La “lezione bulgara” sull’immigrazione illegale
Che il tema dell’immigrazione illegale abbia assunto una dimensione strategica nella politica (o meglio nella “non politica”) europea è apparso chiaro a tutti in occasione del Brexit. E’ infatti evidente che senza i flussi di immigrati clandestini che da Italia e Balcani hanno risalito l’Europa puntando anche sulle Isole Britanniche molto probabilmente i fautori dell’uscita dalla Ue non avrebbero avuto abbastanza consensi per vincere.
Anche negli ultimi giorni le dichiarazioni del candidato favorito alle primarie della destra francese per le presidenziali, Francois Fillon e in Germania quelle di Angela Merkel, candidatasi per quarta volta alla Cancelleria, lasciano intendere una nuova linea dura contro l’immigrazione clandestina.
Posizioni che sul piano politico è inevitabile vengano assunte anche da partiti moderati sia perché il fenomeno ha raggiunto il livello della costante emergenza in termini economici e di sicurezza sia per non lasciare che il Front National e Alternative fur Deutscheland incassino i consensi di un’opinione pubblica sempre più arrabbiate e preoccupata.
In un commento il quotidiano Il Foglio ha ben sottolineato ieri le proposte del programma di Fillon sul tema immigrazione e Islam:
– espulsione immediata di tutti gli stranieri che rappresentino un rischio per la sicurezza nazionale
– pesanti sanzioni per chiunque intrattenga rapporti con lo Stato islamico
– quote per l’immigrazione legale” (quella clandestina non è contemplata)
– controllo amministrativo del culto musulmano sorvegliando l’attività degli imam e vietando finanziamenti esteri alle moschee
– abolizione del l’aiuto medico d’urgenza agli immigrati irregolari
– due anni di residenza in Francia prima di accedere agli aiuti sociali”.
Posizioni che dovrebbero suonare come un allarme in Italia dove la politica dell’accoglienza riservata a chiunque paghi i trafficanti sta riempendo la Penisola di clandestini per nulla pacifici e riconoscenti e ormai fuori controllo. Una situazione che rischia di esploderci in faccia senza alcuna speranza né di aiuti europei né di una reale suddivisione degli immigrati illegali con i partner Ue.
Roma rischia qui di trovarsi ancora più isolata in Europa, unica a continuare ad applicare un’accoglienza buonista dalle conseguenze devastanti. Abituati a guardare ai “grandi” partner europei che reagiscono solo ora ai disastri prodotti da multiculturalismo e tolleranza verso l’immigrazione illegale, faremmo forse meglio a guardare a Paesi europei più piccoli ma che costituiscono esempi concreti di ciò che si può e si deve fare per risolvere la crisi migratoria.
Tralasciando Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, il cosiddetto Gruppo di Visegrad che rifiuta di accogliere immigrati non graditi e illegali, basta guarda a sud e a est dell’Italia per trovare esempi importanti di come si tutelano gli interessi nazionali scoraggiando i traffici illeciti.
Malta, che pure si troverebbe sulla rotta dei barconi che dalla Libia salpano per l’Italia, non è interessata dai flussi perché non ha mai accolto nessuno in nome della legalità e dei suoi interessi economici legati al turismo, industria che mal su concilia con la presenza nell’isola di moltitudini di immigrati africani fuori controllo.
La Bulgaria ha mostrato una saggia visione del problema fin dall’esplodere dei flussi dopo l’avvio del conflitto siriano erigendo un muro di filo spinato al confine turco e facendo presente alla Ue che aveva già abbastanza poveri tra i suoi concittadini per potersi permettere di accoglierne altri, peraltro privi di ogni diritto all’asilo.
Sofia ha poi espresso fin dal 2013 un netto e forte rifiuto ad accogliere islamici per on alterare gli equilibri sociali in un Paese al 90 per cento cristiano ortodosso.
Bruxelles si rammaricò delle decisioni di Sofia ma le accettò ricordando che le politiche migratorie sono di competenza dei singoli Stati non dall’Unione. Un messaggio che avrebbero dovuto recepire anche a Roma dove il governo chiede aiuto alla Ue ma è incapace (neppure ci prova in realtà) di respingere i clandestini in arrivo ed espellere quelli arrivati in questi anni.
