La diga etiope GERD e la “guerra per l’acqua” con l’Egitto

Dopo la nomina, nel 2018, del primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed Ali, che ha promosso la riappacificazione con l’Eritrea ponendo fine a vent’anni di guerra tra le due ex colonie italiane (conflitto armato dal 1998 – 2000 e poi il conflitto di frontiera tra i due paesi), il paese si trova nel bel mezzo di un’importante transizione politica e sociale, con impatti importanti ma incerti per la sua economia e la sua sicurezza, in una regione tra le più instabili al mondo.

Oltre alla ormai nota vicenda della diga GERD (Grand Ethiopian Renaissance Dam), il paese si trova ad affrontare anche problemi legati a tensioni di natura etnica.

Recentemente, il fattore scatenante sarebbe stato l’uccisione del musicista Hachalu Hundessa, avvenuta il 29 giugno, membro del gruppo etnico Oromo che costituisce circa il 35% della popolazione etiope. La vittima era nota per le sue canzoni politiche e aveva un grande seguito tra i giovani del gruppo Oromo.

Più di 230 persone sono morte a causa delle violenze che hanno seguito l’uccisione di Hundessa, e risulterebbero almeno 10.000 gli sfollati.

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Il 22 luglio 2020, l’Unione Africana (UA) ha tenuto un mini-vertice virtuale per discutere della controversa mega-diga che l’Etiopia sta costruendo sul Nilo Azzurro. L’incontro virtuale è stato ospitato dal presidente dell’UA e dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e ha visto la partecipazione dei leader di Etiopia, Egitto e Sudan.

Il presidente della Commissione Africana, Moussa Faki Mahamat, ha ritenuto “assolutamente necessario” che “si raggiungesse un accordo che preservasse l’interesse di tutte le parti” poiché “il Nilo è la fonte di vita e di sviluppo dei tre paesi e dovrebbe rimanere una fonte di pace”. Da parte sua, Cyril Ramaphosa ha affermato, attraverso lo stesso canale, che “i negoziati trilaterali sono ancora sulla buona strada” e ha ringraziato i paesi rivieraschi per il loro “impegno a trovare soluzioni africane ai problemi africani”.

“Etiopia, Egitto e Sudan hanno concordato di continuare le loro discussioni tecniche sul riempimento (della diga) per continuare il processo guidato dalla UA e procedere a un accordo completo”, ha dichiarato la nota ufficiale etiope, che ha anche messo in evidenza come le recenti piogge nella regione “hanno contribuito riempire la diga”, uno dei principali punti di disputa tra l’Etiopia e le altre due nazioni, che temono una drastica riduzione del loro accesso all’acqua del Nilo. Il governo etiope ha già completato il primo anno di riempimento della grande diga.

Il Primo Ministro etiope ha affermato che “l’Etiopia è impegnata in una negoziazione equilibrata e reciprocamente vantaggiosa nelle trattative relative alle operazioni di riempimento della diga”. “È diventato evidente durante le ultime due settimane della stagione delle piogge che il primo anno di riempimento della diga è stato raggiunto”.

Le immagini satellitari della diga etiope hanno mostrato il suo serbatoio pieno proprio mentre il Sudan dichiarava di aver registrato un calo del livello dell’acqua del Nilo Azzurro.

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La Grand Ethiopian Renaissance Dam dal costo di 4,5 miliardi di dollari – una volta completata sarà la più grande centrale idroelettrica dell’Africa, con un bacino idrico enorme – è diventato un tormento nazionale per entrambi i paesi, alimentando patriottismo, paure profonde e persino voci di guerra.

Il Nilo, il fiume più lungo del mondo, attraversa 11 paesi percorrendo 4.000 miglia, dai fiumi equatoriali che alimentano il Lago Vittoria fino alla sua foce finale nel Mar Mediterraneo. L’Egitto, paese prevalentemente desertico, di 100 milioni di abitanti, fa affidamento sul fiume per il 90 per cento del suo fabbisogno di acqua dolce. Per millenni, gli egiziani sono stati i padroni incontrastati del Nilo, attingendo al fiume per costruire antichi imperi e repubbliche moderne. Il Nilo attraversa i confini di Uganda, Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Sudan, Egitto, Etiopia, Burundi, Ruanda e Kenya.

Nel 1970, il leader egiziano post-indipendenza, Gamal Abdel Nasser, supervisionò il completamento della diga di Assuan, 169 miliardi di metri cubi (BCM), che permise di regolare i flussi stagionali del Nilo trasformando l’agricoltura egiziana. L’Egitto teme che una diga a monte del Nilo azzurro, che contribuisce per circa il 60 percento al flusso del Nilo, potrebbe ridurre l’approvvigionamento idrico e la produzione di energia ad Assuan.

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L’Etiopia, paese dell’Africa orientale di 112 milioni di abitanti, contribuisce alle acque del Nilo per circa l’84 per cento, con i suoi tre affluenti – Nilo AzzurroSobatAtbara.

Con un’economia in crescita ma altrimenti povera di risorse, l’Etiopia è desiderosa di sviluppare il suo vasto potenziale di produzione di energia idroelettrica per diventare un hub regionale delle esportazioni di energia elettrica.

