TURCHIA: I NUMERI DEL DOPO GOLPE
Non ci sono prove concrete che il fallito golpe militare in Turchia fosse una messa in scena per rafforzare il potere dell’AKP e di Recep Tayyp Erdogan ma di certo il presidente sta approfittando della situazione per rivoltare come un calzino l’intero Pese e fare piazza pulita di tutti coloro che, a vario titolo, i oppongono all’islamizzazione forzata della società.
Oltre alle ronde islamiste dei seguaci del partito AKP che presidiano rumorosamente le città turche durante la notte la tensione resta alta sia sul fronte interno che su quello internazionale mentre la lira turca ha segnato ieri un nuovo record negativo rispetto al dollaro (cambiato 3,07 lire turche) dopo che Standard & Poor’s ha rivisto al ribasso l’outlook del credito sovrano per il timore di instabilità.
Dopo ver proclamato tre mesi di “stato d’emergenza” su tutto il territorio nazionale, Erdogan ha detto chiaramente che “potrebbero esserci altri Stati coinvolti nel tentativo di golpe” di venerdì scorso.
In un’intervista alla tv satellitare al-Jazeera, il presidente Erdogan ha anche affermato che “questa non è la fine dei tentativi di golpe, possono esserci altri piani”.
Sul fronte interno continuano invece arresti, licenziamenti e epurazioni in tutte le istituzioni e gli ambiti della società.
Nella stesa intervista ad al-Jazeera, Erdogan ha reso noto che dal fallito golpe di venerdì erano sono già 11mila le persone arrestate in Turchia, prevalentemente militari (oltre 6.000) e giudici.
In totale sono stati mandati a casa 55.000 dipendenti pubblici ribadendo che se il Parlamento dovesse reintrodurre la pena di morte (abolita nel 2004 come chiedeva Bruxelles come pre-condizione per l’ingresso nella Ue) applicherà immediatamente la legge.
Il Consiglio superiore dell’Istruzione ha sospeso quattro rettori e accettato la richiesta di dimissioni di oltre 1.500 presidi di facoltà, nell’ambito dell’epurazione seguita al fallito colpo di stato di venerdì scorso.
I rettori delle Università di Yildiz, Gazi, Dicle e Yalova sono – riferisce Hurriyet, citando l’agenzia Anadolu – sono stati sospesi “per il benessere delle diverse inchieste che vengono effettuate”.
“Ringraziamo le università per la cooperazione su questo tema” si legge in una dichiarazione rilasciata dal Consiglio, in cui si aggiunge che le assegnazioni necessarie avverranno il più presto possibile. Il Consiglio aveva chiesto le dimissioni di 1.557 presidi in servizio presso tutte le università pubbliche e private in tutta la Turchia, di cui 1.176 dalle università statali e 401 da università private.
Nei giorni scorsi fonti di stampa avevano riferito numeri ancora più alti.
Nove mila gendarmi e militari arrestati tra i quali 85 generali e ammiragli, 21 mila insegnanti e 1.577 rettori e presidi universitari rimossi. Al Ministeri degli Interni i dipendenti licenziati sarebbero 8.777 inclusi 30 governatori provinciali e 492 imam mentre nello staff del Primo Ministro le “purghe” avrebbero colpito 257 persone e altri 399 dipendenti del Ministero degli affari sociali.
Foto: Askanews, Getty Images e AFP
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