DOPO PARIGI …..CONTINUIAMO A FARCI DEL MALE
Nonostante il clamore suscitato dalla strage di Parigi, dai killer giunti in Europa coi barconi accolti come “rifugiati” e dal dibattito su come rispondere alla sfida del terrorismo islamico sul fronte della sicurezza interna come su quello bellico, italiani ed europei continuano ad arricchire criminali e terroristi islamici che gestiscono i traffici di esseri umani.
Ogni giorno sulle isole greche sbarcano in media mille persone, alla faccia dell’accordo firmato in ginocchio dal “kaiser” della Ue Angela Merkel che a nome dell’Unione si è prostrata ai piedi del sultano Recep Tayyp Erdogan promettendogli tre miliardi di euro e l’ingresso in Europa in cambio dello stop ai flussi migratori illegali.
Un’intesa umiliante per tutti noi ma che dovrebbe sgombrare il campo da ogni dubbio circa le gravi responsabilità del “nostro alleato” turco nei flussi migratori verso il Vecchio Continente come nella guerra siriana. Peccato però che nessuno abbia il coraggio per trarne le debite conseguenze.
Nei giorni scorsi oltre 5 mila immigrati clandestini sono stati soccorsi al largo delle coste libiche dalle navi italiane ed europee delle operazioni Mare Sicuro, Triton ed Eunavfor Med. Quest’ultima, lo ricordiamo spesso, spende soldi dei contribuenti europei per contrastare i trafficanti ma l’unica forma di contrasto che mette in atto è il fermo (temporaneo) di qualche scafisti e l’affondamento di gommoni e barconi dopo averne soccorso gli occupanti da sbarcare in Italia.
Se non fosse che la posta in gioco è il nostro futuro ci sarebbe da ridere nel vedere che Italia ed Europa mobilitano una flotta da combattimento guidata da una portaerei (l’italiana Cavour) non per spazzare via lo Stato Islamico da Sirte ma per arricchire i criminali che finanziano l’espansionismo jihadista.
Continuiamo a farci del male con la farsa degli immigrati clandestini (definiti “buonisticamente” quanto impropriamente profughi, migranti, naufraghi o rifugiati) accolti in Italia e poi Europa anche se sono quasi tutti africani del Sahel e dell’Africa Occidentale, “migranti economici” che nulla hanno a che fare con la guerra in Siria o altrove e che, lo dice la stessa Ue, occorrerà rimpatriare chissà come, quando e a spese di chi.
Che tra essi vi siano diversi jihadisti lo dicono i fatti e le segnalazioni dei servizi di sicurezza balcanici (soprattutto macedoni) ma anche italiani. Quanti siano è impossibile saperlo perché viene data notizia ovviamente solo di quelli identificati (e certo non di tutti) ma potrebbero essere molti di più di quanto si pensi.
Non solo perché un numero crescente di immigrati illegali dispone di documenti falsi a cui “poveri profughi” in fuga dalla guerra non avrebbero accesso o non potrebbero permettersi ma anche perché solo il 30% per cento degli oltre 5mila “foreign fighters” europei è stato identificato mentre gli altri restano senza un nome e un volto. A proposito, come si fa a ipotizzare che siano solo 5 mila se non se ne conoscono più di un terzo?
Sarebbe bello saperlo anche se le stime sul numero totale dei volontari stranieri che combattono con il Califfato crescono in continuazione: le ultime riferiscono di un numero compreso tra 27 mila e 31 mila provenienti da 86 Paesi.
Intanto gli immigrati clandestini vengono tutti accolti anche se sono per la stragrande maggioranza uomini in età compresa tra i 20 e i 40 anni, cioè l’età in cui, se venissero da Paesi in guerra, sarebbe lecito attendersi che restassero a combattere per il loro Paese (da una parte o dall’altra), come hanno sempre fatto gli uomini in tutte le guerre della Storia, mettendo in salvo oltre confine donne, vecchi e bambini.
