L’arsenale chimico del Califfo
Dopo i curdi è la volta delle milizie scite a subire gli attacchi chimici dello Stato Islamico. Sono stati infatti due gli attacchi di gas compiuti con armi chimiche dai jihadisti dello Stato Islamico vicino a Kirkuk. Lo hanno reso noto il 12 marzo fonti ufficiali del governo iracheno, confermando la morte di una bambina di 3 anni e precisando che le persone ferite o intossicate sono almeno 600 e che altre centinaia sono fuggite dalla zona contaminata.
“Ciò che l’Isis ha fatto nella cittadina di Taza non resterà impunito”, hanno dichiarato le autorità. Fonti mediche e della sicurezza hanno spiegato che gli attacchi hanno colpito nello stesso luogo già preso di mira tre giorni fa con il lancio di razzi armati con testate chimiche.- Sameer Wais, la cui figlioletta Fatima è morta nell’attacco, è tra i miliziani sciiti iracheni (Brigate di Mobilitazione Popolare guidate dall’organizzazione Badr) che combattono contro i jihadisti nella provincia di Kirkuk. Quando sono cadute le bombe chimiche era di pattuglia, è tornato di corsa a casa, ha portato la piccola in ospedale e sembrava che Fatima si riprendesse.
Poche ore dopo però il viso e gli occhi si sono gonfiati, la pelle ha cominciato a staccarsi: poi ha cessato di vivere. Tra i ricoverati in ospedale – ha raccontato un’infermiera -molti soffrono per bruciature e infezioni, hanno sintomi di soffocamento e disidratazione. Otto persone, le più gravi, sono state trasferite a Baghdad.
Le autorità di Taza hanno riferito che c’è “paura e panico tra le donne e i bambini” che chiedono al governo di Baghdad di aiutarli. La stessa fonte ha riferito che nella zona sono arrivati medici iraniani specializzati ed esperti tedeschi e americani per fare i test necessari ad accertare la presenza di agenti chimici e definire con precisione di che cosa si tratti.
I funzionari iracheni sono convinti si tratti di un attacco con iprite ma una fonte dell’Istituto nazionale iracheno diritti umani, Samir Noredin, ha sostenuto invece che il tossico utilizzato sia stato solo cloro.
E’ noto che lo Stato Islamico dispone di proiettili d’artiglieria e razzi armati con yprite, cloro e forse fosgene già impiegati contro le milizie curde. Potrebbe trattarsi di armi sottratte ai depositi dell’esercito iracheno e di quello siriano conquistati dai jihadisti ma un recente rapporto rivelò la capacità dell’IS di produrre autonomamente alcuni tipi di aggressivi chimici e persino gas nervini.
L’intelligence statunitense e iracheno valutavano a fine 2015 che l’Isis stesse perseguendo lo sviluppo di armi chimiche attraverso la realizzazione di una sezione dedicata alla ricerca e agli esperimenti con l’aiuto di scienziati siriani, iracheni e di altri Paesi della regione.
La recente cattura in Iraq di Sleiman Daoud al Afari, l’uomo che fonti di intelligence indicano come il responsabile del programma chimico dell’Isis, avrebbe portato alla conferma delle capacità dell’Isis di produrre yprite in polvere e confezionarla in gas mostarda.
Un sistema ancora rudimentale che non è giudicato sufficiente per uccidere, ma che può provocare menomazioni nelle persone colpite. Alle stesse conclusioni sono arrivati diversi esperti, secondo i quali lo Stato islamico non avrebbe i mezzi per produrre gas capaci di provocare delle stragi.
E infatti finora gli attacchi denunciati riguardano soprattutto l’utilizzo di cloro, molto meno letale del gas mostarda. Al Afari, 50 anni, sarebbe stato catturato durante il blitz della Delta Force americana nei pressi di Tal Afar, nel nord dell’Iraq, nel febbraio scorso.
Fonti citate dalla Associated Press sostenevano che l’Isis non possa avere le capacità per sviluppare armi chimiche sofisticate, come il gas nervino, il cui impiego nera stato paventato per usi terroristici anche in Europa dal premier francese Manuel Valls.
Le segnalazioni dei combattenti curdi hanno dimostrato che l’Isis ha utilizzato a più riprese gas mostarda (yprite) segnalando l’anno scorso il lancio di 37 proiettili chimici che hanno emesso “liquido e gas nero” durante i combattimenti a Makhmor e al Kwer, nel settore di Sinjar.
Il capo del Dipartimento per la non proliferazione delle armi di distruzione di massa del ministero degli Esteri russo, Mikhail Ulianov, ha affermato che i jihadisti dell’Isis hanno preso possesso delle tecnologie per produrre armi chimiche.
“Sono stati già registrati diversi casi di uso di armi chimiche da parte dei miliziani dell’Isis sul territorio delle Siria e dell’Iraq”, ha detto Ulianov in un’intervista alla Tass a fine ottobre 2015,
I curdi hanno chiesto alla coalizione internazionale di fornire tutte le attrezzature necessarie per proteggerli dagli attacchi chimici. Negli anni scorsi emersero notizie in Siria di piccoli laboratori in cui milizie salafite producevano “artigianalmente” aggressivi chimici la cui disponibilità presso i ribelli anti-Assad dipenderebbe anche dalla generosità e ampiezza delle forniture saudite e turche.
Nel novembre scorso il deputato del Partito Popolare Repubblicano turco (Chp) Eren Erdem, rivelò che la strage di Ghouta, oltre 1.700 morti alla periferia di Damasco causati nell’estate 2013 da gas nervino, è stata effettuata dai jihadisti dello Stato Islamico che avrebbero ricevuto il materiale per produrre il gas Sarin dalla Turchia.
Per quella strage Stati Uniti e alcuni Paesi europei erano pronti ad attaccare Damasco ma Mosca intervenne proponendo e ottenendo il disarmo chimico del regime. Erdem mostrò in Parlamento il fascicolo aperto dalla procura di Adana, poi archiviato, accusando le autorità di aver “insabbiato” il caso ma l’indagine, secondo Erdem, rivela che un certo numero di cittadini turchi prese parte alle negoziazioni con i jihadisti. Citando le prove contenute nell’atto di accusa, il deputato assicura che le intercettazioni confermano che un militante di al-Qaeda in Siria, Hayyam Kasap, entrò in possesso del sarin.
Foto AFP, AP, Stato Islamico
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.