Per gli etiopi, la diga è un simbolo delle loro ambizioni: un megaprogetto destinato ad essere il più grande impianto idroelettrico dell’Africa con i suoi 6000 MW  6 di potenza installata, con un potenziale per illuminare milioni di case, guadagnare miliardi dalle vendite di elettricità ai paesi vicini e confermare l’Etiopia come ascendente potenza africana.

L’accordo più rilevante sulle acque del Nilo è quello del 1959 tra il Sudan e l’Egitto. L’accordo ha permesso di condividere l’intero flusso medio annuo del Nilo tra il Sudan e l’Egitto. A difesa dell’accordo, Il Cairo ha sostenuto che i paesi africani beneficiano di piogge favorevoli e quindi stanno meglio dell’Egitto. L’argomento ha suggerito che i paesi africani sul Nilo dovrebbero costruire dighe che potrebbero trarre il massimo beneficio dalle piogge. Gli africani hanno ribattuto che i cambiamenti climatici hanno provocato modelli meteorologici insoliti e imprevedibili.

La costruzione della diga è iniziata nel 2011 sul Nilo Azzurro, sugli altopiani dell’Etiopia settentrionale (a circa 20 chilometri dal confine con il Sudan) dove scorre l’85% delle acque che affluiscono al Nilo. La mega diga sta causando un contrasto tra Egitto ed Etiopia e con il Sudan che si trova tra i due paesi e che proprio nella capitale Khartoum vede unirsi il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro.

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Se la diga in Etiopia si riempie troppo in fretta, potrebbe ridurre drasticamente il loro approvvigionamento idrico causando danni rilevanti soprattutto all’agricoltura con forti ricadute sulla stabilità sociale. Il novantacinque percento degli egiziani vive lungo il Nilo o nella zona del delta, e il fiume fornisce quasi tutta la loro acqua.

Gli etiopi avrebbero iniziato a riempire la diga durante la stagione delle piogge, tuttavia, resta da vedere come reagiranno gli egiziani e i sudanesi se il flusso del Nilo dovesse risentirne. Ciò che complica ulteriormente le cose sia per il Sudan che per l’Egitto, è che anche altri paesi che sorgono lungo il Nilo, starebbero cercando di costruire dighe per i loro bisogni energetici. Come l’Uganda che ha in progetto una centrale idroelettrica da 1,4 miliardi di dollari sul Nilo.

 

Aspetti militari

Dal punto di vista militare Egitto ed Etiopia non hanno confini comuni e l’Etiopia non ha sbocco al mare: quindi non esiste l’ipotesi di uno scontro terrestre, navale o anfibio. Secondo il Global Fire Power l’Egitto si troverebbe al nono posto su 138 paesi in termini di forza militare, mentre l’Etiopia solo alla 60^ posizione.

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La stampa egiziana riporta che l’Aeronautica possiede 1.054 velivoli militari tra cui 215 aerei da combattimento, 59 da trasporto militari, 388 addestratori e 294 elicotteri. L’esercito egiziano ha più di 4.000 carri armati, 10.000 veicoli corazzati, 1.000 pezzi d’artiglieria semovente e oltre 2.189 pezzi d’artiglieria da campo

Le forze armate etiopiche dispongono di 86 velivoli, 24 dei quali da combattimento, 20 addestratori, 9 da trasporto, 33 elicotteri multiruolo e 8 da attacco, mentre l’esercito etiope ha 400 carri armati e 650 pezzi di artiglieria.

Non vi è alcun dubbio sulla differenza della potenza militare dei due paesi, ma va comunque detto che l’Etiopia ha un esercito con una certa esperienza, ha combattuto gli insorti in Somalia e ha acquisito esperienza anche nel conflitto con l’Eritrea.

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Secondo fonti delle Nazioni Unite, l’Egitto, in passato, avrebbe favorito i legami con gli avversari dell’Etiopia, inviando armi al governo del Sud Sudan. Inoltre, funzionari etiopi avrebbero accusato in passato l’Egitto di sponsorizzare proteste antigovernative e ribellioni armate, accuse che il Cairo nega.

Il mese scorso, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi durante un’ispezione ad una base militare aveva dichiarato che “l’esercito egiziano è forte ed è uno degli eserciti più potenti della regione, ma è un esercito ragionevole, un esercito che protegge e non minaccia, un esercito che difende e non aggredisce. Ringraziando le unità di combattimento dell’Aeronautica egiziana, aveva dichiarato: “Preparatevi a compiere qualsiasi missione sui nostri confini o, se necessario, al di fuori dei nostri confini”. Era un chiaro riferimento alla Libia, o forse ad altro?

Anche per ragioni geografiche una guerra tra Egitto ed Etiopia è al momento impensabile anche tenendo conto che i due Stati non confinano, ma nel caso il flusso del Nilo dovesse causare una penuria di acqua in Egitto e la via del dialogo non dovesse funzionare, è ragionevole pensare che l’aeronautica del Cairo possa colpire l’origine del problema, la diga GERD a monte del fiume.

Del resto Addis Abbeba sta guardando a Francia, Turchia e forse anche Cina per potenziare le sue forze armate puntando anche su nuovi aerei da caccia e sistemi di difesa aerea che presumibilmente dovranno vigilare anche sulla grande infrastruttura strategica.

 

Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.

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