Due per cento del Pil alla Difesa: la Ue “copia” la NATO
Sempre più vivace l’attenzione dell’Unione Europea ai temi della difesa e sicurezza continentale, complici le crisi internazionali e interne che minacciano il Vecchio Continente e le incertezze per l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.
Ieri il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che propone di destinare il 2% del Pil alle spese per la Difesa, creare forze multinazionali e un quartiere generale operativo Ue per pianificare e guidare le operazioni comuni e per consentire all’Unione di agire laddove la Nato non sia disposta a farlo. L’assemblea ha inoltre proposto uno stanziamento di 90 milioni di euro per il primo triennio, seguito da un programma europeo di ricerca sulla difesa con una dotazione di 500 milioni di euro all’anno.
Un passo importante dunque in un ambito nel quale i negoziati tradizionalmente progrediscono con fatica. Come spiega una nota “le minacce ibride e l’insicurezza informatica ed energetica costringono i Paesi Ue a intensificare i loro sforzi nel campo della sicurezza e della difesa, aprendo così la strada a un’Unione europea della difesa”.
“La nostra Unione non è in grado di affrontare le travolgenti sfide della difesa – ha affermato il relatore Urmas Paet (eurodeputato ed ex ministro degli Esteri estone) nel dibattito preparatorio di ieri – Per quasi 30 anni, la maggior parte degli Stati membri ha tagliato i propri bilanci per la difesa, riducendo di fatto le forze armate. La cooperazione tra gli Stati membri è occasionale e l’Europa continua ad affidarsi pesantemente sulle capacità della Nato e sulla solidarietà degli Stati Uniti”.
Paet ha quindi sottolineato che “è arrivato il momento di muoversi verso una politica europea di difesa che funzioni”. Approvata con 369 voti in favore, 255 voti contrari e 70 astensioni, tale risoluzione prende atto del generale deterioramento della sicurezza all’interno e attorno all’Europa, “e che nessun Paese è in grado di affrontare da solo il problema”. Si invoca quindi “l’adozione di posizioni e azioni comuni e sistematiche”.
Un primo passo dovrà puntare a un maggior coordinamento tra le Forze armate europee, volto anche a ridurre gli sprechi. E’ necessario che “l’UE risponda più celermente ed efficacemente alle minacce reali” facendo in modo che gli eserciti nazionali ” lavorino meglio insieme. Duplicazioni e ostacoli nel settore delle commesse – si legge ancora nella nota – conducono a uno spreco stimato in 26,4 miliardi di euro”.
Si suggerisce allora di compiere “acquisti congiunti”, di mettere in comune “i materiali non letali, come i veicoli e i velivoli per il trasporto”, di introdurre “un semestre europeo per la difesa, in cui gli Stati membri si consultino circa i reciproci cicli di pianificazione e piani di appalti” e infine di rafforzare “il ruolo di coordinamento dell’Agenzia europea per la Difesa”.
La politica di difesa comune deve prevedere lo stanziamento di più fondi, arrivando a destinare il 2% del Pil a questo scopo. Determinante sarà inoltre la creazione di “forze multinazionali all’interno della cooperazione strutturata permanente”.
Di fatto, al di là degli annunci, nulla di nuovo è uscito dal Parlamento Europeo che non fosse già stato discusso e approvato negli ultimi vertici dei ministri della Difesa della Ue.
Curiosa poi la quota del 2 per cento del Pil che i singoli Stati dovranno destinare alla Difesa come misura necessaria a costituire strumenti militari e di sicurezza congiunti. Si tratta infatti della stessa percentuale del Pil indicato da anni dalla Nato come il minimo indispensabile per rafforzare le capacità dell’Alleanza (e un livello di spesa militare indispensabile per nuovi partner che volessero entrare a farne parte) il cui mancato raggiungimento da parte di quasi tutti i Paesi europei ha provocato in molte occasioni le lamentele degli Stari Uniti.
(con fonte DIRE)
Immagini: EuNews, Peter Schrank/The Econimist e Alberto Scafella
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