PER WASHINGTON I TERRORISTI SONO GLI IRANIANI

Da Nuova Bussola Quotidiana del 4 giugno 2015

Dopo i documenti di impostazione strategica del Pentagono che indicano come minaccia globale per gli USA e i suoi alleati la Russia di Putin, scenario subito fatto suo anche dalla NATO, tocca ora al Dipartimento di Stato illustrare al mondo, in modo quasi comico, il punto sulla minaccia terroristica.

Il report dello staff di John Kerry parla chiaro: benché in Europa il 2015 sia stato l’anno in cui è esplosa nuovamente la paura di grandi attacchi terroristici, nel mondo il numero di attentati è diminuito del 13 per cento mentre le vittime sono calate del 14 per cento.

Ciò nonostante per il Dipartimento di Stato il terrorismo “ha continuato ad evolversi rapidamente nel 2015, diventando sempre più decentralizzato e diffuso”.

Del resto, pur se in calo, l’anno scorso gli attentati terroristici sono stati 11.774 in tutto il mondo e hanno causato oltre 28.300 morti e circa 35 mila feriti.

Sono cinque i paesi più colpiti: Iraq, Pakistan, Nigeria, India e Afghanistan che insieme superano la metà delle vittime registrate in tutto il mondo anche se Iraq, Pakistan e Nigeria hanno registrato un calo rispetto al 2014.

“Lo Stato Islamico rimane la principale minaccia terroristica” sottolinea il rapporto precisando che ha perso terreno in Iraq e Siria, ma l’ha guadagnato in Egitto e Libia.
Al di là della fredda “fotografia” del fenomeno terroristico, il dato sconcertante che emerge dal rapporto del Dipartimento di Stato riguarda il Paese che più di ogni altro avrebbe sostenuto il terrorismo: l’Iran.

Teheran “rimane il principale sponsor del terrorismo nel 2015″ si legge nel rapporto. L’Iran ha fornito al terrorismo “un ampio supporto, finanziamenti, addestramento ed equipaggiamento a vari gruppi nel mondo, in particolare Hezbollah, oltre a sostenere conflitti in Iraq, Siria e violente proteste della minoranza sciita in Bahrein”.

Una considerazione che copre di ridicolo la politica estera dell’Amministrazione Obama e azzera la residua credibilità di John Kerry.

Che l’Iran attui una politica spregiudicata per difendere gli interessi suoi e dell’area scita non c’è alcun dubbio. Hezbollah è un movimento terroristico per Israele e gli Hezbollah iracheni non vanno certo per il sottile nei territori iracheni strappati all’Isis ma non si può certo dire che i suoi “commando” abbiano colpito in Europa o in Occidente.

Non erano certo sciti o hezbollah coloro che hanno seminato strage a Parigi e Bruxelles né in passato a Londra e Madrid, ma sunniti legati ad al-Qaeda e Stato Islamico i cui sponsor sono da cercare non certo a Teheran ma tra le monarchie sunnite del Golfo, in Turchia ed evidentemente anche negli USA.

Sarà pur vero, come sostiene il rapporto del Dipartimento di Stato, che “l’Iran continua ad essere profondamente coinvolto nel conflitto in Siria, lavorando strettamente con il regime di
Assad per contrastare l’opposizione siriana, e anche in Iraq, dove continua a fornire supporto ai gruppi di miliziani, inclusa l’organizzazione terroristica straniera Kata’ib Hezbollah”.
Ma il nemico che gli iraniani combattono in Iraq è quello stesso Stato Islamico che il rapporto di Washington definisce “la principale minaccia terroristica”.
Sono stati i pasdaran appoggiati dai Phantom iraniani a proteggere Baghdad nell’estate del 2014 e impedire che cadesse nelle mani dell’Isis, non certo i marines. Ancora oggi le offensive irachene sono condotte per lo più da milizie sciite inquadrate da consiglieri militari iraniani, ben più efficaci delle brigate dell’esercito addestrate dagli USA.

Piaccia o non piaccia anche in Siria gli iraniani combattono al fianco delle forze di Damasco contro tutte e formazioni ribelli ma soprattutto contro Isis ed Esercito della Conquista, cioè la milizia che unisce tutti i jihadisti, dai qaedisti del Fronte al-Nusra ai Salafiti ai Fratelli Musulmani.

Di fatto quindi Washington accusa l’Iran di combattere i jihadisti sunniti di Stato Islamico e al-Qaeda che costituiscono la minaccia terroristica principale per l’Europa, il Medio Oriente e gli stessi USA.

Patetico poi il riferimento al sostegno iraniano alle proteste in Bahrein, l’unica primavera araba ed essere stata ignorata dall’Occidente nonostante un regime monarchico sunnita avesse represso nel sangue le proteste della maggioranza scita utilizzando un corpo di spedizione militare inviato da sauditi e altri emirati del Golfo.

Il regime degli ayatollah ha già abbastanza difetti da non avere certo bisogno che Washington ne inventi altri. Tra l’altro proprio le armi inviate dagli USA e dagli arabi del Golfo (e dalla Turchia) ai cosiddetti “ribelli moderati” sono finite per lo più in mano a Isis e al-Nusra così come solo dalla Turchia sono stati fatti passare in due anni non meno di 50 mila miliziani jihadisti.

Ankara ha rifornito e soccorso le forze di al-Qaeda e dell’Isis comprando il petrolio del Califfato mentre le banche del Kuwait e di Dubai hanno girato milioni di dollari provenienti dalle monarchie saudite all’Isis e persino ai talebani.

Del resto gli specialisti dell’antiterrorismo del Dipartimento di Stato, pretestuosi nei confronti dell’Iran e fin troppo indulgenti con “sauditi e soci”, si contraddicono da soli nelle pagine dello stesso rapporto che precisa come oltre la metà delle vittime del terrorismo siano state uccise nel 2015 in Iraq, Pakistan, Nigeria, India e Afghanistan.

Si tratta quindi di vittime di terroristi sunniti quali talebani, Isis, Boko Haram, al-Qaeda e gruppi jihadisti del Kashmir. Nessuno di questi movimenti gode di supporti in Iran ma tutti hanno amici tra Ankara, Islamabad e Riad. E Kerry fa finta di non saperlo.

Foto: Reuters, IRNA, Fronte al Nusra, SITE, Stato Islamico e AP

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.

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