Nei giorni scorsi, mentre le navi militari italiane sbarcavano in Sicilia altri 1.400 clandestini (ormai 170 mila dall’inizio dell’anno, mezzo milione negli ultimi tre anni), il governo di Sofia ha reso noto che dall’inizio dell’anno sono state applicate misure cautelari coercitive nei confronti di 962 migranti entrati clandestinamente nel Paese e riaccompagnati ai confini.
Secondo il ministero dell’Interno i più numerosi, 315, sono risultati i migranti clandestini provenienti dall’Iraq, seguiti da afghani (206) e siriani (84).
Soltanto nella settimana scorsa tali misure sono state applicate nei confronti di 51 migranti illegali. Il ministero ha aggiunto che a metà dicembre sarà effettuato il primo volo su Kabul per il rimpatrio di migranti illegali afghani.
La rivolta di Harmanli
Ieri Duecento migranti sono stati arrestati dopo la rivolta nel centro di accoglienza presso la città di Harmanli, nel sud della Bulgaria al confine con la Turchia. Si tratta del più grande campo profughi della Bulgaria, una ex caserma che ospita tremila migranti, prevalentemente afghani, iracheni e del Pakistan.
Negli scontri, che hanno coinvolto almeno 1.500 immigrati illegali che hanno ferito 24 agenti di polizia, vi sono stati danni materiali gravi: tutti i vetri degli edifici sono rotti, alcune costruzioni sono andate distrutte dagli incendi causati dai migranti. La polizia ha usato gli idranti per disperdere i manifestanti tra lanci di sassi e il fumo nero causato dall’incendio di pneumatici. Il momento di maggiore tensione si è raggiunto quando all’esterno del campo si sono radunati decine di nazionalisti bulgari intenzionati a entrare nella struttura per attaccare i rivoltosi, riferisce l’emittente privata Nova TV.
Davanti ai giornalisti il premier dimissionario, Boyko Borissov, ha dichiarato che gli istigatori della rivolta saranno processati e gran parte degli afghani che erano i più attivi nel provocare i disordini saranno estradati verso Kabul.
A causare la rivolta è stata la decisione delle autorità bulgare di porre il centro di accoglienza sotto quarantena per motivi sanitari. I medici infatti hanno accertato 26 casi di scabbia, mentre altre 126 persone, in prevalenza afghani, sono affette da gravi problemi di natura dermatologica.
Malattie ben presenti anche tra chi giunge in Italia dove però i clandestini spesso fuggono dagli ospedali dove dovrebbero venire curati o restano liberi di muoversi come preferiscono.
Ma la distanza siderale che sembra separare la Bulgaria dalla bolgia italica si misura nelle pene inflitte ai responsabili della rivolta.
il ministro dell’Interno Rumiana Bachvarova ha dichiarato che uno dei migranti che hanno istigato la sommossa, appartiene a una cellula radicale islamica. “Del caso si sta occupando il Servizio speciale per la sicurezza nazionale”, ha detto aggiungendo che una delle richieste avanzate dagli organizzatori della rivolta era l’apertura di un corridoio per i migranti attraverso il territorio della Bulgaria in modo che possano arrivare al confine con la Serbia per poi proseguire verso l’Europa occidentale.
“Ciò è inammissibile dal punto di vista sia legale sia politico” ha commentato il ministro che verrebbe probabilmente tacciata di razzismo in un’Italia che ha fatto transitare illegalmente centinaia di migliaia di persone verso il Nord Europa solo negli ultimi tre anni senza neppure icentificarle.
La procura bulgara ha reso noto che è stato identificato anche il migrante che nel corso della rivolta ha dato fuoco al tricolore nazionale della Bulgaria. La persona sarà processata per direttissima in quanto, secondo il Codice penale bulgaro, si tratta di un reato per il quale sono previsti due anni di reclusione e una multa di 3.000 lev (circa 1.500 euro). La Bulgaria che obbliga i clandestini a rispettare le sue leggi appare davvero come un altro pianeta rispetto all’Italia.
Pur con le sue limitate risorse la Bulgaria ci dimostra che “un’altra Europa è possibile”, applicando la legge, impedendo l’immigrazione illegale, l’islamizzazione della società e scoraggiando i flussi con espulsioni e respingimenti.
Foto: AP e Marina Militare
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.