Armi "letali" da USA ed europei per Kiev?

Kiev lancia un avvertimento ai separatisti del sud-est e alla Russia accusata di dar loro manforte: “Abbiamo firmato contratti per importazioni di armi, anche ‘letali’, con 11 Paesi Ue” e se ci sarà una nuova offensiva nemica “riceveremo immediatamente” i nuovi armamenti accompagnati da “una nuova ondata di sanzioni” occidentali “contro l’aggressore”.

Parola del presidente ucraino Petro Poroshenko, che il 13 marzo a in un’intervista tv non ha esitato ad annunciare questo tipo di sostegno a Kiev da parte di alcuni Stati membri di Ue e Nato.    Poroshenko non li ha indicati ne’ ha specificato con quali di loro ci sono accordi per un eventuale invio di armi cosiddette “letali”, ma ha tirato in ballo anche gli Stati Uniti dicendosi “fiducioso” che non solo l’Ue ma pure “gli Usa e altri Paesi continueranno a sostenere l’Ucraina nella sua lotta per la sovranità e l’integrità territoriale”  anche “con armi in caso di necessità”.

Il governo di Kiev mostra gli artigli nel pieno di una tregua che – per quanto fragile e più volte violata – sembra al momento reggere.

E lo fa con una questione alquanto delicata che divide l’Europa così come i Paesi Nato: Francia, Germania e Italia sono infatti fermamente contrarie a fornire armi “letali” all’Ucraina temendo che ciò possa portare all’inasprimento di un conflitto in cui hanno già perso la vita più di 6.000 persone.

Mentre sembrerebbero disponibili i Paesi Baltici e la Polonia. Oltreoceano, Barack Obama al momento temporeggia: secondo l’ambasciatore Usa in Ucraina, Geoffrey Pyatt, la Casa Bianca non ha ancora “preso una decisione definitiva nell’una o nell’altra direzione” così come ha congelato il programma di addestramento della Guardia Nazionale ucraina che doveva essere curato da consiglieri militari statunitensi.

Del resto, sarebbe imprudente inviare armi “letali” a Kiev proprio mentre – come ha confermato lo stesso Poroshenko – ci sono segnali di una “graduale de-escalation”.

Una mossa del genere rischierebbe di causare una reazione di Mosca, già accusata di armare i separatisti e inviare propri soldati sul fronte ucraino.

Per ora Washington si limita a fornire  attrezzature militari “non letali” alla repubblica ex sovietica: l’anno scorso ne ha inviate alle truppe ucraine per un totale di 199 milioni di dollari e a breve Kiev dovrebbe ricevere dagli Usa droni, veicoli Hummer blindati, visori notturni e radar campali per ulteriori 75 milioni.

L’arrivo di questi equipaggiamenti “made in Usa” è stato salutato calorosamente da Poroshenko che si è detto convinto che “aumenteranno la precisione e l’efficienza delle armi ucraine”.

Nei giorni scorsi Poroshenko ha ammesso che i filorussi “hanno ritirato” dal fronte “una parte significativa” delle loro armi pesanti, così come deciso nella capitale bielorussa.

Ma Kiev non abbassa la guardia e in un incontro con i capi delle amministrazioni regionali, il presidente ucraino ha ribadito che non bisogna farsi “illusioni sull’affievolimento della minaccia” e ha ordinato “la costruzione di fortificazioni lungo la linea di difesa” mentre vengono minati i percorsi che i carri armati nemici potrebbero seguire in un’eventuale nuova offensiva.

Dopo le dichiarazioni, bellicose quanto imbarazzanti, rilasciate dai vertici statunitensi dell’Alleanza Atlantica durante gli scontri del mese scorso, a tenere alta la tensione ha contribuito l’affermazione del generale americano in pensione Robert Scales. “L’unico modo per gli Stati Uniti di ottenere risultati” nel sud-est ucraino “è iniziare a uccidere così tanti russi che neanche i media di Putin potranno nascondere il fatto che stanno tornando in patria nelle bare”.

Con un’intervista a Fox News, Scales ha scatenato le ire di Mosca e persino un’inchiesta penale in Russia per “istigazione alla guerra aggressiva attraverso gli organi d’informazione”: un reato per il quale il generale rischia in teoria fino a cinque anni di reclusione. Anche se è quantomeno improbabile che l’ufficiale americano finisca davvero in un’aula di tribunale russa.

Dura anche la reazione del portavoce del ministero degli Esteri russo Alexander Lukashevich, che ha parlato di “russofobia atroce” che “fa diventare ciechi” e impedisce di “capire in modo adeguato la realta’”.  Il governo di Kiev e i suoi alleati occidentali accusano Mosca di sostenere militarmente i separatisti del sud-est ucraino con armi e soldati. E anche alcune organizzazioni russe per la difesa dei diritti umani denunciano la morte di militari russi nel Donbass. Ma il Cremlino continua a negare la presenza di propri soldati nel conflitto.

(con fonte Giuseppe Agliastro – ANSA)

Foto: AP, AFP, RT, TM News

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