La Nato apre un nuovo fronte con Mosca in Montenegro
La notizia che il Montenegro ha da poco ricevuto l’invito ufficiale per entrare a far parte della NATO ha, come prevedibile, scatenato una serie di reazioni contrarie e ispirato numerose riflessioni sul tema. Al di là delle varie considerazioni, comunque, è innegabile che questo “giorno storico”, come è stato chiamato a Podgorica, rappresenti una grande vittoria soprattutto per Milo Đukanović, leader politico che de facto mantiene il controllo sul Paese ex-jugoslavo dal lontano 1991.
Egli, infatti, pur essendo stato a lungo uno stretto collaboratore di Milošević negli anni ’90, è riuscito ad adattare la propria immagine al mutato contesto internazionale, diventando un grandissimo sostenitore del processo di integrazione europea e dell’Alleanza Atlantica, tanto da incolpare Belgrado e i serbi per gli attacchi condotti sulla Jugoslavia nel 1999.
Alla trasformazione del leader indiscusso del Paese, inoltre, è stata unita una forte campagna per spingere l’opinione pubblica ad appoggiare i sempre maggiori rapporti con Bruxelles e Washington, come si può facilmente constatare leggendo in questi giorni il quotidiano Pobjeda, le cui quote di maggioranza appartengono allo Stato.
Nell’edizione del 2 dicembre, infatti, campeggiava in prima pagina il titolo “Finalmente l’invito”, frase ripresa anche all’interno, mentre le uniche opinioni presenti negli articoli dedicati all’argomento erano quelle dei politici e degli “esperti” favorevoli all’ingresso nella NATO.
Inoltre, l’immagine fatta trasparire da numerosi media, anche occidentali, è che la stragrande maggioranza dei montenegrini sia favorevole all’Alleanza Atlantica, un aspetto che però non trova il supporto dei dati attualmente disponibili.
Secondo un sondaggio dell’agenzia Damar, infatti, il 42,1% dei cittadini si dichiara favorevole all’ingresso nella NATO, mentre il 38,7% si esprime in maniera contraria. Sempre secondo lo stesso studio, il fronte dei “Sì” guadagnerebbe qualche punto percentuale solo nel caso in cui venisse organizzato un referendum e la vittoria del fronte pro-Alleanza garantisse sicuramente anche la membership nella UE.
Proprio questo aspetto è stato al centro del fortissimo attacco condotto da Srđan Milić, il principale leader dell’opposizione del Paese. Secondo quest’ultimo, infatti, la decisione di Bruxelles di invitare il Montenegro a far parte dell’Alleanza non tiene in conto che la maggioranza della popolazione è (a suo dire) contraria alla completa adesione, motivo per cui ciò rischia di minare la stabilità interna.
Come riporta Politika, anche il Segretario della NATO Stoltenberg si è dimostrato particolarmente soddisfatto del risultato raggiunto, pur dichiarando che il percorso non è ancora terminato in quanto il futuro 29° membro dell’Alleanza deve ancora fare dei progressi nel campo delle riforme interne.
La gioia del politico norvegese e degli altri leader di spicco dell’Organizzazione pare essere più che giustificata, perché l’ingresso del piccolo Montenegro ha in realtà un peso politico ben superiore a quello militare che, come sottolinea l’analista Miroslav Lazanski, si limita a poche centinaia di soldati.
La NATO, infatti, è riuscita a rafforzare ulteriormente la propria posizione nei Balcani, non solo rendendo l’Adriatico una sorta di lago dell’Alleanza, ma soprattutto sferrando l’ultimo e decisivo colpo al già moribondo storico legame fra Podgorica e Mosca. Oltre a ciò, con questa ulteriore espansione nell’area ex-jugoslava, la NATO è ora in grado di incrementare la già forte pressione esercitata sulla Serbia, che si trova ad essere letteralmente circondata da stati membri dell’Alleanza o da territori controllati da questa (si pensi al Kosovo).
