Gli iracheni liberano mezza Mosul
Le forze irachene sono riuscite a conquistare ieri uno dei più noti santuari della città, caduta in mano al Califfato nell’estate del 2014. Lo hanno riferito funizionari iracheni. “Abbiamo ripreso il controllo della zona di Nabi Yunus e sollevato la bandiera nazionale sopra la tomba”, ha detto a France Presse, Sabah al-Noman, portavoce delle forze antiterrorismo che guidano l’offensiva su Mosul scattata lo scorso 17 ottobre riferendosi al luogo di sepoltura del profeta biblico Giona noto nel Corano come Yunus.
Lo stesso portavoce ha anche annunciato la liberazione di altri due quartieri nella parte orientale della città. Per il tenente generale Abdulghani al-Assadi, comandante dell’antiterrorismo, “circa il 90 per cento” della parte orientale di Mosul è ora sotto il controllo del governo. Lo stesso comandante ha detto che ci sarebbero voluti solo due giorni di tempo per scovare gli ultimi jihadisti rimasti sulla riva orientale del fiume Tigri che divide in due la città e che hanno difficoltà a ritirarsi oltre il fiume nelle zone occidentali ancora in mano al Califfato a causa dei danni subiti dai ponti colpiti dai raid aerei della Coalizione.
Dopo tre mesi di battaglia e migliaia di morti (almeno 3 mila solo i caduti stimati tra l’esercito e la polizia di Baghdad che non parlano delle perdite subite ma solo di quelle inflitte allo Stato Islamico) la parte orientale e settentrionale della città di Mosul è stata quasi del tutto liberata dalle forze irachene.
Come Analisi Difesa aveva ipotizzato fin dall’inizio della battaglia il caposaldo della resistenza dell’Isis a est del fiume è stata la cittadella universitaria che nel nord della città impediva ai governativi di raggiungere le sponde del fiume Tigri. Nei giorni scorsi le unità dell’esercito schierate sul fronte orientale si sono ricongiunte con quelle a nord della città, riprendendo il controllo del secondo ponte sul fiume Tigri che divide Mosul, quello di al-Hurriya.
“Possiamo dichiarare che l’università è stata liberata” ha annunciato il 15 gennaio Maan Saadi, generale delle forze di controterrorismo irachene. “Abbiamo concluso la parte più difficile. Siamo in grado di riprendere l’intera zona orientale entro i prossimi dieci giorni” ha aggiunto Saadi. La tv satellitare curda Rudaw denuncia l’esistenza di una grande ondata di profughi provenienti dalle zone appena liberate dai miliziani dell’Isis, in cerca di rifugio in aree più sicure.
Finora “solo” 200 mila civili hanno lasciato la città per raggiungere i campi profughi allestiti dal governo iracheno, cioè il 10 per cento della popolazione di Mosul e si teme che gran parte della popolazione sia ancora in città o sia fuggita in aree controllate dal Califfato nel timore non infondato di feroci rappresaglie contro la popolazione sunnita che in larga misura ha sostenuto l’Isis.
La battaglia dell’università ha visto impegnate le forze delle unità speciali antiterrorismo, già protagoniste della prima fase dell’offensiva da est su Mosul tra metà ottobre e la fine di novembre, e ora secondo i media curdi i jihadisti sono attestati a est del fiume “su residue posizioni difensive, accerchiate dai militari iracheni”.
Secondo i racconti ufficiali le truppe di Baghdad sono penetrate alle prime ore del 13 gennaio nel campus universitario dal lato orientale. I bulldozer hanno aperto brecce nella cinta muraria dopo giorni di intensi raid aerei e di artiglieria. Centinaia di membri delle forze speciali sono penetrati e hanno preso il controllo del complesso di Kafaat, un tempo sede delle residenze dei professori. Quindi sono avanzati “bonificando” l’Istituto tecnico e la Facoltà di lettere.
L’ateneo di Mosul, fondato negli anni ’60 e fino alla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003 uno dei maggiori istituti di ricerca accademica di tutto il Medio Oriente, è oggi in gran parte distrutto. Secondo le fonti filo-governative irachene i locali delle facoltà scientifiche, con i laboratori e macchinari moderni, erano stati trasformati dalla fine del 2014 “in centri per la produzione di armi chimiche”.
Dopo furibondi combattimenti i soldati iracheni hanno ripreso anche la sede del governatorato della provincia di Ninive, di cui la città è capoluogo, il Municipio e gli edifici che ospitano gli assessorati all’Agricoltura, alla Pianificazione Urbana e all’Edilizia Pubblica, nel quartiere che ospita i palazzi amministrativi della città.
Una volta ripulita la zona orientale della città dalle presenza dell’Isis le forze di Baghdad dovranno valutare quale tattica adottare per conquistare i quartieri a ovest del fiume, ornai interamente circondati ma presidiati dalle milizie del Califfato soprattutto all’aeroporto e nella Città Vecchia.
Il terreno consente di condurre attacchi da più direzioni. A sud le unità corazzate della Nona divisione potrebbero puntare sull’aeroporto, un vero e proprio caposaldo presidiato da due basi che vennero costruite dalle truppe statunitensi, oggi postazioni fortificate dell’Isis, che consentono il fuoco di copertura reciproco rendendo molto sanguinosa l’avanzata delle truppe irachene anche se protetta dai tank.
Anche da ovest l’offensiva irachena non sarà agevole attraverso quartieri probabilmente in gran parte minati e forse ancora densamente popolati. Incerta la tempistica dell’operazione poiché l’Iraq non dispone di molti reparti in grado di affrontare l’Isis in una battaglia casa per casa e quelli in prima linea dovranno riposare e rimpiazzare le perdite subite nelle ultime settimane.
Per comprendere quanto potrà ancora durare la battaglia di Mosul, al di là delle dichiarazioni ottimistiche dei vertici di Baghdad, occorrerà anche comprendere quali forze combattenti dell’Isis sono ancora presenti in città e con quali capacità belliche.
Foto AP, Military Times e US DoD
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