I foreign fighters negli stati europei
Lo Stato Islamico teme attacchi sulla sua capitale, Raqqa e minaccia un’offensiva terroristica in Europa i occasione del Ramadan che quest’anno cade in giugno.
A Raqqa sembra che il comando dell’Isis abbia proibito ai propri miliziani residenti di lasciare la città e di evacuare le proprie famiglie nella direzione di Deir ez-Zor. Lo riferisce la redazione araba di Sputnik. Le famiglie dei miliziani stranieri sono stati tra le prime a lasciare la città nel pomeriggio di ieri. Anche i detenuti sono stati scarcerati in vista di una offensiva delle forze curde e siriane forse ritenuta imminente.
Le forze curde hanno i loro avamposti circa 37 chilometri a nord di Raqqa. Un portavoce delle forze democratiche siriane (SDF) ha riferito ieri che i curdi stanno progettando di lanciare un’offensiva su Raqqa nei prossimi giorni mentre il 20 maggio su Raqqa sono stati lanciati, probabilmente dalla coalizione internazionale, volantini che esortavano i residenti ad abbandonare la città.
L’Isis ha però diffuso una nuova registrazione audio in cui sollecita i suoi uomini a compiere attentati in Occidente, soprattutto in Europa e Usa, in occasione del mese sacro ai musulmani, il Ramadan, che quest’anno cade a giugno.
La registrazione è stata attribuita al portavoce dell’Isis, Abu Mohammed al Adnani, ed è stata diffusa il 21 maggio dopo che per ore i siti di propaganda islamista avevano anticipato un imminente annuncio. Nel messaggio, carico di odio e che dura 31 minuti, al-Adnani sostiene che “attaccare quelli che chiamiamo civili è meglio e più utile” e aggiunge che nella “terra dei crociati”, l’Occidente, “non si deve risparmiare il sangue, ne’ esiste qualcuno da considerare innocente”.
Una minaccia che coinvolge direttamente il ruolo dei “foreign fighters”, veterani del conflitto siriano e in parte rientrati in Europa.
Uno studio dell’International Center for Counter-Terrorism (Icct) dell’Aja ha provato a “fotografare” la minaccia in ogni singolo Stato europeo.
Sono qualche migliaio, tra 3.922 e 4.294, i foreign fighters che dai paesi dell’Ue sono partiti verso la Siria e l’Iraq per combattere. La maggior parte, 2.838, sono partiti da soli quattro Paesi europei: Belgio, Francia, Germania e Regno Unito, con il primo, non a caso colpito da un sanguinoso doppio attentato in marzo, che ha il più alto contingente di foreign fighters in rapporto alla popolazione (41 per milione di abitanti, contro 1 per milione in Italia).
Quelli che sono tornati in patria, generalmente considerati una minaccia potenziale, sono circa il 30%, indicativamente tra 1.176 e 1.288. Il censimento è dell’International Center for Counter-Terrorism (Icct) dell’Aja, che, su incarico della presidenza olandese dell’Ue, ha condotto un’indagine per valutare il fenomeno dei foreign fighters.
I numeri sono solo stimati, poiché avere cifre precise è difficile, per molti motivi (manca una definizione univoca di foreign fighter; c’è il rischio concreto di contare più volte una stessa persona; le autorità sono riluttanti, in alcuni casi, a rilasciare dati; c’è a confusione e sovrapposizione tra il concetto di foreign fighter e quello di terrorista, eccetera), ma il rapporto dell’Icct, che sulla stampa italiana è passato solo di sfuggita, fornisce una fotografia la più accurata possibile di un fenomeno di cui si parla molto, ma spesso in termini vaghi.
Dei 3.922-4.294 foreign fighters europei, il 14% sono morti (decesso confermato), vengono quasi tutti (tra il 90 e il 100%) da grandi aree urbane o periferie delle medesime, la nazionalità non sembra avere una grande influenza e una percentuale significativa (tra il 6 e il 23%) è costituita di convertiti all’Islam, cioè persone che prima non erano musulmane.
Molti Stati riscontrano percorsi di radicalizzazione molto rapidi, oppure sotto la linea di visibilità mentre il17% dei foreign fighters sono donne. Il rapporto fornisce una fotografia del fenomeno nell’Ue (26 Paesi su 28) il più possibile aggiornata, Paese per Paese, utile ad inquadrare il fenomeno.
AUSTRIA – Fino al settembre 2015, 230 individui identificati hanno lasciato il Paese per la Siria o per l’Iraq; uno studio di fine 2015 aggiorna la stima a circa 300 persone.
Per il Ministero dell’Interno austriaco, il numero dei foreign fighters ritornati potrebbe superare i 70.