Secondo l’analista militare Aleksandar Radić, Belgrado si trova ora in un “vuoto ostile”, reso ancor più grave dal fatto che nessun Paese tiene in debita considerazione la dichiarazione di neutralità adottata dal Parlamento. Ciò, a suo dire, è dovuto al fatto che a causa della crisi le Forze Armate non sono assolutamente in grado di garantire la difesa dell’integrità dello Stato.
nfine, l’ulteriore espansione della NATO significa anche che Bruxelles ha formalmente blindato i confini attualmente esistenti, con buona pace di chi spera che in futuro prossimo questi possano venire corretti in funzione della distribuzione etnica. Confermano tale valutazione anche le parole del Presidente montenegrino Filip Vujanović. Come riporta il quotidiano Politika, infatti, egli ha dichiarato che con l’adesione è stata definita una volta per tutte “la posizione del Montenegro come uno Stato indipendente”, stabilendo “la sua sovranità e integrità territoriale”.
Inevitabilmente, questa improvvisa accelerazione ha infastidito Mosca, secondo cui ciò potrà incidere negativamente sulle già difficili relazioni fra Occidente e Russia, tanto da usare lo spettro di non meglio precisate “rappresaglie” (probabilmente di natura economica) per minacciare il Montenegro.
Come riporta il quotidiano russo Kommersant, Podgorica, dal canto suo, ha provveduto immediatamente a dichiarare che non intende assolutamente far installare alcuna base dell’Alleanza sul proprio territorio aggiungendo, però, che a suo avviso è nell’interesse del Cremlino far aumentare il numero dei Paesi dell’Alleanza con cui avere buone relazioni. In ogni caso, alle parole di Mosca non sono (ancora) seguiti i fatti, perché il Governo e la Presidenza russa al momento attuale hanno dei problemi più urgenti da risolvere, come la crisi con Ankara scoppiata a causa dell’abbattimento del Sukhoi e la lunga guerra civile siriana.
La decisione della NATO di rompere gli indugi potrebbe quindi derivare proprio dalla consapevolezza che l’attenzione della Russia è focalizzata su queste due difficili partite, motivo per cui essa non si può impegnare anche a controbattere “l’offensiva” nei Balcani, regione in cui, fra l’altro, partiva da una posizione di inferiorità rispetto ai suoi concorrenti.
Sebbene sia stato scritto più volte che l’avanzata dell’Alleanza Atlantica nell’Europa sud-orientale (termine molto caro alla Presidente della Croazia Grabar-Kitarović) abbia avuto il merito di allontanare definitivamente la minaccia russa nell’area, infatti, tale considerazione sembra un po’ forzata. Mosca, infatti, non ha mai avuto sull’area balcanica un’influenza paragonabile a quella di cui attualmente godono USA e Europa. Durante la Guerra Fredda, ad esempio, pur essendo entrambi Paesi socialisti, Jugoslavia e URSS avevano continue ragioni per scontrarsi, mentre in seguito alla caduta del Muro, il Cremlino non ha potuto evitare che la guerra civile e l’intervento occidentale cambiassero radicalmente la cartina della regione.
Attualmente, invece, la Russia corre il concreto rischio di perdere ogni residua influenza, poiché dopo l’ingresso di Slovenia, Croazia, Albania e Montenegro nella NATO, per l’unico Stato “amico” rimasto, ossia la Serbia, sarà sempre più difficile portare avanti una politica estera equilibrata ed equidistante dai due schieramenti contrapposti.
Belgrado, infatti, sta cercando di far coesistere il forte sentimento popolare favorevole alla “Madre Russia” con la consapevolezza che Mosca non può offrire né gli incentivi che sono in grado di “mettere sul piatto” Bruxelles e Washington, né difenderla da eventuali ritorsioni nel caso in cui decidesse di rompere il processo di avvicinamento all’Unione Europea e, secondariamente, alla NATO stessa.
Foto:Nato, Cremlino, Getty Images, Governo Montenegrino
Luca SusicVedi tutti gli articoli
Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.