Riad compra armi USA per centinaia di miliardi
Centodieci miliardi di commesse militari immediate che in dieci anni potrebbero più che triplicare fino a 380: questo il “bottino” che Donald Trump ha incassato dalla sua visita a Riad in cui non ha esitato a omaggiare i reali sauditi accusando il rivale Iran di essere il fomentatore del terrorismo islamico.
Con sprezzo del ridicolo Trump ha accettato la “narrativa” saudita rimuovendo, davanti ai contratti multi miliardari, le ambiguità di Riad sull’11 settembre 2001 e il sostegno delle monarchie saudite del Golfo a tutti i movimenti terroristici sunniti: dai talebani ad al-Qaeda allo Stato Islamico, che pure Trump aveva tirato in ballo contro Riad dutrante la campagnia elettorale.
Le società statunitensi del settore difesa firmano con Riad nuovi importanti contratti, da Boeing a Lockheed Martin, da Raytheon a General Dynamics.
Lockheed Martin riferisce di aver firmato un contratto da 28 miliardi di dollari con Riad per il sistema di difesa contro i missili balistici di teatro Terminal High Altitude Area Defense (THAAD), già forniti alla Corea del Sud e il cui costo è di circa 800 milioni per ogni batteria con 6 lanciatori con 8 missili ognuno. Non è chiaro quante batterie acquisirà Riad che oltre a difendersi dalla potenziale minaccia iraniana deve oggi fare i conti con i missili balistici lanciati dai ribelli Houthi che dallo Yemen bersagliano il territorio saudita.
Non è chiaro neppure se l’Arabia Saudita l’abbia spuntata nella richiesta di acquisire un centinaio di aerei da combattimento “stealth” F-35 (a un costo stimabile solo per l’acquisto dei velivoli in 10 miliardi di dollari) , strumento ideale per condurre attacchi preventivi contro l’Iran cercando di non farsi individuare dai radar.
Finora l’unico cliente mediorientale del jet di Lockheed Martin è Israele (e la Turchia) che ha preteso l’esclusiva per mantenere la superiorità nei confronti delle forze aeree arabe, ma l’intesa sempre più forte tra Gerusalemme e Riad in funzione anti iraniana potrebbe aver indotto lo Stato Ebraico ad accettare che gli F-35 volino anche con le insegne verdi e bianche saudite.
Sempre Lockheed Martin dovrebbe rinnovare la flotta saudita con 4/6 fregate derivate dalle Littoral Combat Ship della Us Navy classe Freedom dal cosoi stimabile intorno a un miliardo a unità.
Nella lista della spesa anche 150 elicotteri S-70 Blackhawk in varie versioni da assemblare in una nuova fabbrica in territorio saudita, mentre Boeing potrebbe piazzare i CH-47F, pattugliatori marittimi P-8 Poseidon, aerostati per il controllo delle frontiere. In campo terrestre si parla di nuovi carri armati Abrams e veicoli protetti MRAP di cui l’Us Army ha un ampio surplus.
Per comprendere la portata dell’accordo militare bilaterale basti pensare che la sola Lockheed Martin prevede di creare con questo contratto 18mila posti di lavoro negli Stati Uniti e altri migliaia in Arabia Saudita.
Dopo le diffidenze con l’Amministrazione Obama, fautrice dell’accordo sul programma nucleare iraniano tanto osteggiato da sauditi e israeliani, Riad torna quindi ad appoggiarsi sugli USA ora che Trump garantisce una maggiore fermezza nei confronti dell’Iran a cui chiede di sospendere il programma di missili balistici.
Sul piano industriale i sauditi prevedono di diventare autonomi nello sviluppo e produzione di almeno la metà degli equipaggiamenti militari necessari al Paese entro il 2030 (Programma Vision 2030).
Un obiettivo ambizioso reso possibile solo dall’acquisizione di tecnologie e impianti produttivi statunitensi che in prospettiva costituiranno una parte rilevante del programma di acquisizioni decennale per 380 miliardi di dollari.
Foto AFP
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