Fino al 9 febbraio 2015, sempre secondo il Ministero, 17 donne avevano lasciato l’Austria per trasferirsi in territori controllati dall’Is; alcune erano minorenni. I partenti erano prevalentemente di origine cecena (in maggioranza immigrati di seconda generazione), turca o balcanica, di età compresa tra 18 e 35 anni.
BELGIO – Le stime più recenti dei foreign fighters partiti dal Belgio oscillano tra 420 e 516 individui che hanno viaggiato verso la Siria o l’Iraq dal 2011, il più alto tasso pro capite d’Europa (il Belgio ha solo 11,2 mln di abitanti). Rimangono in Medio Oriente tra 180 e 260 foreign fighters belgi; 60-70 sono stati uccisi, per lo più in combattimento.
Sono tornati in Belgio tra 55 e 120 individui e 50 hanno tentato di partire, ma sono stati fermati (tuttavia questi 50 sono inclusi nei computi di alcune fonti). Su 516 individui, 47 sono donne e circa il 6% sono convertiti all’Islam, l’età varia dai 14 ai 69 anni (media 25,7).
Dei 266 individui di cui si conosce l’origine, 101 vengono da Bruxelles (24 dei quali da Molenbeek), Anversa (72), Vilvoorde (28) e Malines (14); 79 sono legati al gruppo Sharia4Belgium. Almeno 5 foreign fighters belgi combattono a favore del regime di Assad, almeno 112 con l’Is e almeno 17 con Jabhat al Nusra. Del totale, il 45% viene dalla regione fiamminga, il 45% da Bruxelles e solo il 10% dalla Vallonia.
BULGARIA – Secondo il Ministero dell’Interno bulgaro, non ci sono casi confermati di foreign fighters di nazionalità bulgara, anche se altre fonti stimano fino a dieci il numero dei miliziani bulgari in Siria e Iraq.
CIPRO – Non si conoscono casi di foreign fighters ciprioti; un’indagine di polizia a carico di 5 cittadini accusati di aver facilitato il passaggio di foreign fighters non ha trovato prove. Si ritiene che sia comunque un Paese di transito: almeno 12 foreign fighters britannici e alcuni olandesi sono passati da Cipro prima di arrivare in Siria o in Iraq.
CROAZIA – Si conosce un solo caso, quello di una 27enne croata che si sarebbe convertita all’Islam in Gran Bretagna e che si sarebbe trasferita in Siria insieme al marito bosniaco, il quale sarebbe rimasto ucciso nel corso di bombardamenti americani nella zona di Raqqa (la donna sarebbe rimasta ferita).
Lo Us Department of State Bureau of Diplomatic Security (Osac), senza citare casi specifici, riferisce di persone croate che viaggiano in zona di guerra in quanto partner non combattenti di foreign fighters bosniaci, passati da centri salafiti della Bosnia Erzegovina (in particolare a Gornja Maoca, nel nordovest del Paese) prima di partire per la Siria.
DANIMARCA – Per il servizio segreto danese (Pet), almeno125 persone hanno lasciato il Paese per recarsi in Siria e Iraq dal gennaio 2011, un quarto delle quali si trova ancora in zona di guerra. Almeno 27 sono morti all’estero, alcuni dopo attacchi suicidi. Anche se la maggior parte si è unita all’Is, un piccolo numero di curdi e sciiti si è recato in zona di guerra per combattere l’Is o altri gruppi dell’opposizione. I foreign fighters danesi hanno diverse origini etniche, e non mancano i danesi Doc; sono per lo più musulmani sunniti, inclusi alcuni convertiti.
Le donne sono un 10%. I foreign fighters erano per lo più affiliati a circoli islamisti di Copenhagen, Aarhus e Odense; almeno 22 vengono da Aarhus, dove frequentavano la moschea Grimhojvej, che ha rifiutato di condannare l’Is. Poco meno della metà dei fuoriusciti aveva precedenti penali.
ESTONIA – Secondo fonti pubbliche, ci sono solo due foreign fighters estoni: il primo si sarebbe unito all’Is, il secondo combatte insieme alle forze curde contro le fazioni islamiste. Uno dei due è tuttora in zona di guerra e non ha intenzione di tornare a casa.
FINLANDIA – Fino all’agosto 2015, almeno 70 individui sono andati in Siria e Iraq, dei quali circa una dozzina sono morti e altri 35 restano in zona di guerra. Sono per lo più teenager o ventenni, ma circa un terzo è di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Circa il 20% sono donne e sono rappresentati almeno 19 diversi retroterra etnici; in maggioranza sono nati o cresciuti in Finlandia evengono dalle regioni metropolitane di Helsinki e di Turku.
FRANCIA – Il numero dei francesi trasferitisi in Siria e Iraq fino a ottobre 2015 è di oltre 900 (la Francia ha 66 mln di abitanti, sei volte quelli del Belgio); il numero dei cittadini francesi radicalizzati e dei residenti collegati a reti jihadiste, che non hanno necessariamente viaggiato verso la Siria o l’Iraq, è stimato a circa 2mila.
