ECONOMIA, DIFESA E SIRIA NEL SUMMIT PUTIN-ERDOGAN

(aggiornato alle ore 21,30)

AGI – Dopo mesi di tensione, Russia e Turchia siglano la pace: riprendono i rapporti economici e trovano un nuovo asse da schierare nel confronto con Usa e Ue. Il simbolo che contrassegna la riconciliazione è il rilancio del gasdotto TurkStream (anche se con meno ambizioni che in origine).

Rimane il nodo Siria, su cui sono su fronti contrapposti (Mosca schierato con Damasco, Ankara acerrimo nemico); e viste le perduranti divergenze, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan hanno “concordato” di proseguire i colloqui di oggi San Pietroburgo con una riunione “separata”, dedicata specificamente al conflitto nel Paese mediorientale.

Dopo mesi di tensione seguita all’abbattimento all’abbattimento in novembre di un caccia-bombardiere russo da parte di due F-16 turchi nei cieli sulla frontiera con la Siria, è pace fatta dunque tra il presidente russo e quello turco.

“La tua visita oggi, nonostante una situazione politica molto difficile nel tuo Paese, dimostra che tutti noi vogliamo riprendere il dialogo e ristabilire relazioni tra Russia e Turchia”, ha sostenuto il capo del Cremlino ricevendo l’uomo forte di Ankara.

Putin ha poi auspicato che “sotto la leadership” di Erdogan siano ristabiliti “la legge e l’ordine costituzionale in Turchia” all’indomani del tentato golpe del 15 luglio scorso.

“Nella nostra regione ci si aspetta molto dalla Turchia e dalla Russia, e io credo che insieme contribuiremo alla soluzione di numerosi problemi”: ha risposto il presidente turco, che ha “ringraziato” il padrone di casa per avergli offerto “l’opportunità di incontrarlo” prima dell’annuale vertice del G20, in programma dal 4 al 5 settembre prossimi ad Hangzhou, in Cina.

“Sono convinto”, ha aggiunto, “che intraprenderemo passi per ampliare la nostra cooperazione con la Russia”. Ribadendo poi l’apprezzamento per il sostegno offerto dal Cremlino al suo governo in occasione del recente tentativo di colpo di Stato, Erdogan ha assicurato Putin sulle proprie intenzioni di “rafforzare la democrazia” in patria.

Nel corso dell’incontro a San Pietroburgo è tato “deciso di ripristinare i rapporti” tra i due Paesi, a cominciare dalla cooperazione che del resto, ha sottolineato il leader del Cremlino, “mai si è interrotta” del tutto.

Si è però fortemente ridotto il volume della cooperazione commerciale, un calo del 43 per cento nei primi cinque mesi di questo anno. Mosca revocherà inoltre gradualmente le sanzioni imposte alle aziende turche (via libera dunque alla frutta e verdura sulle tavole dei russi) e a breve riprenderanno anche i voli charter che portano i turisti russi in Turchia.

Come esempi della rinnovata volontà di collaborare, Putin ha citato il nucleare e le infrastrutture, oltre all’energia che ha definito un “elemento-chiave” a livello bilaterale.

“L’amicizia” tra i due Paesi, ha rilanciato il presidente turco, “sarà ancora più forte di quanto non fosse prima includendo la cooperazione nell’industri della Difesa. Puntiamo a terminare la prima tratta del Turkish Stream nella seconda metà del 2019.

E’ quanto ha affermato il ministro dell’Energia russo Alexander Novak durante l’incontro con Erdogan.

Il ministro ha poi aggiunto che durante i colloqui sul gasdotto non è stato affrontato il tema degli sconti sul gas alla Turchia, questione, ha osservato Novak, non più gas alla Turchia, questione, ha osservato Novak, non più all’ordine del giorno alla luce del drastico calo del prezzo del petrolio.

Quella in Russia era la prima missione all’estero dell’uomo forte di Ankara dopo il fallito colpo di stato.

L’incontro con il capo del Cremlino nel Palazzo di Konstantinovsky, una quindicina di chilometri a sud dell’antica capitale dell’Impero Zarista ha seguito il nuovo altolà turco agli Usa: prima di arrivare a San Pietroburgo il presidente turco aveva incaricato il proprio governo di avvertire gli Stati Uniti di non mettere a rischio le relazioni per proteggere Fethullah Gulen, il predicatore che vive Pennsylvania, ritenuto dalla Turchia il regista del fallito golpe.

“Se gli Usa non ci consegnano Gulen -aveva affermato il ministro della Giustizia Bekir Bozda sacrificheranno le relazioni con la Turchia per il bene di un terrorista”.

Foto: Sputnik, Ansa, AP e Anadolu

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