Lo Stato Islamico respinto a Palmira trionfa a Ramadi

L’esercito siriano è riuscito a respingere l’attacco delle milizie dello Stato Islamico alla città di Palmira e alle sue antiche rovine. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (organizzazione vicina agli insorti siriani), le vittime della battaglia sono state 300: 57 civili, 125 militari e 115 miliziani dello stato Islamico.
I miliziani dell’Isis erano riusciti sabato a penetrare in alcuni sobborghi settentrionali ed orientali della città, lontano comunque diversi chilometri dal sito archeologico, che si trova a Sud-Ovest.

Ma l’esercito, presente in forze in questa località strategica lungo l’autostrada che taglia da Ovest ad Est il Paese, da Homs a Deyr az Zor, è riuscito a respingerli.

Talal Barazi, governatore della provincia di Homs, di cui Palmira fa parte, ha detto che scaramucce sono ancora in corso ad Al Ameriyeh, a Nord-Est della città, ma che lo Stato islamico ha dovuto abbandonare le colline che sovrastano il centro.

L’aeronautica governativa (a sinistra un Mig 21 di Damasco) continua inoltre a bombardare le postazioni dell’IS nei pressi del giacimento petrolifero di Al Hill, non lontano dalla città, che  sabato era stato conquistato dai jihadisti, oltre che le colonne dei miliziani islamici in ritirata verso la città di Al Sukhna, una trentina di chilometri a Est.

Il responsabile del sito archeologico, Mamoun Abdulkarim, ha confermato che sono ora “al sicuro i templi del primo e secondo secolo e i famosi colonnati delle vie di Palmira che sono dei veri e propri tesori.

In Iraq occidentale invece i jihadisti hanno preso il controllo di Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar, a cento chilometri ad Ovest di Baghdad, come lo stesso Stato Islamico ha rivendicato in serata.

Secondo Al Jazira, i jihadisti hanno conquistato anche il comando provinciale delle forze armate. La televisione di Stato irachena ha riferito che il premier Haidar al Abadi ha ordinato alle truppe di non ritirarsi da Al Anbar, chiedendo allo stesso tempo alle milizie sciite, alleate dell’Iran, di tenersi pronte ad intervenire al fianco delle forze regolari, come hanno già fatto nella riconquista di Tikrit, la città natale di Saddam Hussein, a Nord di Baghdad.

L’intervento dei volontari delle milizie sciite, chiesto dal Consiglio provinciale di Al Anbar, rischia tuttavia di infiammare ulteriormente le tensioni interconfessionali, specie ad al-Anbar che è una provincia a maggioranza sunnita, e dove clan tribali locali sunnite nei giorni scorsi avevano chiesto inutilmente al governo di Baghdad di essere armati per partecipare alla difesa di Ramadi.

Proprio da una protesta di clan sunniti di Al Anbar, tra il 2013 e il 2014, nei confronti del governo centrale a direzione sciita aveva preso il via la spirale di violenza che ha portato l’Isis ad impadronirsi di gran parte del Nord e dell’Ovest del Paese, grazie all’appoggio di almeno parte della popolazione locale. Le milizie sciite, inoltre, sono accusate di avere commesso atrocità anche contro la popolazione civile sunnita nella riconquista di Tikrit.

Intanto migliaia di civili sono stati costretti dai combattimenti ad abbandonare le loro case e si sono messi in marcia verso la capitale.   Domenica a Ramadi sono almeno 22, secondo la televisione panaraba al-Jazira, i soldati iracheni uccisi tra i quali 15 vittime di quattro autobomba guidate da attentatori suicidi. I combattimenti nel cuore della città sono in corso da venerdì,

quando l’IS si è impadronito del compound governativo. Ieri l’avanzata è proseguita nel quartiere meridionale di Malaab, dove è stato ucciso anche un generale che comandava la locale centrale di polizia.

(con fonte Ansa)

Foto: AFP, esercito iracheno, aeronautica siriana

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