A novembre 2015, circa 570 erano ancora in zona di guerra, dei quali circa 200 donne; circa 140 erano morti (inclusi circa 10 in attacchi suicidi) e 246 erano tornati in Francia. In più, circa 85 minorenni sono coinvolti in reti jihadiste e 10 si trovano in Siria o Iraq.
Il 75% si è arruolato con l’Is, il 25% con Jabhat al Nusra. Non c’è, come altrove, un tipico foreign fighter: vengono da tutte le regioni e da tutti i contesti socioeconomici; mentre molti sono giovani uomini con precedenti penali, c’è un crescente contingente di donne, e anche intere famiglie, che vogliono trasferirsi nel Califfato.
I convertiti all’Islam sono ben il 23% del contingente francese dell’Isis.
GERMANIA – Per il Ministero degli Esteri, fino al luglio2015 oltre 720 individui hanno lasciato la Germania (che ha circa 81 mln di abitanti) per combattere con gruppi terroristi in Siria e Iraq, o per sostenerli. In ottobre la Procura Federale ne stimava 750, mentre il Soufan Group, una società di consulenza, ne dava 760. Per il Ministero, oltre il 30% rimane in zona di guerra, mentre 250 sono tornati.
Un centinaio sono morti, incluso almeno 20 nel corso di attacchi suicidi.
Il 40% ha la cittadinanza tedesca, il 20% doppia cittadinanza (tedesca e un’altra), gli altri sono partiti dalla Germania ma non hanno la cittadinanza tedesca. Il 20% sono donne; il 5% era minorenne al momento della partenza e la maggioranza aveva meno di 30 anni. Per il 12% sono, o erano, convertiti all’Islam. La maggior parte viene dal Nord Reno Vestfalia e dall’Assia, ma numeri consistenti si riscontrano anche a Berlino, in Baviera e ad Amburgo. Molti erano disoccupati al momento della partenza o lavoravano nella fascia degli occupati poco qualificati e poco pagati; i due terzi erano già noti alle forze dell’ordine. Un rapporto del Ministero sottolinea la relativa velocità del processo di radicalizzazione: spesso basta meno di un anno.
IRLANDA – Nel gennaio 2015 la Polizia irlandese (An Garda Sìochàna) stimava che circa 30 individui avessero lasciato l’isola per la Siria o l’Iraq.
ITALIA – Per il Ministero dell’Interno, 87 foreign fighters sono partiti dall’Italia tra gennaio 2011 e la fine di ottobre 2015; 57 si troverebbero tuttora in zona di guerra e 18 sono morti. Almeno 15 si sono uniti all’Is, due a Jabhat al Nusra e sette ad altre forze dell’opposizione. Del totale, solo 12 hanno o avevano passaporto italiano.
LETTONIA – Almeno due residenti in Lettonia si sono recati in Siria e Iraq per combattere con l’Is. Uno dei due avrebbe conosciuto un convertito finlandese giocando online a videogiochi: i due si sono poirecati in Siria insieme.
LITUANIA – Secondo il governo lituano, finora il Paese baltico non ha avuto casi di foreign fighters.
LUSSEMBURGO – L’Alta Commissione per la Protezione Nazionale riporta che sei individui, tra i quali una coppia, hanno lasciato il Paese per combattere in Siria o in Iraq. Cinque non erano cittadini lussemburghesi; tutti avevano legami con circoli islamici.
PAESI BASSI – Per il Nctv (Nationaal Cooerdinator Terrorismebestriiding en Veiligheid), organo del Ministero della Sicurezza e della Giustizia, fino al novembre 2015 220 individui hannolasciato i Paesi Bassi (popolazione circa 17 mln) per “fini jihadisti”, con 40 ritornati, 42 decessi e 140 che restano in Siria e Iraq.
La maggioranza dei morti erano membri dell’Is e tutti maschi, con il risultato di accrescere la quota delle donne nel ‘contingente’ olandese dei foreign fighters. Le informazioni pubbliche sono piuttosto scarse: alcuni studi indicano un’età media sotto i 25 anni, un retroterra socioeconomico di estrazione bassa o medio-bassa, livelli di educazione da bassi a medi e scarse chances sul mercato dellavoro.
Sono cresciuti in famiglie sia immigrate (marocchine, somale, caraibiche, turche) sia etnicamente olandesi. Molti sono stati esposti al crimine o all’abuso di droga nella loro cerchia di conoscenze.
Parecchi sentivano di non avere possibilità di migliorare la propria posizione nella società olandese; da uno studio condotto su 140 potenziali foreign fighters, emerge che gli individui con alle spalle problemi o disordini del comportamento sono più numerosi che nella popolazione in generale, cosa che indica un possibile ruolo delle condizioni di salute psicologica. Molti foreign fighters vengono dall’Aja, ma anche da altre città come Delft, Zoetermeer, Gouda e Arnhem.
