Germania: il paese dall’integralismo islamico rampante
da Nu0va Bussola Quotidiana del 14 maggio
Karl Lagerfeld, la leggenda della moda internazionale, lo stilista e fotografo dalla lunga chioma bianca, ha attirato in questi giorni l’attenzione della stampa anche italiana, ma non per una nuova collezione troppo eccentrica.
Piuttosto, il signor Lagerfeld che fino a non troppo tempo fa si diceva “un crauto nel cuore”, un tedesco fino al midollo e orgoglioso di esserlo, ha rotto le righe, indispettito i benpensanti e minacciato di stracciare il passaporto e rinunciare alla cittadinanza tedesca. Perché?
“Era proprio necessario accogliere un milione di profughi? La Francia che si considera la patria dei diritti umani ne ha accolti 30mila”. Si è sbottonato così il collo inamidato rilasciando un’intervista al settimanale Le Point. D’altronde che la situazione sia grave e seria, a casa Merkel, non è cosa nuova. È una rapida rassegna stampa delle ultime settimane a mettere a fuoco i dettagli nascosti dell’affresco della Germania di oggi.
Il servizio di intelligence nazionale della Germania (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV) ha riferito che il numero di salafiti nel paese è raddoppiato in soli cinque anni: erano 5.500 nel 2013, oggi sono 11.000.
Il movimento salafita – scuola di pensiero dell’islam sunnita – meglio noto per l’ostilità nei confronti dell’Occidente non-musulmano, si sta impegnando da tempo nell’obiettivo di sostituire la legge tedesca con la sharia. E sono diversi i risultati collezionati. Alla sua prima intervista come nuovo capo dell’influente sindacato della polizia della Renania Settentrionale – Vestfalia, Michael Mertens ha dovuto ammettere una triste verità.
“Ci sono zone considerate di off-limits nella NRW?”, ha domandato un’audace cronista. “Ci sono aree in cui la polizia non va da sola, ma solo con il supporto di grandi squadre, aree che sono ora presenti in quasi tutte le città dell’NRW.
Dobbiamo mostrare una presenza chiara della polizia e chiarire che tutti coloro che vivono in questo paese devono rispettare la legge tedesca” e non la sharia, è stata la risposta, tra i denti, di Mertens. E per chi non lo sapesse, parliamo del più popoloso dei sedici Länder tedeschi.
Ancora il Bundesamt für Verfassungsschutz ha dichiarato solo un mese fa che sono oltre mille gli islamici della Germania che si sono recati in Siria e in Iraq per andare a combattere con lo stato islamico o altri gruppi jihadisti. Erano 960 alla fine di dicembre.
E se Stephan Mayer, sottosegretario degli interni, ha dichiarato di aspettarsi in tempi brevi l’approvazione di una nuova legge capace di negare almeno il passaporto ai jihadisti con doppia cittadinanza, è direttamente il ministero dell’Interno a riportare che solo dieci degli oltre 750 ‘gefährer islamici’ – persone potenzialmente pericolose – che risiedono in Germania sono stati espulse nell’ultimo anno.
Intanto le autorità tedesche hanno avviato un giro di vite ai danni di clan di turchi, curdi e arabi impegnati in estorsione, sfruttamento e traffico di esseri umani, armi e droghe sempre nella Renania Settentrionale.
I clan tengono sotto scacco intere città che sono, ormai, senza legge. O almeno senza quella tedesca. Sono comunque le chiese tedesche i luoghi privilegiati dei ‘rifugiati’ illegali: sono 611 gli immigrati che da fine marzo alloggiano tra le panche all’ombra dei crocefissi, rendendo le stesse, però, poco ospitali per i fedeli. Sebbene, fa notare Focus, non esista niente di legale in questo genere di accoglienza.
E nel frattempo in lungo e in largo per il Paese si moltiplicano gli episodi di violenza firmati da uomini dal “fenotipo arabo”. Così scrive la stampa tedesca quando racconta di aggressioni sessuali. Come quella ai danni di quattro bambini tra gli 11 e i 12 anni in uno zoo di Magdeburgo.
È un nord-africano nato in Palestina il ventiquattrenne, invece, arrestato dopo aver violentato una donna di 46 anni in un parco di Berlino. Sohail, richiedente asilo ad Amburgo, ha confessato di aver tagliato la gola alla figlia di due anni con un coltello da cucina perché la madre della creatura si era rifiutata di portarla in Pakistan.
Ma è nelle scuole che ormai il clima di fa sempre più insopportabile. Il ministro per l’integrazione della Renania settentrionale-Vestfalia, Joachim Stamp, ha proposto il divieto di portare il velo a scuola per le ragazzine di età inferiore ai 14 anni visto il moltiplicarsi di preadolescenti con il capo velato. Il Der Tagesspiegel ha dato voce, poi, alle vittime di bullismo nelle scuole di Berlino.
“Sono al settimo anno di scuola superiore a Schöneberg, dove sono marginalizzato perché sono tedesco e mangio maiale, vengo maledetto in turco e arabo, e in tedesco sono insultato come figlio di puttana.
Spesso vengo picchiato e preso a calci: se mi avvicino troppo ad altri ragazzi, mi chiamano gay e mi prendono a calci, le ragazze della mia classe sono chiamate troie quando indossano magliette senza spalline. Il dipartimento di educazione e la scuola non mi aiutano”; è il genere di testimonianza in cui ci si può imbattere.
Uno studio condotto da Mediendienst Integration, un servizio di informazione incentrato sull’immigrazione, ha rilevato che la domanda di corsi di islam nelle scuole tedesche supera ormai di gran lunga l’offerta. Circa 54.000 studenti in 800 scuole hanno richiesto l’ora d’islam.
La Bild, invece, mette l’accento su un altro dato allarmante: dei 5,93 milioni dei beneficiari dell’indennità di disoccupazione in Germania, 2.03 milioni (34,3%) erano stranieri. Quasi la metà di questi (959.000) proviene da paesi non europei. I più numerosi sono i siriani (588.301), seguiti dai turchi (259.447).
Uno dei principali economisti tedeschi, Hans-Werner Sinn, ha avvertito che la crisi dei migranti potrebbe finire per costare ai contribuenti tedeschi più di un trilione di euro: “Il costo per il contribuente potrebbe anche essere più alto.
Fino ad oggi ci sono circa 1,5 milioni di migranti che sono venuti in Germania dal 2015. E no, non sono dentisti, avvocati e scienziati nucleari, ma immigrati per lo più sotto qualificati”.
Un rapporto dei cinque principali istituti economici tedeschi ha scoperto che, al fine di preservare l’attuale sistema di assistenza sociale, i tedeschi dovrebbero o lavorare fino a 70 anni o importare ogni anno 500.000 migranti. A incorniciare la Germania in olio su tela ci ha pensato direttamente la Merkel che ha ammesso l’epidemia di antisemitismo nel Paese.
In un’intervista rilasciata a Channel 10 News di Israele, la cancelliera ha dichiarato: “L’avere rifugiati o persone di origine araba sta significando un’altra forma di antisemitismo nel Paese”.
Foto: DPA, AFP, Getty Images e web
Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli
Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.