Gaza: la "vittoria" a cui gli israeliani non credono

Per il premier Benjamin Netanyahu le sette settimane di guerra a Gaza si sono concluse con una “vittoria” sia sul piano politico, che dal punto di vista militare. È quanto ha dichiarato ieri nel corso di un’intervista televisiva, respingendo al mittente le voci critiche – in particolare dell’estrema destra interna – che avrebbero voluto un’offensiva di portata ancora più ampia nella Striscia. Il capo del governo di Tel Aviv ha inoltre aggiunto che il movimento palestinese Hamas – che ieri ha festeggiato in piazza quella che definisce “vittoria della resistenza” – è stato “colpito duro” e “non ha visto accolta nessuna delle proprie richieste” da parte di Israele.
Commentando l’accordo, Netanyahu ha inoltre aggiunto di non perseguire “obiettivi irrealisitici” e che è necessario mettere da parte il “populismo”.

La tregua a Gaza non soddisfa però una parte consistente dell’opinione pubblica israeliana, che critica il Primo Ministro per i costi elevati di una guerra che non si è conclusa con una “chiara vittoria” sul campo. Sulle colonne del quotidiano Yedioth Ahronoth l’analista Shimon Shiffer ha chiesto le dimissioni del premier; Ben Caspit del Maariv ha aggiunto che non vi è alcuna vittoria per Israele in un conflitto che ha messo in ginocchio l’industria del turismo, ha spinto l’economia sull’orlo della recessione e non ha migliorato la questione sicurezza.

Critiche a Netanyahu arrivano anche dagli stessi alleati di governo: in prima fila fra le voci dissidenti quella di Uzi Landau, del partito di estrema destra Yisrael Beiten, secondo cui gli esiti della guerra sono “molto foschi”, perché essa non ha create una forza deterrente sufficiente per escludere altri attacchi in futuro da Gaza.

Secondo un sondaggio pubblicato oggi sul quotidiano Haaretz, la  maggioranza degli israeliani crede che né Israele né Hamas siano usciti vincitori da quest’ultimo conflitto nella Striscia di Gaza. Alla domanda: “Dopo la tregua raggiunta tra Israele e Hamas come definireste l’esito della guerra?” il 54% delle persone intervistate pensa che nessuno l’abbia vinta, il 26% attribuisce la vittoria a Israele, il 16% a Hamas.

La popolarità del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nel frattempo è crollata: solo il 50% degli israeliani è soddisfatto della sua gestione dell’Operazione Barriera protettrice, lanciata l’8 luglio, mentre erano il 77% tre settimane prima.

Il sondaggio è stato condotto su un campione di 464 israeliani con un margine d’errore del 4,64%. Secondo un altro sondaggio pubblicato ieri sera da una televisione privata, il 54% degli israeliani è contrario al cessate il fuoco, il 37% favorevole. L’accordo sulla tregua, conclusa sotto l’egida dell’Egitto, è entrato in vigore martedì sera, dopo un conflitto durato 50 giorni e costato la vita a 2.143 palestinesi tra miliziani e civili, e a 70 israeliani, di cui 64 soldati e 6 civili.

A confermare lo scetticismo degli israeliani sulla tregua, Hamas ha respinto la richiesta di un totale disarmo dei miliziani islamici che controllano la Striscia di Gaza. Il leader dell’organizzazione palestinese, Khaled Meshaal, ha ammonito che Hamas rifiuterà di consegnare le armi e di rendere l’enclave palestinese zona demilitarizzata. “Le armi della resistenza sono sacre e non accetteremo che il tema sia in agenda” di futuri negoziati con Israele, ha affermato Meshaal da Doha, in Qatar, dove vive da anni. L’emirato è tra i principali sostenitori del movimento islamico e si è impegnato a ricostruire la Striscia di Gaza, distrutta dai bombardamenti di 50 giorni di guerra tra Hamas e Israele. Il disarmo delle milizie di Hamas, le brigate Ezzedin al Qassam, è una tra le principali richieste di Israele per porre fine all’embargo e scongiurare una ripresa delle ostilità.

(con fonti Asianews, TMNews e AGI)

Foto Asianews e Israeli Defence Forces

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