La seconda liberazione di Palmyra

(aggiornato alle ore 15,50)

Palmyra è sotto il controllo totale dell’esercito siriano, che l’ha nuovamente strappata all’Isis. A riferirlo ieri è stato ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, affermando che il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, si è recato da Vladmir Putin per annunciargli la notizia.

Nell’offensiva per la riconquista dell’antica città’ siriana le truppe di Bashar Assad hanno goduto dell’appoggio decisivo fornito loro dalle forze aeree russe e delle “truppe alleate e amiche”, cioè le milizie sciite libanesi di Hezbollah.

I jihadisti, ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani (ong con sede a Londra vicina ai ribelli sostenuti dall’Occidente) si sono ritirati ma hanno prima minato il sito archeologico e altre aree. In queste ore – ha riferito la ong, “l’esercito siriano sta effettuando operazioni di sminamento e non ha ancora preso posizione in tutta la città”.

Palmira venne conquistata una prima volta nel maggio del 2015 dall’Isis, che venne cacciato dalla città nel marzo 2016 grazie ad una offensiva siriana pesantemente sostenuta dai russi. Con un colpo di mano il Califfato riconquistò la città nel dicembre scorso approfittando del fatto che Palmyra venne lasciata sguarnita dalle truppe siriane e dai russi impegnati nella battaglia di Aleppo.

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Le forze governative siriane erano entrate martedì nella storica città-prendendo il controllo di un quartiere nel settore occidentale della città e la più importante via di accesso stradale. Agli attacchi lo Stato Islamico, che da settimane stava perdendo terreno in quel settore, ha risposto con fuoco di artiglieria e attacchi suicidi.

L’Ondus sosteneva ieri che o “forti scontri e pesanti bombardamenti” fossero ancora in corso attorno alla cittadella di Palmyra: “lo Stato islamico ha indietreggiato, ma potrebbero aver lasciato attentatori suicida nella zona” per questo i governativi avanzano con cautela. Le forze dell’Isis starebbero ripiegando verso Raqqah e Deir Ezzor.

“Il controllo di Palmira crea le basi per un’ulteriore espansione delle azioni militari condotte dalle nostre forze contro l’organizzazione dello Stato islamico”, recita un comunicato delle forze armate siriane citato dall’agenzia russa Sputnik. Secondo la dichiarazione, la liberazione di Palmira mostra chiaramente che l’esercito siriano e i suoi alleati sono l’unica forza capace di contrastare l’Isis nella regione.

L’operazione militare che ha portato alla riconquista di Palmyra “è stata pianificata e condotta sotto la guida dei consiglieri militari russi”: lo ha affermato il capo del dipartimento generale operativo dello Stato maggiore russo, generale Serghiei Rudskoi. Secondo il generale, inoltre, “un contributo decisivo nella sconfitta dell’Isis vicino a Palmira è stato dato dall’aviazione russa e dalle forze per le operazioni speciali”.

Nei giorni scorsi però anche la Coalizione internazionale a guida statunitense aveva segnalato numerosi raid nel settore di Palmyra condotti per lo più da jet statunitensi che hanno decimato i mezzi pesanti che l’Isis aveva catturato a dicembre nella base dell’esercito siriano poco fuori la città.

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Nell’offensiva che ha portato alla riconquista di Palmyra i miliziani dell’Isis “hanno perso oltre 1.000 uomini tra morti e feriti ” nonché “19 carri armati, 37 veicoli corazzati, 98 pickup con armi pesanti e oltre 100 mezzi” ha precisato Rudskoi, secondo cui le truppe del governo di Damasco hanno avuto la meglio sui terroristi dell’Isis nonostante questi continuino a ricevere rinforzi da Mosul e Raqqah.

Il generale russo Piotr Miliukhin sarebbe rimasto ferito in Siria, vicino a Palmyra, dall’esplosione di una mina: lo scrive Fontanka.ru, secondo cui l’alto ufficiale avrebbe perso entrambe le gambe e un occhio e sarebbe stato trasportato all’ospedale militare Burdenko di Mosca.

“E’ da noi. Non abbiamo il diritto di dire nulla di più”, avrebbe fatto sapere una fonte dell’ospedale alla testata russa. Miliukhin è a capo del dipartimento d’addestramento militare dello stato maggiore del distretto militare della Russia occidentale ma la sua presenza in Siria nel settore di Palmyra potrebbe indicarne un ruolo di rilievo nella condotta delle operazioni tese a liberare la città.

Sul fronte settentrionale siriano l’esercito turco, che la settimana scorsa aveva strappato allo Stato islamico la località strategica di al Bab, a nord di Aleppo, ha annunciato di volere dirigersi ora ad est, insieme alle milizie ribelli filo-Ankara, verso Manbij, da dove vogliono scacciare le forze curdo-siriane che l’avevano tolta lo scorso anno al Califfato con l’appoggio degli Usa. Le milizie curde fanno infatti capo al Pyd, organizzazione legata al Pkk turco, nemico giurato del governo di Ankara.

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha detto che sono già avvenute alcune schermaglie tra le milizie siriane legate ad Ankara e le forze curde. Per cercare di fermare l’offensiva, le forze curdo-siriane hanno consegnato le loro posizioni a ovest di Manbij alle forze governative di Damasco.

Il Consiglio militare della città, dominato dai curdi, ha detto che la decisione è stata presa “in accordo con la Russia”.

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In precedenza, Damasco e Ankara avevano raggiunto un’intesa, sempre tramite la Russia, per non entrare in conflitto aperto e quindi l’ingresso in scena delle forze governative siriane dovrebbe fermare l’offensiva delle forze turche e le milizie siriane loro alleate.

Contemporaneamente, in Iraq, le milizie sciite che combattono al fianco dell’esercito di Baghdad hanno conquistato la prigione di Badush, a nord-ovest di Mosul, bloccando una importante via di rifornimento o di fuga per i jihadisti dell’Isis che difendono ancora i quartieri occidentali della città. In un comunicato, le milizie di Mobilitazione Popolare’ (Hashid Shaabi) affermano che l’operazione è stata condotta insieme con elementi della 26a Brigata e della 9a Divisione corazzata dell’esercito. Badush si trova su una importante arteria stradale tra Mosul e la cittadina di Tal Afar, una sessantina di chilometri a ovest in direzione della Siria, che è ancora nelle mani dello Stato islamico.

Foto RT, AFP e EPA

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