ERDOGAN NOMINA UN CONSIGLIERE SPECIALE PER RIFARE L’ESERCITO TURCO

di Daniele Raineri da Il Foglio del 3 settembre 2016

Nello spirito di “una crisi non va mai sprecata”, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sfrutta il golpe fallito del 15 luglio per rendere la Turchia un po’ più a sua immagine e somiglianza, e lo fa anche con il suo principale avversario, ovvero l’esercito turco che per tradizione è contropotere del governo e protettore della laicità del paese.

Il 16 agosto Erdogan ha nominato come consigliere speciale Adnan Tanriverdi (nella foto a sinistra), 72 anni, un ex generale delle Forze speciali congedato vent’anni fa per “troppo islamismo” e su di lui fa affidamento per ristrutturare l’esercito e come guida nell’ambiziosa operazione militare “Scudo dell’Eufrate”, cominciata il 23 agosto, nel nord della Siria, appena una settimana dopo la nomina.

Tanriverdi fino a pochi giorni fa era il più grande businessman turco nel campo della sicurezza perché dirigeva Sadat, una compagnia di contractor militari fondata da lui nel 2012 e considerata vicina al partito di governo Akp.

Sadat ha una fama controversa perché sostiene di avere come fine ultimo “aiutare il mondo islamico a prendere il proprio posto tra le superpotenze”, come recitava uno slogan aziendale nel 2013, e perché tra i servizi offre anche un pacchetto di consulenze nel campo della guerra non convenzionale che include materie come “intelligence”, “insurrezione”, “sequestri”, “sabotaggio”, “operazioni di forze speciali”.

Sadat è stata accusata da un’interrogazione parlamentare turca di avere lavorato in una campagna per addestrare gruppi dell’opposizione armata che in Siria fanno la guerra al presidente Bashar el Assad in alcuni campi turchi.

La compagnia ha risposto negando tutte le accuse. Ci sono articoli in lingua turca di giugno – quindi prima del fallito colpo di stato militare – che dipingono Sadat come “l’esercito invisibile di Erdogan”, pronto a fare quello che il governo non può chiedere e fare in via ufficiale.

Sono esagerazioni giornalistiche, ma rendono bene l’idea di un presidente che oggi è più che disposto a sfidare qualche attrito con l’opinione pubblica pur di avere vicino il chiacchierato ex generale Tanriverdi.

Non ci sono molti dettagli sul congedo forzato dall’esercito del neo consigliere avvenuto nel 1996, se non che da ufficiale organizzava gruppi di preghiera in caserma e aveva un comportamento definito poco consono ai valori del kemalismo, ovvero della linea politica che in Turchia separa sempre più blandamente stato e religione.

Tra i compiti che oggi Erdogan gli ha affidato in via informale ci sarebbe anche quello di riorganizzare la gerarchia dell’esercito richiamando in servizio altri ufficiali che come lui furono silurati per questioni di islam.

Ci sono vuoti da riempire perché dopo il 15 luglio il presidente turco ha disarticolato la catena di comando con epurazioni ampie e non ancora terminate, che hanno lasciato al vertice soltanto il solitario capo di stato maggiore, Halusi Akara.

Secondo il sito specializzato Intelligence Online, il governo turco ha ordinato anche una revisione dell’intelligence, colpevole di avere avvisato troppo tardi il presidente del golpe in atto. Il capo dell’intelligence turca, Hakan Fidan, ha conservato il suo posto, sebbene nei giorni successivi al trauma nazionale del golpe anche lui sia stato considerato a rischio cacciata.

Ora è prevista la creazione di un non meglio specificato corpo intermedio di sorveglianza che valuterà l’attendibilità delle informazioni passate dai servizi segreti al governo.

In questi giorni Erdogan è alla guida di un’operazione militare complessa nel nord della Siria, per cacciare dalla zona di confine sia lo Stato islamico – cosa che non ha presentato grosse difficoltà finora – sia le unità di difesa curde, le Ypg.

Questo secondo fronte è un guaio intricato per l’Amministrazione Obama, che sostiene sia Erdogan sia i curdi, e non può permettersi di perdere Erdogan e nemmeno i curdi. Come ricordava la settimana scorsa un articolo di Liz Sly sul Washington Post, un gruppo di ufficiali turchi – che poi ha preso parte al golpe – ha rallentato di almeno un anno l’inizio dell’operazione oltreconfine.

Tra loro c’era anche il capo delle Forze speciali, Samih Terzi, morto la notte del 15 luglio mentre dava l’assalto al quartier generale delle Forze speciali. Ora che quel nucleo di resistenza è stato eliminato – o meglio: che si è tolto di mezzo da sé, sbagliando il golpe – l’operazione “Scudo dell’Eufrate” sembra fatta apposta per le competenze di specialisti come Tanriverdi.

Un corpo di spedizione misto, formato da gruppi siriani e corazzati turchi, che combatte una campagna poco convenzionale. In queste ore il centro dell’operazione si sposta verso Manbij, città liberata ad agosto dalle Forze democratiche siriane (composte in maggioranza da curdi).

I turchi vogliono la città come guarnigione che segnerà il massimo punto a est della loro espansione in Siria, e che negherà alle detestate Ypg una presenza a ovest dell’Eufrate.

Ieri però i curdi hanno issato bandiere americane su alcune posizioni dentro Manbij, come a dire ai turchi: “Abbiamo strappato questa città allo Stato islamico in collaborazione con gli americani. Ora avrete davvero il coraggio di colpire queste?”

Foto AP, AFP, Anadolu e Reuters

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