Le sanzioni USA al vero nemico dell’Isis

L’Iran ha condannato le sanzioni approvate da Washington contro il suo programma missilistico. Il portavoce del ministero degli Esteri, Bahram Ghasemi, ha dichiarato che “continueremo con la massima energia lo sviluppo del nostro programma missilistico.

Sanzioni che “prendono di mira componenti chiave del programma missilistico dell’Iran” evidenzia il ministero del Tesoro USA quattro giorni dopo l’incidente che nelle acque del Golfo ha visto la motovedetta americana USS Thunderbolt sparare colpi d’avvertimento in prossimità di un barchino dei pasdaran.

Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia hanno sollecitato l’Iran a cessare ogni attività balistica, dopo il test condotto tre giorni fa da Teheran con il lancio di missile per mettere in orbita satelliti, in base alla Risoluzione dell’ONU 2231 che vieta lo sviluppo di vettori in grado di portare testate nucleari.

Gli Stati Uniti ammettono però che l’Iran rispetta gli accordi firmati durante l’Amministrazione Obama sul programma nucleare, certezza non condivisa dai sauditi e soprattutto da Israele dove il premier Benjamin Netanyahu disse nel 2015 che l’Iran avrà comunque la bomba atomica al massimo entro dieci anni. Gerusalemme è consapevole che per la sua limitata estensione, lo Stato Ebraico può essere annientato anche da un solo ordigno nucleare a differenza del più vasto e meno densamente popolato Iran.

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Donald Trump ha dato concretezza alla rinnovata alleanza con Arabia Saudita e Israele accusando la potenza scita di minacciare la pace con il programma missilistico e di essere il principale sponsor del terrorismo islamico.

Nel mirino di Washington vi sono 18 enti, aziende e individui coinvolti nel programma balistico, che garantiscono aiuti al governo siriano o a Hezbollah, le milizie Houthi nello Yemen e Hamas (appoggiato anche dal Qatar che resta però alleato degli USA).

Sul fronte missilistico Teheran ha sviluppato vettori in grado di mettere in orbita satelliti o che possono colpire Arabia Saudita, Israele e andare anche molto più lontano. L’Iran non sembra disporre ancora di armi a lungo raggio comeil missile balistico intercontinentale (ICBM) Hwasong 14 nordcoreano testato due giorni or sono (oltre 10 mila chilometri di raggio d’azione) ma ha sempre definito non negoziabile il suo arsenale missilistico, considerato il deterrente contro le armi atomiche israeliane.

L’Iran è infatti in grado di minacciare il piccolo Stato ebraico con centinaia di missili balistici dotati di armi chimiche (che per la stessa ragione vennero adottate anche dalla Siria di Bashar Assad).

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Imporre il disarmo missilistico all’Iran sembra però solo il pretesto con cui Washington mantiene alta la tensione nel Golfo, tenuto conto che anche i sauditi dispongono di missili balistici cinesi (DF-3 con almeno 3.000 chilometri di gittata, secondo alcune fonti sostituiti con più moderni e precisi DF-21 con circa 2mila chilometri di raggio d’azione)  potenzialmente equipaggiabili con le testate atomiche pakistane che Islamabad ha potuto costruire solo grazie ai petrodollari di Riad.

Difficile spiegare a Teheran perchè atomiche e missili balistici di Israele o i vettori balistici sauditi non siano ugualmente oggetto di sanzioni. Inoltre, se è vero che il regime iraniano è islamista, è altrettanto vero che almeno in quel paese si è appena votato, a differenza di quanto accade nelle monarchie arabe, assolute e non meno islamiste.

Tutta da ridere poi l’accusa a Teheran di sostenere il terrorismo islamico. E’ dagli anni ’80, in Libano, che non si vede un terrorista scita mentre quelli che devastano il Medio Oriente e l’Europa sono tutti sunniti e legati a movimenti che hanno ampi appoggi sulla sponda araba del Golfo Persico, tra le monarchie sunnite “alleate” dell’Occidente e degli Usa

Nell’agosto 2014 furono tre reggimenti di pasdaran iraniani, non i marines, a impedire allo Stato Islamico di prendere Baghdad. Certo Hezbollah è una milizia nemica di Israele appoggiata dall’Iran ma, specie in Europa, dovremmo apprezzarne l’operato in Siria dove, combattendo a fianco delle truppe di Assad e a prezzo di severe perdite, i combattenti sciti hanno ucciso migliaia di uomini dell’Isis inclusi molti “foreign fighters” che sarebbero rientrati in Europa a certo non per redimersi

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Da Obama a Trump la strategia di Washington in Medio Oriente resta improntata alla destabilizzazione: il primo ha favorito il dialogo con Teheran sul nucleare facendo arrabbiare (e riarmare nrgli USA) i sunniti, il secondo al contrario rinsalda i rapporti con gli arabi (armandoli ulteriormente con armi americane) innervosendo l’Iran.

Un conflitto tra Riad e Teheran, cioè uno scontro a tutto campo tra sciti e sunniti, provocherebbe la devastazione dei campi petroliferi e bloccherebbe l’export di greggio da tutta la regione. Un contesto disastroso per molte economie (inclusa quella europea) ma che gonfierebbe le quotazioni del petrolio a vantaggio dello “shale” statunitense grazie al quale gli USA sono già autosufficienti sul piano energetico e potrebbero divenire nel 2020 i più grandi esportatori mondiali di energia.

Come le rinnovate sanzioni alla Russia, anche quelle all’Iran rappresentano un autogol per un’Europa che ormai ha ben pochi interessi condivisi con gli Stati Uniti. Dovrebbe tenerlo presente l’Alta rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, che si recherà a Teheran il 5 agosto per l’insediamento del presidente rieletto Hassan Rohani e discutere dell’applicazione dell’accordo sul nucleare.

da Libero Quotidiano del 30 luglio 2017

Foto: Irna, AP, Ministero Difesa Iraniano

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.

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