Chi usa e chi produce i sistemi di AI che ci sorvegliano?
Dando un’occhiata alla mappa, l’Italia colpisce immediatamente l’attenzione: è tutta colorata di rosso. Significa che il nostro Paese utilizza “sistemi di monitoraggio e sorveglianza basati sull’intelligenza artificiale” realizzati da aziende cinesi.
E non siamo i soli. Almeno secondo il report pubblicato da Carnegie Endowment for International Peace, un’organizzazione privata non profit impegnata a promuovere la pace e la cooperazione tra le nazioni.
Prima di proseguire, una nota importante: lo studio è stato realizzato utilizzando notizie sul tema presenti sulle fonti aperte e non con ispezioni sul campo.
Dei 176 paesi presi in considerazione, almeno 75 fanno uso dell’AI. Per supportare le smart city (le città dotate di sensori che trasmettono dati per migliorare la qualità della vita dei residenti attraverso servizi e infrastrutture più intelligenti), il riconoscimento facciale (anche come strumento di autenticazione), lo smart policing (l’impiego di tecnologie innovative per l’analisi dei dati a supporto delle attività di polizia), il monitoraggio di massa (leggasi come qualcosa di paragonabile allo spionaggio), e così via.
L’output della ricerca è un indice (AIGS – Artificial Intelligence Global Surveillance) che classifica ogni paese in base alla diffusione di tali sistemi e non sullo specifico obiettivo di impiego (legittimo o meno). Per la definizione dell’indice due elementi da considerare: il Paese utilizza di sistemi di questo tipo? Chi li produce?
Tra i tantissimi spunti di ragionamento stimolati dalla lettura del report:
- I paesi “meno democratici” hanno una (prevedibile) maggior predisposizione all’abuso di questi sistemi. Al contrario, se allarghiamo lo spettro anche a impieghi meno invasivi, la ricerca fa emergere che il 51% delle “democrazie avanzate” ne fa già uso.
- Se esaminiamo la classifica dei primi 50 paesi per spese militari, 40 di essi appaiono anche nella lista delle nazioni che impiegano questi sistemi. Una correlazione casuale? Forse no.
- La Cina ha raggiunto il suo scopo: 63 paesi su 75 si riforniscono da aziende cinesi, la cui espansione è stato certamente favorita da politiche commerciali molto aggressive. Gli USA inseguono a grande distanza (sono fornitori di soli 32 paesi su 75). Un ruolo importante, anche se statisticamente meno rilevante, è giocato da Francia, Germania, Israele e Giappone.
Il nostro Paese? Nonostante la presenza di aziende eccellenti in questo settore, l’Italia non appare nella lista delle nazioni che esportano questi sistemi. E forse non considera completamente le conseguenze di rifornirsi di queste tecnologie da produttori stranieri.
Come spesso capita nel settore ICT (fatto salvo qualche eccezione), le imprese italiane sembrerebbero brave a produrre, molto meno nel portare avanti efficaci strategie di marketing, anche a casa propria.
Eugenio Santagata, Andrea MelegariVedi tutti gli articoli
Eugenio Santagata: Laureato in giurisprudenza presso l'Università di Napoli e in Scienze Politiche all'Università di Torino, ha conseguito un MBA alla London Business School e una LL.M alla Hamline University Law School. Ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella a Napoli e l'Accademia Militare di Modena. Da ufficiale ha ricoperto ruoli militari operativi per poi entrare nel settore privato dando vita a diverse iniziative nel campo dell'hi-tech. E' stato CEO di CY4Gate e Vice Direttore Generale di Elettronica. Dall’aprile 2021 è CEO di Telsy. --- Andrea Melegari: Laureato in Informatica all'Università di Modena, è specializzato in tecnologia semantica a supporto dell'intelligence. Ha insegnato per oltre 10 anni all'Accademia Militare di Modena ed è Senior Executive Vice President, Defense, Intelligence & Security di Expert System. E' stato Chief Marketing & Innovation Officer di CY4Gate e membro del CdA di Expert System, CY4Gate e Expert System USA. Dal luglio 2021 è manager di Fincantieri Next Tech.