In tutti i conflitti i profughi sono per lo più rappresentati da queste ultime categorie mentre l’esodo degli ultimi anni vede arrivare in Europa soprattutto uomini ben nutriti con il tablet sotto il braccio e il cellulare all’orecchio che per sbarcare in Europa hanno pagato migliaia di dollari o euro a trafficanti che tutti i servizi d’intelligence e persino la Nato hanno definito strettamente legati a qaedisti e Stato Islamico.
Un aspetto che anche in Italia è stato più volte espresso già negli anni scorsi, fin da quando ai ministeri di Esteri e Difesa sedevano Emma Bonino e Mario Mauro.
In un’Europa la cui classe dirigente sembra quasi tutta partorita in una conigliera, come ha dimostrato la solitudine quasi totale in cui è stata lasciata la Francia dopo la “chiamata alle armi” di Francois Hollande, l’Italia rischia di apparire la più codarda sottraendosi alla guerra al Califfato che Roma stessa ha dichiarato unendosi alla Coalizione nell’estate 2014.
Del resto sfidare lo Stato Islamico significa subire sanguinosi attentati terroristici come hanno dimostrato gli ultimi attacchi messi a segno dal Sinai a Beirut, da Parigi a San Bernardino, non certo casualmente ma subito dopo che Russia, Hezbollah libanesi, Francia e Stati Uniti avevano avviato operazioni in Siria o inviato rinforzi (nel caso statunitense forze speciali) a potenziare lo schieramento anti-Isis.
La giustificazione per la riluttanza italiana a combattere in armi il Califfato, più volte ribadita da Matteo Renzi, è l’assenza di una strategia politico-diplomatica comune agli alleati (che in effetti non c’è perché ognuno combatte la “sua” guerra in Siria e Iraq) e la convinzione che le “soluzioni muscolari” siano inutili.
Se lo si pensa davvero perché allora non ci ritiriamo dalla Coalizione? Perché forniamo armi e addestramento ai curdi o “illuminiamo” con i nostri Tornado bersagli del Califfato che altri aerei alleati poi distruggeranno? In ogni caso sarebbe già un passo avanti se cominciassimo a ostacolare i terroristi smettendo di finanziarli e utilizzando le navi militari per respingere in Libia i clandestini: iniziativa che da sola farebbe cessare i flussi migratori in una settimana (chi pagherebbe i criminali per restare in Africa?) azzerando i guadagni di trafficanti e terroristi.
Solo gli sbarchi degli ultimi giorni, con “biglietti” venduti in media a 2.300 euro ognuno, hanno fruttato quasi 12 milioni.
Meglio esserne consapevoli mentre discutiamo di come combattere il terrorismo anche perché i dati del rapporto Ismu 2015 sulle migrazioni ci dicono che dall’inizio dell’anno al 20 novembre sono arrivati via mare in Europa 863 mila migranti, che alle tariffe medie sopra citate fanno quasi 2 miliardi di euro di incasso per criminali e terroristi. La maggior parte degli immigrati illegali è sbarcato in Grecia (715 mila) mentre 143 mila in Italia.
E dopo l’enfasi buonista dell’accoglienza per tutti dei mesi scorsi, quando chiunque osasse dire (come i presidenti ungherese Orban e ceco Zeman) che abbattere le frontiere d’Europa era un’idiozia veniva tacciato di razzismo e populismo, oggi (“casualmente” appena 24 ore dopo l’affermazione del Front National alle elezioni regionali d’Oltralpe) francesi e tedeschi scrivono alla Ue che i flussi migratori vanno frenati e che occorre aumentare i controlli alle frontiere esterne mentre Bruxelles si appresta a “multare” Italia e Grecia per aver fatto entrare buona parte dei clandestini senza rilevarne identità né impronte digitali.
Vale la pena sottolineare che nessuno dei clandestini giunti in Europa è arrivato gratis o con mezzi propri ma ha utilizzato “servizi” e imbarcazioni messi a disposizione dai trafficanti. Per questo lascia perplessi che ieri il ministro degli Esteri, Polo Gentiloni, abbia dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera che “la minaccia terrorista e il flusso di migranti che giungono ai nostri confini sono due questioni da tenere nettamente separate” pur ammettendo che “entrambe ci mettono alla prova”.
Foto Marina Militare, Anadolu, Stato Islamico e AP (vignette di Alberto Scafella)
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.