Siriani e russi spezzano l’assedio a Deir Ezzor ma l’IS contrattacca
(aggiornato alle ore 14,30)
Dopo settimane di battaglie l’esercito siriano ha raggiunto Deir Ezzor e infranto l’assedio delle milizie jihadiste dello Stato islamico, in corso da oltre due anni.
Le truppe di Damasco si sono ricongiunte con la guarnigione assediata all’interno della base della 137esima Brigata, nella parte occidentale della città, dove si trovano cinquemila soldati di Bashar Assad.
Si tratta per ora solo di un successo parziale poiché i quartieri meridionali della città e l’aeroporto militare rimangono ancora circondati dalle milizie dell’Isis. Secondo le stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus, vicino ai ribelli “moderati”), all’interno delle zone controllate dal governo vi sono 100mila civili, mentre altri 10mila si trovano in quelle dominate dall’Isis.
Negli ultimi giorni si era assistito a una rapida avanzata delle truppe siriane e dei loro alleati su Deir Ezzor, tra i quali anche forze speciali e altre unità terrestri russe supportate da un numero elevato di raid aerei afftdato soprattutto ai Sukhoi Su-34 e Su-35 basati a Hmeimin, vicino a Latakya.
Negli ultimi giorni sarebbero strate circa 1.400 le sortite effettuate dai velivoli russi, quasi tutti nell’arera di Deir Ezzo, dove sono stati uccisi secondo il ministero della Difesa di Mosca 1.200 guerriglieri jihadisti.
Oltre all’intensa campagna condotta nel settore di Deir Ezzor dai cacciabombardieri e dagli elicotteri russi, ieri mattina la fregata Ammiraglio Essen della flotta del Mar Nero ha lanciato dal Mediterraneo missili da crociera Kalibr contro obiettivi dello Stato Islamico nei pressi di Deir Ezzor.
L’attacco è stato condotto contro una zona controllata da “foreign fighters” originari principalmente della Russia e da altri paesi dell’ex Urss, ha riferito il ministero della Difesa russo citato dalla Tass.
Le forze di Damasco sono avanzate da due direzioni per rompere l’assedio imposto alla città nel 2015. Nel dettaglio, l’esercito è avanzato dalla zona meridionale, passando per i monti Bishri, e da est partendo dalla città di al-Sukhnah nella provincia di Homs, dove sono state circondate con una manovra a tenaglia importanti forze dello Stato Islamico.
Per Damasco rompere l’assedio e riprendere il pieno controllo di Deir Ezzor significa mettere in sicurezza il confine con l’Iraq e rientrare in possesso degli oleodotti e dei pozzi di gas e petrolio che avevano garantito in questi anni al Califfato un’importante finte di denaro.
Dopo la perdita di Mosul e di Tal Afar in Iraq, l’Isis ha subìto quindi un nuovo duro colpo in Siria che corona la vittoriosa offensiva delle forze di Assad in corso da mesi.
I jihadisti controllano ancora il 60 per cento del territorio urbano e all’esercito siriano potrebbe essere necessario ancora molto tempo per riprendere il controllo totale della città dove sono presenti ingenti forze del Califfato.
Nelle prime ore di oggi infatti i jihadisti hanno lanciato un contrattacco teso a isolare nuovamente la base della Brigata 137 e secondo fonti citate dall’Ondus i miliziani hanno impiegato quattro autobomba guidate da kamikaze per aprirsi la strada.
Il comando delle forze armate di Damasco ha definito la rottura dell’assedio di Dei Ezzor “una svolta strategica nella guerra al terrorismo”, sottolineando che la città sarà usata come “un trampolino di lancio per espandere le operazioni militari nella regione”. Soprattutto per riprendere il controllo di tutto il territorio lungo il confine con l’Iraq.
Il ministero della Difesa russo ha rivelato in una nota che i miliziani dello Stato Islamico hanno quasi completamente distrutto le infrastrutture vitali di Deir Ezzor.
“Nei distretti cittadini liberati dalle truppe siriane, le infrastrutture vitali sembrano essere state quasi completamente distrutte dai miliziani: tutte le stazioni elettriche e le stazioni di pompaggio dell’acqua sono state fatte saltare in aria, gli ospedali, le scuole e le strutture sociali sono state distrutte.
Il sistema idrico non funziona, tutte le imprese sono chiuse e prima di rituraersi i miliziani hanno minato abitazioni residenziali, edifici industriali e amministrativi, così come le piazze della città” riporta la Tass.
Una tattca della “terra bruciata” già adottata dagli uomini del Califfato da Tikrit a Fallujah, da Ramadi a Mosul a Palmyra, ovunque abbiano dovuto cedere centri abitati al nemico.
Forse proprio come conseguenza della rapida avanzata delle truppe lealiste siriane nella regione, la Coalizione anti-Isis a guida statunitense aveva condotto nelle ultime due settimane una serie di missioni lampo in quest’area per recuperare spie e collaboratori infiltrati precedentemente nello Stato islamico.
L’Ondus e fonti locali citate dal quotidiano panarabo al Hayat affermano che, dal 20 agosto, elicotteri della Coalizione hanno calato a terra forze speciali che hanno fatto salire a bordo dei velivoli presunti miliziani jihadisti, molti dei quali di nazionalità europea. Le missioni si sono svolte nei distretti di Tibni, a nord di Dayr, e di Bulayl, a sud della città sull’Eufrate.
