Misurata mobilita: verso l’escalation del conflitto libico?
Rapida escalation del conflitto che si combatte da otto mesi intorno a Tripoli, dove oggi è atteso il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio. Dopo il memorandum sulla difesa e i confini marittimi siglato a fine novembre dal Governo di accordo nazionale (GNA) di Fayez al-Sarraj e la Turchia, il premier di Tripoli si è recato il 15 dicembre al Palazzo Dolmabahce di Istanbul per incontrare di nuovo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e in precedenza era stato a Doha (Qatar).
Le forze della Tripolitania sembrano serrare i ranghi e Misurata, la “Sparta della Tripolitania”, ha annunciato la mobilitazione generale di tutte le sue milizie con la dichiarazione dello “stato d’emergenza generale” e la volontà di mobilitare “tutte le proprie capacità e il peso della città” per “sradicare il totalitarismo”, cioè l’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar.
Finora le milizie di Misurata, che da aprile hanno protetto Tripoli dalle offensive dell’LNA, sostengono di aver messo in campo solo un quinto delle forze militari disponibili.
Il maggiore peso militare di Ankara dopo gli accordi turco-libici e il rinnovato supporto finanziario del Qatar sembrano aver indotto tutte le milizie misuratine a scendere in campo per respingere la rinnovata offensiva dell’LNA appoggiato da egiziani, emiratini, contractors russi e di altre nazionalità oltre che da un migliaio di mercenari sudanesi.
Misurata ha annunciato anche la “formazione di un’unità di crisi” invitando il Consiglio presidenziale di cui è capo al-Sarraj a “sfruttare tutte le proprie capacità per risolvere l’ultimo combattimento”.
“La nostra città è determinata a continuare a fornire tutta l’assistenza possibile per porre fine a questi combattimenti”, si afferma ancora. Misurata chiede inoltre a tutte le città libiche di assumere una posizione chiara fra Haftar e Sarraj.
Quanto si tratti di reale escalation della battaglia per la capitale o solo di annunci propagandistici che bilanciano gli appelli alla battaglia finale per Tripoli pronunciati da Haftar lo si comprenderà meglio solo nei prossimi giorni.
Secondo le stime dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) di Milano sarebbero circa 7.500 gli uomini mobilitati da Misurata
affiancati dalle milizie di Zintan (4.500 combattenti) e di Tripoli (4.500, di cui 1.500 della Milizia Rada, 1.300 delle Brigate rivoluzionarie, 800 della Brigata Abu Salim, 700 della Brigata Nawasi e 200 di altre formazioni) per un totale di 16.500 effettivi. Haftar invece disporrebbe di 7.000 uomini dell’Esercito nazionale libico e 18.000 milizie ausiliarie composte da ribelli di Ciad e Sudan, ex-milizie pro-Gheddafi, unità tribali arabe e altre formazioni.
Il governo di Tripoli, ha reso noto di temere la “minaccia” di intervento egiziano in Libia dopo che il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, in una dichiarazione pubblicata, ha definito il GNA “ostaggio di formazioni armate e terroriste”.
Come ha riportato il sito arabo della CNN, Sisi aveva aggiunto che “saremmo dovuti intervenire direttamente in Libia e siamo in grado di farlo ma non l’abbiamo fatto perché il popolo libico non dimenticherebbe mai qualsiasi intervento esterno diretto nella sicurezza”.
Il Consiglio del GNA afferma di comprendere “il diritto dello Stato egiziano” alla “sicurezza nazionale ma non accetta alcuna minaccia alla propria sovranità” e “invita le autorità egiziane a rivedere le proprie posizioni circa la crisi libica e a giocare un ruolo positivo che rifletta la profondità delle relazioni storiche fra i due Paesi fratelli” ma non è certo un caso che domenica l’ambasciata di Tripoli al Cairo abbia chiuso i battenti per “ragioni di sicurezza”.
A completare il quadro contribuisce quanto accaduto ieri ad Ankara dove la commissione Esteri del Parlamento ha approvato il memorandum d’intesa siglato a fine novembre dal presidente Recep Tayyip Erdogan con il premier del GNA sulla “cooperazione militare e di sicurezza”, che apre la strada a un possibile dispiegamento di personale e mezzi militari di Ankara a sostegno di Tripoli.
Il testo passerà ora all’ esame della Grande assemblea nazionale in seduta plenaria, dove verrà votato nei prossimi giorni. Un altro memorandum d’intesa che stabiliva la demarcazione dei confini marittimi tra i due Paesi, firmato nella stessa occasione, è già stato approvato dal Parlamento di Ankara, nonostante la forte opposizione degli altri Stati della regione, tra cui Grecia, Cipro ed Egitto, che lo ritengono illegittimo.
Quanto la guerra libica sia sempre legata alla profonda crisi in atto nel Mediterraneo Orientale sui confini marittimi delle Zone Economi che Esclusive lo si evince anche dal rischieramento di un drone turco armato BayraktarTB2 all’aeroporto di Gecitakle nella regione di Famagosta, nella Cipro del Nord.
E’ il primo velivolo senza pilota turco che atterra nello scalo dopo che le autorità turco-cipriote, sostenute da Ankara le cui truppe occupano il Nord dell’isola, hanno dato il loro consenso allo spiegamento. I militari turchi schierano lo stesso tipo di UAS anche in Libia dove partecipano alle incursioni contro le forze di Haftar che nei giorni scorsi hanno abbattuto un Bayraktar TB2.
Foto: Libya Observer e Twitter
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