Il "segreto" della nave bruciata con i blindati di Herat

Ci risiamo. Appena il tempo di apprezzare la trasparenza del Ministro Roberta Pinotti circa i droni schierati a Gibuti e le armi destinate ai curdi che subito emerge l’ennesimo caso di omertà e censura imposti dal Ministero della Difesa su un caso drammatico che nel maggio scorso ha riguardato un mercantile italiano noleggiato dall’amministrazione Difesa per riportare a casa i mezzi schierati in Afghanistan.  A dare la notizia è stato il settimanale L’Espresso riferendo del disastro sfiorato  durante l’operazione italiana di ritiro dall’Afghanistan ma rimasto segreto fino ad oggi. Nel numero in edicola oggi L’Espresso rivela che un mercantile lungo 150 metri con a bordo centinaia di mezzi del contingente italiano a Herat inclusi blindati da combattimento, ha preso fuoco nel Golfo di Aden, proprio nella zona infestata dai pirati, ed è rimasto alla deriva per giorni. L’equipaggio ha abbandonato la nave ed è stato soccorso da una nave della Marina cinese in pattugliamento e scorta antipirateria. La vicenda è accaduta nella notte tra il 5 e il 6 maggio.

L’Altinia,  nave da circa 9.000 tonnellate noleggiata dal ministero della Difesa, era partita da Abu Dhabi con destinazione verso Salerno, zeppa di materiali trasferiti via aereo dall’Afghanistan negli Emirati Arabi Uniti. A bordo anche decine di blindati Lince e Freccia, i più moderni in dotazione all’Esercito. Verso le due è scoppiato un incendio in sala macchine che il personale civile ha tentato invano di domare. Poi le fiamme si sono estese e l’equipaggio è salito sulle scialuppe.

In zona però c’era solo una squadra militare cinese, che ha salvato i naufraghi: secondo il resoconto del giornale dell’Esercito popolare di Pechino la nostra Marina (il cacciatorpediniere Mimbelli)  era troppo lontana per intervenire. Dopo l’allarme rilanciato tramite il comando americano, da Roma hanno fatto intervenire un altro mercantile, la Jolly Diamante, che ha preso in consegna i marinai.

L’Altinia con il suo arsenale è rimasta in balia delle onde. Solo l’8 maggio un elicottero partito dal Mimbelli (nelle due foto in coda), che si trovava a Gibuti, ha calato un team di incursori per verificare che il carico fosse intatto. Il mercantile è stato messo in sicurezza da una società specializzata olandese e poi rimorchiato fino alla base di partenza. Ma l’operazione di rientro dei mezzi del contingente dall’Afghanistan ha subìto un mese di ritardo. Secondo la Marina cinese, già nel 2013 l’Altinia ebbe un guasto ai motori nella stessa zona, fermandosi nel mare infestato dai pirati. Anche allora non c’erano navi di scorta italiane e fu assistita da una fregata tedesca.

Sulle vicenda resa nota da L’Espresso è stata diramata ieri sera una nota del Ministero della Difesa che precisa, con ben 4 mesi di ritardo, alcuni aspetti.
“Al momento dell’incidente il mercantile Altinia stava navigando in un’area in cui operava a protezione del traffico marittimo una nave militare cinese (la Fregata Chao Hu) impegnata in pattugliamento antipirateria secondo il consolidato coordinamento tra le forze multinazionali presenti in area, tra cui Nave Mimbelli.

L’equipaggio è stato prontamente recuperato dall’unità cinese e dopo poche ore è stato trasbordato su altra nave mercantile italiana presente nella stessa zona (Jolly Diamante), dirottata dalle autorità marittime nazionali. Nel frattempo Nave Mimbelli, in sosta logistica a Gibuti nell’ambito della missione NATO antipirateria Ocean Shield, lasciava, su disposizioni della Difesa, il porto e dirigeva per raggiungere l’Altinia alla massima velocità.
Dopo meno di dodici ore Nave Mimbelli raggiungeva la scena d’azione, anticipata dal proprio elicottero e subentrava alla nave militare cinese nella protezione della Motonave Altinia, prendendone a bordo l’equipaggio.

Il Mimbelli ha quindi assicurato protezione ed assistenza all’Altinia sino all’arrivo dei rimorchiatori, garantendone successivamente la scorta durante il transito a rimorchio fino al porto di Jebel Ali, negli Emirati Arabi Uniti, dove è stato scaricato il materiale militare imbarcato per il successivo rientro in Italia. Il positivo esito dell’evento rappresenta una concreta testimonianza dell’efficace coordinamento e della cooperazione interagenzia ed internazionale nell’ambito all’attività di antipirateria che hanno permesso la continua assistenza e protezione alla nave italiana ed al suo equipago”.

Di fatto la Difesa conferma le rivelazioni del giornale senza rettificare nulla ma senza motivare il silenzio su un incidente circa il quale nessun segreto militare era giustificato. Le stesse informazioni avrebbero potuto e dovuto (per correttezza e trasparenza nei confronti del cittadini/contribuenti) renderle note in maggio. L’ennesima figuraccia su un fronte, quello mediatico, nel quale il Ministero della Difesa soffre di un ampio deficit di credibilità.

Foto: L’Espresso, Marina Militare, Marine Traffic

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