Secondo l’Ondus in un’altra operazione dietro le linee, condotta secondo le fonti il 20 agosto nella zona di Buqrus, a sud di Deir Ezzor, forze speciali della Coalizione hanno invece fatto irruzione in un deposito di armi dell’Isis catturando un esponente dell’organizzazione, di nazionalità europea e noto per essere esperto di armi, assieme ad altri tre membri dell’Isis di nazionalità araba, forse egiziana. Durante l’operazione, c’è stato uno scontro a fuoco con miliziani dell’Isis del Kazakhstan che alloggiavano in un’abitazione poco lontano dal deposito di armi.
Operazioni di “recupero personale” per certi versi ambigue perchè potrebbero indicare il salvataggio di infiltrati e spie al servizio degli Stati Uniti oppure dimostrare che l’IS, nemico degli USA in Iraq, non lo è poi così tanto in Siria dove combatte il regime di Assad oltre a russi e iraniani che lo affiancano, invisi a Washington e ai suoi alleati arabi ed europei che hanno sempre puntato sulla caduta di Bashar Assad.
La freddezza delle cancellerie occidentali e il silenzio di molti media sembra del resto confermare che la vittoria russo-siriana-iraniana a Deir Ezzor non viene considerata una buona notizia dalla Coalizione che da ieri ha un nuovo comandante, il tenente generale Paul Funk, che ha assunto il comando della Combined Joint Task Force – Operation Inherent Resolve (CJTF-OIR) avvicendando il generale Stephen J. Townsend.
Il presidente siriano Bashar Assad, in una conversazione telefonica con i comandanti di difesa di Deir ez-Zor, si è congratulato con i difensori della città per la soppressione di un assedio di tre anni organizzato dall’Isis. Lo ha reso noto il servizio di stampa presidenziale siriano. “Sara’ registrato nella storia come voi, nonostante il piccolo numero, abbiate dato il sacrificio più prezioso per il bene dei civili … Oggi voi e i vostri camerati avete combattuto spalla a spalla per togliere l’assedio della città'” ha dichiarato Assad.
Anche l’Iran si congratula con le forze del leader siriano Bashar al-Assad. L’agenzia di stampa ufficiale iraniana IRNA dà notizia di un messaggio del segretario del Consiglio supremo della Sicurezza nazionale, Ali Shamkhani, all’omologo siriano Ali Mamlouk, a capo dell’Ufficio per la sicurezza nazionale di Damasco. Teheran offre anche aiuto per la ricostruzione delle zone riconquistate. “La liberazione di Aleppo, Deir Ezzor, Mosul e Tal Afar porrà fine all’Is”, afferma Shamkhani nel messaggio in cui fa riferimento anche alle sconfitte subite dai jihadisti in Iraq.
Il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con i militari russi e siriani per la “vittoria” a Deir Ezzor e ha inviato un messaggio al leader siriano Bashar al-Assad dopo che le forze siriane hanno annunciato di aver rotto l’assedio alla città accerchiata dall’IS da quasi tre anni. Putin, ha reso noto il portavoce Dmitry Peskov, “si è congratulato con il comando delle unità militari russe e con il comando dell’esercito siriano per questa importante vittoria strategica sui terroristi” dell’IS.
Intanto il Califfato, sta incrementando la presenza delle donne in battaglia, anche per far fronte alle ingenti perdite subite dal gruppo a Raqqa in Siria e a Mosul, in Iraq. E’ quanto si legge in un rapporto dell’istituto di ricerca britannico IHS Markit, che parla di appello senza precedenti alla partecipazione di donne combattenti tra le fila dell’IS. Il primo coinvolgimento diretto di donne in prima linea è stato fatto dai leader jihadisti al termine dell’offensiva per Mosul, nel nord dell’Iraq. Si ritiene che negli ultimi giorni dell’operazione oltre 40 donne abbiano sferrato attacchi kamikaze contro l’esercito nella Cittadella di Mosul, alcune delle quali si sarebbero fatte saltare in aria insieme ai loro bambini.
”Nonostante lo Stato Islamico sostenga il contrario, chiedere alle donne di avere un ruolo attivo in combattimento è un tentativo di minimizzare l’impatto della grave riduzione di manodopera causata dalla decimazione di miliziani uomini e dalla una crisi nei reclutamenti” ha spiegato Ludovico Carlino, analista di IHS Markit.
”Non è ancora chiaro se il picco degli attentati suicidi compiuti dalle donne sia semplicemente lo specchio delle ultime sacche di resistenza dell’IS o se le donne siano state costrette dal gruppo a condurre questi attacchi, o ancora se rappresenti l’inizio di una nuova tendenza più ampia di donne combattenti nelle battaglie del gruppo”, ha aggiunto. Nell’ultima edizione di Rumiyah, la rivista online dell’IS, è tuttavia apparso un nuovo messaggio circa il ruolo delle donne nel Califfato.
In un articolo intitolato “Il nostro viaggio verso Allah” l’autore sottolinea che il ruolo delle donne sta avendo sempre più importante in quanto ”ci aspettano momenti di intense battaglie e difficoltà estreme”. Secondo Carlino, ”questa retorica dimostra un contrasto netto con la precedente propaganda che sottolineava il ruolo primario delle donne come madri e mogli dei mujahideen”.
Funzionari europei hanno ultimamente ammesso di aver sottostimato la minaccia delle militanti in Europa e il ruolo che le donne intendono svolgere una volta rientrate nei Paesi d’origine dalle zone di conflitto. Il ministero degli Interni di Parigi ha riferito che il 40 per cento dei francesi che ha aderito all’IS è composto da donne.
(con fonti Adnkronos, Ansa, AFP, AGV e Askanews)
Foto: AFP, Harry Boone/Twitter e SANA
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