Contractors in Ucraina: le società USA smentiscono
La società di sicurezza Academi, recentemente indicata come addestratrice di uomini delle forze antiterrorismo della Polizia Militare Brasiliana in vista dei mondiali di calcio , viene ripetutamente menzionata come “ex Blackwater”. Lo stesso vale per la Greystone Limited, più volte additata come la responsabile della presenza di contractors occidentali a Donetsk (Ucraina), nonché “costola” della Blackwater-Academi. Tali citazioni non sono corrette, o meglio, solo in parte. L’attuale proprietà Academi, infatti, ha sempre dimostrato di voler prendere le distanze dalle società Blackwater, Xe (la Blackwater dal 2009 al 2011) e dal loro proprietario, Erik Prince per i reprensibilissimi trascorsi.
In risposta a tali voci, la società ha emanato un comunicato stampa per chiarire la situazione: “Alcuni bloggers e giornalisti irresponsabili hanno recentemente diffuso voci su dipendenti della Academi (operanti sotto il nome di Blackwater) presenti in Ucraina. Tali individui non dipendono dalla Academi, la quale, non ha relazioni con alcuna entità chiamata Blackwater o con l’ex proprietario della stessa, Erik Prince. Tali dichiarazioni infondate e prive di riscontri, non sono altro che tentativi di fomentare isteria e sensazionalismo, speculando su crisi reali. Punti salienti: Erik Prince ha venduto la società (che ha ridenominato ‘Xe’) nel 2010 e ha mantenuto i diritti sul nome ‘Blackwater’. La nuova direzione di Academi ha compiuto grandi sforzi per costruire una mentalità aziendale responsabile e trasparente, come testimoniato dai numerosi riconoscimenti ottenuti nel nostro settore.”
Stessa presa di distanza viene dalla Greystone Limited. Sebbene il proprio sito internet sia non aggiornato da tempo, durante le prime voci circolanti sul presunto coinvolgimento in Ucraina, la società ha dichiarato di non essere in alcun modo coinvolta nella vicenda, tantomeno di esser ancora legata alla Blackwater o alla Academi. Le fa eco la Academi che conferma la cessazione di rapporti tra le due entità.
La Greystone Ltd, fondata dall’ex Navy Seal Christofer Burger, forniva servizi di logistica aerea e di protezione a clienti stranieri (lasciando alla Blackwater i contratti con il governo americano). Dal 2010 è stata acquisita dall’attuale proprietà e registrata alle Bermuda come società autonoma. Le voci più recenti, tralasciando quelle riportate da Bild, sarebbero del 2012, pubblicate in un blog della società in cui si parla di un’attiva presenza sul mercato russo e caucasico con servizi di protezione di dirigenti e funzionari. In passato, la Greystone era intenzionata ad aprire una propria struttura addestrativa presso l’ex base navale americana di Subic Bay, nelle Filippine. Il progetto abbandonato, visti i recenti accordi di ritorno delle truppe “a stelle e strisce” in territorio filippino, chissà non si tratti di una sorta di ripensamento. Sulla questione dei contractors occidentali, il Dipartimento di Stato ha più volte commentato che “come Stati Uniti, non abbiamo alcuna unità militare americana in Ucraina.”
Tornando alla Academi e alla sua nuova ed edulcorata immagine, è stato creato un consiglio d’amministrazione (che precedentemente non esisteva) ed assunto un nuovo staff dirigenziale. Tra le priorità vi è appunto il mantenimento di un’ottima reputazione aziendale per riguadagnarsi “l’onore ed il privilegio di servire”, senza inficiare la qualità dei servizi. Il National Law Journal l’ha premiata nel 2013 con il prestigioso Corporate Compliance Office of the Year”. E’ inoltre membro dell’ICoC (l’International Code of Conduct for Private Security Service Providers) e ISOA (la International Stabilization Operations Associacion), i principali organi associativi del settore. Ai vertici troviamo personaggi del calibro dell’ex procuratore generale degli Usa, John Ashcroft, l’ex consigliere della Casa Bianca e vice presidente di gabinetto, Jack Quinn, l’ex direttore dell’NSA ed ammiraglio in congedo, Bobby Ray Inman. Per quanto riguarda la proprietà, dal dicembre 2010 apparterrebbe ad un gruppo di investitori privati, senza andar oltre. I dietrologi indicano la Monsanto, l’invisa multinazionale delle biotecnologie; voci più accreditate, ma pur sempre tali, vogliono come proprietarie la Forte Capital Advisers e la Manhattan Growth Partners, due private equità; una delle quali sarebbe legata al fondatore di Blackwater, Erik Prince.