POLONIA – Tra 20 e 40 cittadini polacchi avrebbero viaggiato verso l’Iraq o la Siria, la maggior parte risiedendo però al momento della partenza in altri Paesi europei. Tra di loro c’era anche un uomo che ha portato a termine un attacco suicida contro una raffineria in Iraq nel giugno 2015, insieme ad altri tre foreign fighters.
PORTOGALLO – Si stima che una dozzina di cittadini portoghesi o di residenti in Portogallo sia partita per la Siria o per l’Iraq dal 2011, cinque dei quali sarebbero morti: due in un bombardamento aereo su Kobane, uno in un attacco suicida e altri due, padre e figlio, sonomorti in combattimento.
La maggioranza si era convertita all’Islam pochi anni o mesi prima della partenza. Molti sono originari di ex colonie portoghesi o avevano vissuto a lungo all’estero: molti risiedevano in altri Paesi europei (Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito) e molti avevano anche la doppia cittadinanza. Cinque di loro vivevano a Leyton (Londra); mentre una donna portoghese-olandese residente nei Paesi Bassi è partita per la Siria per sposare un foreign fighter portoghese.
SPAGNA – Per il Ministero dell’Interno, a novembre 2015 139 foreign fighters hanno lasciato la Spagna (circa 47 mln di abitanti) per la Siria o l’Iraq e 25 di questi sono tornati; il 10% del totale erano donne. Secondo uno studio spagnolo, su 20 individui che si sono recati in Siria prima del 2014, undici erano cittadini spagnoli, gli altri nove cittadini marocchini che vivevano in Spagna; l’età è compresa tra i 20 e i 30 anni.
La maggior parte erano sposati, con prole ed erano disoccupati, lavoratori poco qualificati o studenti al momento della partenza. La maggior parte veniva dall’enclave di Ceuta, in Nordafrica, ma anche da Girona e Malaga. Alcuni erano già conosciuti alla polizia spagnola, specie a Ceuta, ed erano coinvolti nel traffico di droga. Dei 20, almeno tre cittadini spagnoli residenti a Ceuta hanno posto fine ai propri giorni commettendo attentati suicidi.
REGNO UNITO – Per lo Uk Office for Security and Counter-Terrorism (Osct), circa 700 individui sono partiti per la Siria o l’Iraq a partire dal 2011, 315 dei quali si trovano tuttora in zona di guerra; più della metà sono tornati e circa 70 sono morti.
La maggioranza si èunita all’Is e ha la cittadinanza britannica; l’età prevalente è compresa tra 18 e 30 anni, anche se è in calo progressivo. Quasi tuttisono musulmani. Anche se non si riscontra una motivazione unica alla base della scelta, alcuni studi indicano che molti foreign fighters hanno origini dell’Asia Meridionale e spesso hanno avuto accesso all’università.
REPUBBLICA CECA – Per il Ministero dell’Interno “non c’èstato ancora un singolo caso di un cittadino ceco che abbia viaggiato verso le zone di guerra in Siria e Iraq per unirsi a organizzazioni terroristiche”.
ROMANIA – Per le autorità rumene, a ottobre 2015 il Paese non aveva registrato un solo foreign fighter; altre fonti indicano che ci potrebbero essere uno o più combattenti rumeni in Siria o in Iraq.
SLOVACCHIA- Il numero dei cittadini o residenti slovacchi diventati foreign fighters è stimato a sei, tre dei quali sarebbero morti. La maggior parte ha, o aveva, meno di trent’anni.
SLOVENIA – Il governo sloveno riporta che tre cittadini sloveni, maschi, tutti convertiti e privi di legami precedenti con circoli estremisti, sono partiti per la Siria o l’Iraq. Uno di loro è stato ucciso.
SVEZIA – Si stima che circa 300 cittadini svedesi o residenti in Svezia (9,6 mln di abitanti) si sia recata in Siria e Iraq. Molti vengono dall’area di Goeteborg, nella Svezia meridionale.
Non sono disponibili dati di GRECIA e UNGHERIA.
I Paesi con la più alta intensità di foreign fighters, in rapporto alla popolazione, sono nell’ordine il Belgio (41 per milione di abitanti), l’Austria (31), la Svezia (28), la Danimarca (22), la Francia (14), la Finlandia(13), i Paesi Bassi (13), il Lussemburgo (11) e il Regno Unito (11). Seguono Germania (9), Irlanda (6), Spagna (3), Estonia (2), Slovenia (2), Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo e Slovacchia (1), Bulgaria,Croazia, Repubblica Ceca, Malta, Lituania e Romania (0 foreign fighters per milione di abitanti).
(con fonte Adnkrono)
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