La Ue lega le mani all’operazione Irini “affondata” dalla flotta turca
L’operazione navale europea Eunavfor Med Irini, che dovrebbe far rispettare l’embargo sulle forniture di armi alla Libia, è attiva concretamente da circa un mese con una sola nave (prima una fregata francese, poi una greca e presto arriverà anche una nave italiana) ma la sua credibilità è già ridotta al lumicino e rischia di coprire di ridicolo l’Unione Europea e la sua politica estera e di sicurezza.
A smontare il castello di carte su cui da mesi l’alto commissario Josep Borrel ha imbastito il fulcro della missione impostata a gennaio alla Conferenza di Berlino sulla Libia, hanno provveduto ieri le dichiarazioni del portavoce della Commissione europea, Peter Stano, che ha rivelato le surreali regole d’ingaggio attribuite a Irini, che in un mese di attività a già battuto il record di inutilità di Sophia, l’operazione navale Ue conclusasi a fine marzo e che avrebbe dovuto contrastare i traffici di immigrati illegali.
Commentando l’arrivo nel porto di Misurata del mercantile Cirkin (nella foto sopra), battente bandiera tanzaniana, carica di armi e munizioni per le milizie del Governo di accordo nazionale (GNA) di Tripoli e scortata da tre fregate turche, Stano ha di fatto ammesso l’impossibilità da parte della operazione Eunavfor Med Irini di ispezionare in alto mare le navi davanti alle coste libiche che non accettino l’ispezione.
Stano ha ricordato che, dall’inizio del suo mandato, a inizio aprile, “l’operazione ha ispezionato oltre 75 navi nell’area” delle operazioni ma “quando lrini ha voluto verificare il carico della Cirkin la risposta non è stata positiva”, quindi non è stato possibile effettuare la verifica.
Secondo il portavoce quindi le navi militari di Irini possono chiedere ai mercantili sospetti di farsi ispezionare ma se questi declinano l’invito l’operazione navale Ue non può effettuare abbordaggi né imporre ispezioni.
Pare di comprendere quindi che, in questo contesto, le navi che non hanno nulla da nascondere accettano naturalmente di venire ispezionate mentre a quelle che violano l’embargo, come la Cirkin (che aveva già sbarcato il 28 maggio a Misurata carri armati turchi M-60 (nella foto a lato), basta rispondere negativamente alla richiesta di ispezione delle navi Ue per poter continuare tranquillamente sulla propria rotta.
“Ora siamo in fase di verifica delle informazioni e delle ragioni di questo comportamento” ha aggiunto Stano mostrando quasi stupore per il rifiuto della Cirkin a farsi ispezionare. Il 7 giugno la nave cargo era salpata dal porto turco di Haydarpasa, in direzione della Libia e in base ai dati del portale di tracciamento navale “Marine Traffic” si trova attualmente nel porto di Misurata.
La nave è stata individuata il 10 giugno durante la sua rotta dalla fregata greca Spetsai (nella foto sotto), al momento unica unità navale assegnata all’operazione Irini il cui organico comprende anche tre aerei da pattugliamento: un PC3 Orion tedesco, un 28B1R Antonov Bryza polacco e un SW3 Merlin III lussemburghese.
La Spetsai avrebbe inviato un segnale di avvertimento al mercantile monitorandone il percorso ma non ha potuto inviare a bordo un “boarding team” per ispezionarne il carico poiché, come ha spiegato il portavoce Stano rispondendo alle domande dei giornalisti, le navi di Irini possono abbordare e ispezionare le imbarcazioni sospette solo con il consenso delle stesse imbarcazioni.
“In caso di mancato consenso a salire a bordo, l’unica cosa che si può fare è contattare il panel di esperti” ha detto il portavoce Ue spiegando che in simili circostanze il comando di Irini di Roma deve “informare” un comitato delle Nazioni Unite.
Difficile comprendere il ruolo di questo fantomatico panel ma sembra evidente che non potrà offrire un contributo significativo a imporre il rispetto dell’embargo sulle armi alla Libia. Di certo appare chiaro che dotare Irini di fregate lanciamissili non ha alcun senso con simili regole.
Secondo quanto riferito dal portavoce della Commissione Europea, l’operazione Ue non ha quindi nessuno strumento né per imporre né per verificare il rispetto dell’embargo: un contesto in cui l’Unione Europea e le sue forze militari vengono quindi umiliate dalla Marina Turca che scorta i mercantili come il Cirkin che violano l’embargo a vantaggio di Tripoli, così come accadrebbe anche in caso di mercantili carichi di armi diretti nei porti della Cirenaica controllati dalle forze del generale Khalifa Haftar.
Eppure nei giorni scorsi l’ammiraglio Fabio Agostini, alla testa di Irini, aveva specificato in un’intervista all’agenzia di stampa Nova, che la missione europea è dotata di “regole di ingaggio e procedure adeguate a fronteggiare situazioni in cui siano presenti unità militari di paesi terzi”.
Agostini aveva sottolineato che “la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2292 (2016) autorizza gli Stati Membri, che agiscono a livello nazionale o attraverso organizzazioni regionali, ad ispezionare in alto mar le navi destinate o provenienti dalla Libia, quando si hanno ragionevoli motivi per ritenere che siano coinvolte, direttamente o indirettamente, in un traffico illecito di armi, in violazione delle pertinenti risoluzioni dell’Onu”
Evidenti le differenze tra quanto dichiarato dal portavoce Stano (nella foto sopra) e dall’ammiraglio Agostini anche se di fatto la fregata greca Spetsai non ha imposto con la forza l’ispezione al mercantile Cirkin nè ha sfidato le navi militari turche che lo scortavano.
Oggi fonti della Ue citate da organi di stampa hanno ammesso che tre navi da guerra turche hanno impedito che la fregata della Marina Greca controllasse il cargo battente bandiera della Tanzania.
Una fonte citata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung ha rivelato che le navi turche hanno posto “sotto la loro protezione il mercantile minacciando di ricorrere all’impiego della forza” per impedire che venisse ispezionato. In seguito alle minacce turche, “il comando dell’operazione ha ritirato l’ordine di ispezionare il mercantile” mentre fonti diplomatiche sostengono che “non si tratta del primo incidente di questo genere dall’avvio di Irini”.
Ricordiamo che l’Operazione Irini ha come compito compito principale “l’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi attraverso l’uso di assetti aerei, satellitari e marittimi” aveva precisato il comando della missione aggiungendo che “in particolare, la missione sarà in grado di ispezionare le navi in alto mare, al largo delle coste libiche, sospettate di trasportare armi o materiale correlato da e verso la Libia conformemente alla Risoluzione n° 2292 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
Appare evidente che senza la possibilità di impiegare anche la forza militare per effettuare controlli ai mercantili sospetti, Irini è destinata a confermare la sua inutilità rinnovando l’antico adagio che vuole l’Europa “verme militare” e ridicolizzando il ruolo e la professionalità delle forze militari che vi partecipano.
Soprattutto le nostre considerato che l’Italia ricopre attualmente entrambi i vertici dell’operazione europea: il comando a Roma con l’ammiraglio Agostini e quello delle forze in mare con il contrammiraglio Ettore Socci.
L’impegno nazionale nell’Operazione Irimi, in base al recente “Decreto Missioni”, includerà una nave e tre velivoli per un totale di 517 militari con una spesa prevista per gli 8 mesi di attività quest’anno (da aprile a dicembre) di 21,3 milioni.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.