Seguendo la tradizionale “immortalità” che pare accompagnare tutti i leggendari protagonisti del mercenariato prima, e delle PMC ora (i vari Tim Spicer, Bob Denard e altri “dogs of war”), Erik Prince sembra non costituire l’eccezione. L’ex ufficiale dei Navy Seals, dopo aver incassato dal Governo americano $ 1,5 miliardi in contratti dal 2001 al 2009, sembrava essersi ritirato dal mondo delle PMC.
Dopo gli incidenti e scandali che avevano investito la sua società e la sua persona (primo fra tutti il massacro di Nisoor Sqare a Bagad in cui morirono 17 civili) ha venduto la Xe (precedentemente Blackwater) a fine 2010 e si è trasferito negli Emirati Arabi, facendo continuamente la spola con la Virginia.
Il principe di Abu Dhabi, sceicco Mohamed bin Zayed al-Nahyan avrebbe ingaggiato Prince per addestrare un battaglione di 800 contractors stranieri (a maggioranza colombiana) da impiegare per operazioni speciali, protezione di oleodotti e grattacieli dal terrorismo e per sedare rivolte interne sulla scia delle Primavere Arabe. Tali truppe sarebbero state costituite anche in chiave anti-Iran per entuali riconquiste delle isole contese nel Golfo Persico.
Una forza di colombiani, sudafricani e atri stranieri addestrati da istruttori dei reparti speciali americani, tedeschi e britannici e della Legione Straniera che si sarebbe dimostrata al di sotto degli standars obbligando gli istruttori stessi a prendervi parte e rinfoltirne le fila. L’organico del battaglione è stato quindi ridimensionato a circa 580 uomini.
Per organizzare la forza, sarebbe stata creata ed incaricata la Reflex Responses o R2 ( proprietà locale al 51%) in cui il nome di Prince non comparirebbe in alcun modo. Tra i contratti che lo sceicco avrebbe stipulato con l’ex di Blackwater ci sarebbe anche la protezione di una serie di centrali nucleari in progetto, cyber security e addestramento di truppe somale per combattere la pirateria nel golfo di Aden.
Il portavoce di Prince, Mark Corallo, ha negato suoi coinvolgimenti nelle summenzionate vicende. Lo stesso Erik Prince, apparso in un’intervista web a febbraio, aveva dichiarato di essersi ritirato dal business delle PMC dal 2010. Da segnalare anche l’uscita a gennaio di un suo libro molto criticato, con il quale si è ripromesso di fare luce sulla sua storia e quella della sua ex società per combattere la disinformazione e l’ostilità che il business della sicurezza privata ha sempre incontrato. Attualmente dirige la Frontier Resource Group, una finanziaria impegnata in consulenze per investitori israeliani e cinesi nel nuovo “scramble for Africa”.
Ancora una volta, il ricorrere (o meno) alle PMC e ai contractors ha permesso di poter creare una campagna di negazione continua che rappresenta uno dei valori aggiunti dell’utilizzo di queste entità piuttosto che ricorrere ad organi od agenzie statali. Se il business della sicurezza privata è in costante e continua crescita, lo “scaricabarile” è una delle ragioni principali.
Foto: contractors americani a Donetsk (Youtube/Daily Mail)
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.