È davvero questo l’internet che vogliamo?
Quali contenuti social vanno rimossi, e quali invece devono essere considerati libertà di espressione? È questo il grande tema che storicamente caratterizza il dibattito sui social media e che in questa riflessione si vorrebbe affrontare da un punto di vista diverso, cioè evitando di parlare di fake news, propaganda, disinformazione, ecc.
Si crede invece più stimolante analizzarlo prendendo come spunto un (probabile/possibile) cambio di paradigma delle policy di Facebook e, quindi, probabilmente a cascata, di un nuovo disciplinare di condotta degli altri social network.
Nella sua prima fase di vita, Facebook ha applicato una politica di censura molto blanda, giustificando la pubblicazione di post (anche quelli decisamente inappropriati), in base al principio della libertà di espressione.
Una libertà di parola che Zuckerberg ha difeso in questi anni strenuamente ribadendo in ogni occasione come Facebook sia costantemente al lavoro per trovare il “giusto equilibrio” fra trasparenza, lotta ai contenuti inappropriati e discutibili e bisogno di proteggere uno dei principali diritti enunciati nel primo emendamento della Costituzione americana.
Un principio che Zuckerberg ha difeso anche a metà ottobre, in un discorso agli studenti della Georgetown University di Washington: “Non credo che la maggior parte delle persone voglia vivere in un mondo in cui è possibile pubblicare solo cose che le aziende tecnologiche ritengono vere al 100%. ”
Una dichiarazione piuttosto chiara, in linea con la storica policy aziendale, che punta a ribadire una rinnovata attenzione tra la libertà di parola e rendere Facebook sempre più sicuro.
Un sogno utopico, visto che l’enorme sforzo di moderare i contenuti pubblicati, come abbiamo ricordato recentemente, non sta dando i frutti sperati.
Contrastare un troll (cioè un utente che interagisce con gli altri utenti con fini provocatori) non è cosa da poco. Figurarsi se i troll sono rappresentati da migliaia di professionisti che dialogano con 2,5 miliardi di utenti Facebook (rilevazione degli utenti attivi di ottobre 2019), o si nascondono dietro 83 milioni di profili fake (fonte CNN, ottobre 2019).
Un’ultima statistica a completare il quadro della complessità: nel solo primo trimestre 2019 Facebook ha dichiarato di aver censurato oltre 70 milioni di “contenuti sgradevoli”.
Come già ribadito in altre occasioni, si tratta di problemi molto difficoltosi e delicati: in generale, non è ancora del tutto chiara alcuna strategia di efficace soluzione.
Oltre alle questioni tecniche e procedurali, emergono però tanti altri problemi, ugualmente contorti. Che livello di rischio vogliamo correre, cioè quanti errori siamo disponibili a commettere per garantire una maggiore libertà di espressione Quanto potere di censura (o non censura) pensiamo di potere ancora delegare ai social network? … In definitiva ” È davvero questo l’internet che vogliamo ?”
Foto: Le VPN, Consiglio Europeo e AP
Eugenio Santagata, Andrea MelegariVedi tutti gli articoli
Eugenio Santagata: Laureato in giurisprudenza presso l'Università di Napoli e in Scienze Politiche all'Università di Torino, ha conseguito un MBA alla London Business School e una LL.M alla Hamline University Law School. Ha frequentato la Scuola Militare Nunziatella a Napoli e l'Accademia Militare di Modena. Da ufficiale ha ricoperto ruoli militari operativi per poi entrare nel settore privato dando vita a diverse iniziative nel campo dell'hi-tech. E' stato CEO di CY4Gate e Vice Direttore Generale di Elettronica. Dall’aprile 2021 è CEO di Telsy. --- Andrea Melegari: Laureato in Informatica all'Università di Modena, è specializzato in tecnologia semantica a supporto dell'intelligence. Ha insegnato per oltre 10 anni all'Accademia Militare di Modena ed è Senior Executive Vice President, Defense, Intelligence & Security di Expert System. E' stato Chief Marketing & Innovation Officer di CY4Gate e membro del CdA di Expert System, CY4Gate e Expert System USA. Dal luglio 2021 è manager di Fincantieri Next Tech.