Incursori italiani a Ramadi. La Difesa smentisce
Pubblichiamo l’articolo di Daniele Raineri sul Foglio del 27 giugno dal titolo ”Forze speciali italiane a Ramadi, in Iraq, contro lo Stato islamico” e la smentita del Ministero della Difesa affidata alle agenzie di stampa.
Roma – Secondo una fonte della Farnesina che preferisce restare anonima perché non autorizzata a parlare, trenta soldati delle forze speciali italiane partiranno già la settimana prossima verso l’area di Ramadi, in Iraq. Si tratta di trenta incursori del Nono reggimento d’assalto “Col Moschin” e raggiungeranno un contingente di forze speciali americane in una nuova base militare creata a Taqaddum, tra Falluja e Ramadi – città entrambe controllate dallo Stato islamico, la seconda è caduta a metà maggio.
L’Amministrazione Obama aveva chiesto al governo italiano ottanta operatori delle forze speciali nell’ambito di una nuova strategia contro lo Stato islamico, ma il governo ha optato per trenta.
Mercoledì i militari sono passati al ministero degli Esteri per ritirare trenta passaporti diplomatici, che consentiranno loro l’accesso al paese via Baghdad e – si specula al Foglio – anche l’immunità diplomatica in caso di complicazioni. Non avranno il ruolo di “istruttori militari”, dentro la base. E’ probabile che opereranno “outside the wire”, quindi fuori dalla base, assieme alle forze speciali americane, all’esercito iracheno e anche assieme ai clan sunniti locali chiamati a prendere le armi (in teoria) contro lo Stato islamico..
La base di Taqaddum si trova nel cuore dell’Anbar, che assieme a Ninawa (dove c’è la capitale dello Stato islamico, Mosul) sono le aree più pericolose e violente del paese. La sua creazione è stata annunciata due settimane fa dall’Amministrazione Obama per fare da perno alle operazioni militari per riprendere Ramadi.
E’ la prima volta che soldati italiani vanno in quella zona dell’Iraq. Da febbraio una task force di forze speciali italiane, la Task Force 44, è nella capitale Baghdad (in Afghanistan le forze speciali italiane operano sotto il nome di Task Force 45) ma adesso gli americani chiedono appoggio più a ovest (verso Ramadi). I trenta non vanno a sostituire le forze speciali che sono già a Baghdad, ma vi si aggiungono.
Fino a oggi la maggior parte degli sforzi militari italiani contro lo Stato islamico si era concentrata più a nord, nelle aree curde, con forniture di armi e addestramento. Durante gli anni della guerra il contingente italiano stava invece più a sud, a Nassiriya, in una regione prevalentemente sciita. L’Amministrazione Obama chiede un impegno di prima linea al governo italiano. Quando è successo? Si può provare a fare una ricostruzione. I giornali americani hanno cominciato a scrivere della nuova strategia e della creazione di nuove basi militari in Iraq l’11 giugno scorso.
Il giorno prima era a Roma il generale John Allen, nominato dal presidente Obama inviato speciale per coordinare gli sforzi internazionali contro lo Stato islamico.
In trenta ore Allen, secondo una nota dell’ambasciata americana, ha avuto incontri con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il capo di stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, e il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Tullio Del Sette. E’ probabile che l’invio di nuove forze speciali sia stato deciso allora.
Una ricostruzione smentita da fonti della Difesa che hanno fatto sapere come “nessuna attività operativa” anti Isis di forze speciali italiane in Iraq sia in atto. Le stesse fonti ricordano che attualmente il contributo italiano – definito dall’ultimo decreto missioni e illustrato alle Commissioni Esteri e Difesa dal ministro Pinotti – rientra nel quadro della Coalizione promossa dagli Stati Uniti per contrastare l’espansione dello Stato Islamico e sostenere le forze di sicurezza dei partner regionali: un contingente di circa 500 uomini, tra forze terrestri e forze dell’Aeronautica, impegnati oltre che nel supporto aereo in attività di addestramento.
Foto: US DoD, Esercito iracheno
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