Washington pronta a vendere le armi per i droni agli alleati
L’amministrazione Obama dovrebbe permettere la vendita di armamento per i velivoli teleguidati ai Paesi alleati, tra cui l’Italia e la Turchia. Si tratta del primo passo verso una fornitura di questo tipo di armamento (bombe a guida gps JDAM e missili Hellfire) nell’ambito delle operazioni di contrasto al terrorismo islamico.
Finora infatti, gli Stati Uniti hanno venduto i kit di armamento per i droni solo alla Gran Bretagna. Velivoli teleguidati tipo Predator e Reaper disarmati sono stati venduti invece a diversi Paesi Nato, tra cui Francia e Italia che li impiegano rispettivamente nel Sahel e sull’Iraq nell’ambito dell’operazione Inherent Resolve (l’italiana “Prima Parthica”).
Secondo funzionari del Dipartimento di Stato, interpellati dal Washington Post, le richieste dei governi stranieri per ottenere l’armamento per i droni saranno esaminate caso per caso.
Ogni Paese dovrà infatti accettare una serie di principi per l’uso corretto dei velivoli che dovranno essere impiegati solo per la difesa nazionale o per situazioni in cui la forza è consentita dal diritto internazionale. Condizioni curiosa se si considera l’elevato numero di civili uccisi (danni collaterali) attribuito all’impiego dei droni nella campagna antiterrorismo statunitense.
“La tecnologia resta qui” hanno aggiunto i funzionari circa i trasferimenti di know-how agli alleati e precisando che “avere alleati attrezzati in modo appropriato” è “un vantaggio” anche per gli Stati Uniti che potrebbero così “appaltare” agli alleati le operazioni contro insorti e terroristi in alcune aree agli alleati .
Recentemente, gli attacchi con i droni condotti dal Pentagono e dalla Cia sono diventati sempre più parte centrale del contrasto americano ai terroristi in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia, Siria e Yemen. L’esportazione di questi mezzi, riporta infine il Washington Post, è anche un segno dell’obiettivo di crescita che l’amministrazione Obama ha lanciato all’industria della Difesa americana per assicurarsi una quota crescente del mercato globale.
La decisione di vendere gli armamenti per gli UAV anche ad alleati diversi dai britannici sembra essere stata ispirata proprio dall’industria d’oltre Atlantico, preoccupata che i clienti europei dei velivoli teleguidati americani possano rivolgersi altrove considerato che tecnologie per armare i droni sono già presenti o in fase di sviluppo in Russia, Cina, Corea e altri Paesi. Il rischio per le aziende statunitensi è quindi di perdere i clienti a vantaggio della concorrenza. L’Aeronautica Militare italiana attende da tre anni il via libera all’acquisto dei kit di armamento per i suoi 12 Predator e Reaper.
Il primo programma interessato dalla noiva disponibilità di Washington sarà la vendita di quattro MQ-9 Reaper ai Paesi Bassi. I droni, che verrebbero forniti in configurazione da combattimento per 340 milioni di dollari, sono gli stessi già in forza alla Royal Air Force (RAF), unico partner statunitense fino ad ora equipaggiato con MALE (Medium Altitude Long Endurance) UAV muniti di sistemi d’arma avanzati. I sette punti di attacco previsti dal General Atomics MQ-9 Reaper possono trasportare fino a 1.500 lb (680 kg) di armamenti: 4 missili aria-superficie AGM-114 e 2 bombe a guida laser GBU-12 Paveway II da 500 lb (230 kg) o GBU-38 Joint Direct Attack Munition (JDAM) da 500 lb (230 kg) Il velivolo supporta inoltre i missili aria-aria AIM-92 Stinger e MBDA Brimstone.
(con fonte Adnkronos e IT log defence)
Foto US DoD; AM/ISAF, EMA France Defence
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