Volo Egyptair 804: tutte le strade portano ai jihadisti
da Il Mattino del 20 maggio
Manca la conferma ufficiale che solo una perizia tecnica sulle scatole nere o una rivendicazione credibile potrebbero fornire ma la scomparsa del volo MS 804 dell’Egyptair tra Parigi e Il Cairo sembra essere il frutto di un ordigno piazzato a bordo dell’Airbus 320.
Lo ritiene molto probabile il direttore dei servizi di sicurezza interna russi (FSB) Aleksandr Bortnikov, molti esperti indipendenti e lo stesso ministro dell’Aviazione egiziano Sherif Fathi ha detto che l’ipotesi di un attacco terroristico “è più plausibile” di quella di un guasto.
La dinamica del resto non lascia molti dubbi. L’aereo è sparito dai radar a 3 mila metri di altezza dopo aver perso bruscamente quota da 11.200 metri a 4.500: dati spiegabili probabilmente con un’esplosione che ha portato l’aereo a precipitare fuori controllo prima di spaccarsi in più parti.
Ipotesi coerente con quanto dichiarato dal capitano di una nave che ha riferito di aver visto “una scia di fiamme in cielo” a circa 130 miglia a sud dell’isola greca di Karpathos.
Del resto l’equipaggio non ha segnalato problemi tecnici o guasti che in ogni caso avrebbero lasciato il tempo per lanciare un SOS. Resta teoricamente possibile che ad abbattere repentinamente il velivolo possa essere stato un missile terra-aria lanciato da terra o da una nave militare o un missile aria-aria lanciato da un velivolo da combattimento.
Ma si tratta di pura teoria poiché nessun gruppo terroristico dispone di armi complesse del genere e la zona sorvolata dall’Airbus era lontana dall’area bellica siriana.
Inoltre NATO e Israele hanno un controllo elettronico capillare sul Mediterraneo Orientale e avrebbero individuato presenze aeree sospette o lanci di missili a lungo raggio da unità navali.
L’ipotesi di un ordigno a bordo, di cui parlavano ieri anche fonti dell’Amministrazione statunitense citate da CNN, resta quindi la più probabile pur nelle sue possibili sfumature: da chiarire infatti se sia stata piazzata sul velivolo a Parigi (o nello scalo precedente a Tunisi) oppure se l’esplosione sia stata provocata da un kamikaze riuscito a portare a bordo esplosivi e mischiato tra i passeggeri o i membri dell’equipaggio.
Nell’ottobre scorso il volo charter che esplose sul Sinai dopo il decollo da Sharm el-Sheikh uccidendo 224 turisti russi aveva a bordo un ordigno che era stato installato a bordo da un meccanico dell’aeroporto rivelatosi un infiltrato del gruppo jihadista Ansar Bait al-Maqdis, branca dello Stato Islamico attiva nella Penisola egiziana che ha già firmato numerosi attentati, esecuzioni sommarie e attacchi militari alle forze di sicurezza del Cairo.
Se nell’ottobre scorso l’attentato al charter russo sembrava diretto soprattutto a punire i russi per l’intervento militare in Siria e al tempo stesso colpire Il Cairo nel settore turistico (vitale quanto i transiti delle navi nel Canale di Suez per la sopravvivenza economica dell’Egitto) l’attentato di ieri potrebbe avere il duplice scopo di colpire francesi ed egiziani.
Almeno quindici delle 66 vittime sull’Airbus erano francesi e il volo è decollato da Parigi aprendo così un interrogativo sulle misure di sicurezza negli scali francesi a pochi giorni dall’avvio dei Campionati europei di Calcio per i quali Europol, servizi segreti d’Oltralpe e la polizia tedesca hanno già lanciato un forte allarme terrorismo.
Un attentato del genere costituirebbe un ennesimo duro colpo per la sicurezza europea e per il turismo in Egitto, settore che vale circa il 20% del PIL nazionale: dai 15 milioni di turisti del 2010 si è scesi a 9 milioni scarsi l’anno scorso il calo nei primi mesi di quest’anno è in media del 40% con un dimezzamento nel caso degli italiani.
“Anche se i dettagli dell’incidente sono ancora da confermare – dice Kinda Chebib, Senior Analyst di Euromonitor International – la serie di eventi terroristici che colpiscono l’Egitto dal 2015 solleva ulteriori preoccupazioni per la sicurezza negli aeroporti del Paese ed è molto probabile che scoraggi ulteriormente i turisti”.
Per tutte le ragioni citate l’abbattimento del volo Egypt Air costituirebbe quindi un grande successo strategico per i gruppi jihadisti colpendo duramente Francia ed Egitto la cui alleanza è tra l’altro divenuta sempre più stretta in molti settori.
In Libia francesi ed egiziani sostengono con le armi il governo laico di Tobruk e il suo esercito guidato dal generale Khalifa Haftar che definisce “terroristi” tutti i movimenti islamisti contro i quali combatte: dai qaedisti di Ansar al-Sharia allo Stato Islamico fino a Salafiti e Fratelli Musulmami.
Inoltre Parigi sta vendendo al Cairo armi sofisticate per quasi 10 miliardi di euro incluse navi da guerra, le due portaelicotteri destinate originariamente alla Russia e cacciabombardieri Rafale.
Se la tipologia di attentato induce a puntare il dito contro lo Stato Islamico non va dimenticato che la presidenza del generale Abdel Fattah al-Sisi è considerata un nemico da tutti i movimenti islamisti.
In Sinai operano anche gruppi legati ad al-Qaeda (il cui leader, Ayman al-Zawahiri, è egiziano) che godono da anni di coperture nella Striscia di Gaza controllata da Hamas.
La minaccia di più vasta portata per il governo è forse quella dei Fratelli Musulmani, movimento sostenuto da Qatar e Turchia che ha governato l’Egitto col presidente Mohammed Morsi per un anno, tra il 2012 e il 2013, prima che le rivolte popolari e l’intervento dell’esercito guidato da al-Sisi ne determinassero la caduta, l’incarcerazione e la condanna a morte non ancora eseguita.
Foto: Egyptair, EPA, Reuters e Stato Islamico
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.