Le opzioni militari di Ankara contro Damasco
Nonostante gli appelli alla moderazione rivolti a Damasco e Ankara dalla comunità internazionale e alcune dichiarazioni distensive provenienti dai governi turco da ormai una settimana si intensificano le scaramucce lungo il confine. Il premier Recep Tayyip Erdogan ha ammonito che la Siria pagherà “un prezzo elevato” in caso di nuovi incidenti. “Lo ripeto ancora una volta al regime di Assad e ai suoi sostenitori: non vi avventurate a mettere alla prova la pazienza della Turchia” ha dichiarato nei giorni scorsi Erdogan. “La Turchia ne uscirà senza un graffio ma voi invece ne uscirete ammaccati e pagherete un prezzo molto elevato”. Erdogan ha ribadito che il suo Paese non auspica una guerra con la Siria, ma non esiterà a rispondere a ogni azione di minaccia alla sua “sicurezza nazionale”. Ma al di là dello scambio di colpi d’artiglieria i comandi militari di Ankara stanno valutando diverse opzioni dopo che il Parlamento ha autorizzato “operazioni militari in Paesi stranieri”. Improbabile un’invasione del Paese o un’offensiva ad ampio respiro verso Damasco che richiederebbe l’impiego di ingenti forze e altissimi costi finanziari. La Nato ha già fatto capire che il suo sostegno all’alleato turco non arriverà ad appoggiare un’invasione della Siria anche se un attacco militare turco potrebbe ottenere il supporto, soprattutto finanziario, di Arabia Saudita e Qatar, grandi sponsor (anche se rivali tra loro) dei ribelli sunniti siriani. In un anno e mezzo di guerra le forze di Assad hanno subito perdite e un forte logoramento dei mezzi e dei reparti. Nel 2011 i militari in servizio erano 330 mila militari più altrettanti riservisti e oltre 100 mila paramilitari. Dai dati emersi le diserzioni non sembrano aver superato le 40 mila unità perché il regime si è sempre cautelato da golpe militarti assegnando il 70 per cento degli organici e l’80 per cento dei comandi alla minoranza alauita fedele al regime. Le perdite registrate da fonti vicine ai ribelli assommano a circa 10 mila caduti (inclusi i poliziotti) e a circa 40 mila feriti. Pochi finora i mezzi perduti o catturasti dai ribelli, pari forse a un centinaio tra carri armati e blindati e a una dozzina di velivoli. E’ possibile stimare che Assad possa ancora contare su almeno 200 mila militari operativi più 100 mila miliziani e paramilitari. Una guerra totale sarebbe comunque un azzardo per Erdogan anche perché Damasco dispone di un imponente arsenale di armi chimiche (di cui è previsto l’impiego in caso di attacco dall’esterno al territorio nazionale) e dei vettori per colpire in profondità con queste armi il territorio turco: missili balistici a corto raggio russi SS-21 e Scud D nordcoreani con ben 700 chilometri di raggio d’azione.
I turchi potrebbero però attuare “spedizioni punitive” oltre frontiera anche con lo scopo di colpire i guerriglieri curdi del PKK o rispolverare un piano già messo a punto l’anno scorso che prevede l’occupazione di una fascia di sicurezza di qualche decina di chilometri di territorio settentrionale siriano. Un’operazione limitata che consentirebbe di proteggere il su della Turchia regalando di fatto ai ribelli un’area “liberata” e protetta dal cielo dai jet turchi creando così un embrione di quella “no-fly-zone” richiesta a gran voce dai Paesi arabi e della Francia. Una simile operazione offrirebbe il vantaggio di rafforzare i ribelli ma rappresenterebbe in ogni caso un’invasione del territorio siriano che potrebbe provocare rappresaglie chimiche da parte di Damasco e non sarebbe accettata dagli alleati di Assad con il rischio di scatenare un’escalation della crisi che potrebbe coinvolgere a livelli diversi anche russi, cinesi e iraniani, questi ultimi già presenti in armi in Siria con reparti di pasdaran. Scenari indesiderati in Occidente e soprattutto a Washington che potrebbero indurre i turchi a limitarsi ad aumentare la pressione militare lungo il confine e gli aiuti ai ribelli. Tensioni simili si registrano anche lungo la frontiera giordana dove Amman ha concentrato negli ultimi giorni alcuni reparti corazzati e d’artiglieria e lungo la frontiera libanese dove le truppe siriane sconfinano spesso per inseguire i ribelli. Il rischio di attacchi dall’esterno aveva del resto indotto Damasco a minare massicciamente tutti i confini già nell’inverno scorso. Le forze armate turche sono le più numerose della Nato dopo quelle statunitensi ma la gran parte dei 600 m ila militari in servizio sono di leva e dei 4 mila carri armati disponibili solo 700 sono moderni Leopard mentre gli altri sono vecchi M-48, M-60 americani che in futuro verranno sostituiti dal nuovo carro di produzione nazionale Altay. Le attuali forze corazzate turche potrebbero avere difficoltà a impegnare in battaglia i missili anticarro e i tank siriani, soprattutto i 1.700 moderni T-72 affiancati da vecchi T-62 e T-55 non tutti operativi. Gran parte dei mezzi siriani sono di origine sovietica, russa, bielorussa e cinese mentre quelli turchi sono di origine occidentale, per lo più statunitense e tedesca. I turchi possono contare sul supporto strategico e intelligence della NATO mentre i siriano ospitano da tempo molti consiglieri militari russi, molto attivi soprattutto nel settore della Difesa aerea. Sulla carta le capacità dei due eserciti si equivalgono in termini di artiglieria ed elicotteri da attacco (Cobra e gli italiani Mangusta contro I Mi-25 russi) mentre sul mare la superiorità della flotta turca è indiscutibile ma i siriani dispongono di efficaci batterie costiere di missili antinave. Nell’aria i turchi possono schierare oltre 200 moderni jet F-16 affiancati da altrettanti vecchi Phantom ed F-5. Damasco dispone di 500 aerei da combattimento (non tutti operativi) per lo più obsoleti Mig 23, Mig 21 e Sukhoi 22 affiancati da pochi più moderni Mig 29 e Sukhoi 24.
Fonte: www.ilsole24ore.com
SCHEDA
Siria
200 000 militari (stima)
100 missili balistici, 3.700 carri armati, 7.500 blindati, 4.000 cannoni, 2 mila cannoni antiaerei, 5 mila missili antiaerei, 500 aerei da combattimento, 20 corvette e motovedette lanciamissili.
Turchia
600 mila militari
3.500 carri armati, 6 mila blindati, 5 mila cannoni, 2 mila cannoni antiaerei, 400 aerei da combattimento, 14 sottomarini, 24 fregate e corvette, 27 motovedette lanciamissili.
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