La morte di al-Baghdadi per mano americana non è necessariamente una bella notizia

Il Califfo è stato “neutralizzato” e Trump ha chiosato felice : “Il mondo ora è un posto più sicuro”. Ma è proprio così?

Difficile credere che Trump abbia contribuito alla sicurezza mondiale “neutralizzando” il barbuto Califfo, così come non lo aveva fatto Barack Obama con l’eliminazione (anche in quel caso con la sparizione del corpo) di Osama Bin Laden.

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Lasciando da parte i molti dubbi che si possono avere in questo caso (come in quello di Osama Bin Laden) in merito alla reale dinamica degli eventi che ovviamente non può essere resa integralmente pubblica, appare chiaro che il progetto di al-Baghdadi era ormai fallito.

L’idea di abbinare al terrorismo internazionale la conquista di vaste aree di territorio sulle quali imporre la sharia ed il proprio dominio, ambizioso progetto avviato nel 2013, aveva già mostrato le sue criticità. Il controllo territoriale che l’IS era riuscito ad imporre su vaste e porzioni di Siria e Iraq, si era ormai ridotto a lumicino ed era destinato a scomparire con o senza l’eliminazione dell’auto proclamato Califfo.

Non c’era più bisogno di intervenire con le forze speciali americane.

Fornendo adeguato supporto a forze arabe locali, il Califfo avrebbe potuto essere preso anche da soldati o miliziani di religione islamica.

e lo avessero eliminato altri islamici, non si sarebbero poste le basi per farne un “martire” dell’Occidente infedele. Peraltro è chiaro che una simile scelta, che avrebbe forse pagato nel lungo periodo in termini di sicurezza internazionale, non avrebbe fornito dividendi domestici immediati all’inquilino della Casa Bianca!

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Anche la cattura di al-Baghdadi vivo (ammesso che rientrasse tra le opzioni della Delta Force) ed un suo successivo processo avrebbe evitato di farne un “martire” e avrebbe potuto mettere in mostra le tante debolezze del “Califfo” compromettendone figura e carisma.

Invece al-Baghdadi è diventato un “martire” e la sua immagine, per gli estremisti islamici di oggi e di domani, non potrà più essere scalfita. Bel risultato!

Molti analisti temono che ora si scatenerà la guerra di successione, con diversai aspiranti leader che sgomiteranno per prendere lo scettro che fu dell’uomo di Samarra, soprattutto se, come riportato, è stato eliminato a Jarabulus anche il suo ”presunto” braccio destro, Abu Hassan al-Muhajir.

Gli aspiranti saranno tanti (non solo il più noto Abdullah Qardash) e tutti, indistintamente, tenteranno di mettersi in mostra organizzando attentati e attacchi il più spettacolare e il più sanguinoso possibile.

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Non si può neppure escludere una fusione di ciò che resta del network terroristico dell’ISIS con quello di al-Qaeda, cosa che finchè al-Baghdadi era vivo non avrebbe potuto accadere considerata la bellicosa rivalità manifestatasi tra i due movimenti in Siria.

Una ulteriore preoccupazione riguarda il ritorno dei foreign fighters.

E’ inevitabile che quelli che furono i “soldati” dell’ISIS non possano più restare nelle zone che hanno per anni terrorizzato.  Però occorreva evitare che potessero rientrare nei paesi di origine dove costituirebbero una grave minaccia. Ciò avrebbe richiesto un’accurata pianificazione e la stretta cooperazione in proposito tra USA, Russia, UE, Turchia, Iraq, Siria e milizie curde.

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La consegna dei jihadisti catturati ai governi iracheno e siriano (a seconda dell’area di cattura) affinché venissero giudicati (e possibilmente sentenziati a morte) da tribunali locali sarebbe stata per l’Europa la soluzione più comoda.

Peraltro, avrebbe comportato attribuire a tali governi una legittimità che non gli si vuole riconoscere (soprattutto ad Assad) e fornirgli adeguate contropartite per aver fatto (al nostro posto) il “lavoro sporco”.

Sarebbe stato poco realistico per l’Europa accettare una simile soluzione (anche se molti jihadisti francesi sono stati processati e giustiziati in Iraq), ma non sono state cercate per tempo neppure altre soluzioni.

Con la morte del “capo” e il caos che ne seguirà, migliaia di jihadisti (europei o meno, catturati o ancora in libertà) e le loro famiglie potrebbero cercare di raggiungere l’Europa sfruttando i canali dell’immigrazione clandestina.

 

Antonio Li GobbiVedi tutti gli articoli

Nato nel '54 a Milano da una famiglia di tradizioni militari, entra nel '69 alla "Nunziatella" a Napoli. Ufficiale del genio guastatori ha partecipato a missioni ONU in Siria e Israele e NATO in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, in veste di sottocapo di Stato Maggiore Operativo di ISAF a Kabul. E' stato Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) e, in ambito NATO, Capo J3 (operazioni interforze) del Centro Operativo di SHAPE e Direttore delle Operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale della NATO a Bruxelles. Ha frequentato il Royal Military College of Science britannico e si è laureato con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Trieste.

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