare” il Mar Cinese meridionale e ha assicurato che gli Stati Uniti “non volteranno la faccia dall’altra parte”.La Cina, da parte sua, ha accusato gli Stati Uniti di “minacce”.

A scatenare la controversia, la decisione di piazzare il Primo maggio scorso una piattaforma per l’esplorazione petrolifera, la Haiyang Shiyou 981, al largo della costa orientale vietnamita. In risposta, nazionalisti vietnamiti hanno promosso proteste di piazza, attacchi mirati contro aziende straniere, roghi e assalti che hanno causato almeno due morti e oltre 140 feriti.

Hanoi sta preparando un’azione legale, da sottoporre al tribunale internazionale, contro la decisione di Pechino di piazzare la piattaforma petrolifera nelle acque contese e per gli attacchi alle imbarcazioni battenti bandiera di Hanoi. In risposta, la Cina ha innalzato la retorica nazionalista e imperialista nel mar Cinese meridionale, come riferisce una fonte ufficiale del governo secondo cui le rivendicazioni del Vietnam sulle Paracels sono “assurde e risibili”.

Da tempo Vietnam e Filippine manifestano crescente preoccupazione per “l’imperialismo” di Pechino nei mari meridionale e orientale; il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende isole contese – e  la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel – da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l’85% dei territori). A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato “illegale” e “irrazionale” la cosiddetta “lingua di bue”, usata da Pechino per marcare il territorio. L’egemonia riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un’area dell’Asia-Pacifico di elevato interesse per il passaggio dei due terzi dei commerci marittimi mondiali.

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