Privatizzare la guerra in Afghanistan: ecco il piano di Erik Prince!
Dopo il siluramento “estivo” del suo progetto di privatizzazione della guerra in Afghanistan – Trump ha optato per l’invio di ulteriori 3.500 uomini – Erik Prince, già amministratore delegato della società militare privata Academi (ex Blackwater) e ora dirigente di FSG Group si è rivolto ad altri interlocutori: Governo afghano, CIA ed altre agenzie d’intelligence.
Nel frattempo il sito BuzzFeed è riuscito ad impossessarsi di “An Exit Strategy for Afghanistan” (Una Strategia d’Uscita per l’Afghanistan),una presentazione di cui Prince si è avvalso per perorare la propria causa: rilevare le operazioni dei militari americani e sfruttare le risorse minerarie del Paese per finanziarne la stabilizzazione, svilupparne l’economia ed ottenere risorse strategiche per gli Stati Uniti. Insomma, una soluzione “chiavi in mano” apparentemente costellata di opportunità, ma anche di perplessità sfociate in un acceso dibattito.
La situazione Attuale
Sedici anni di coinvolgimento nella guerra più lunga della storia degli Stati Uniti, nonché la seconda più costosa, non hanno ancora permesso ad americani ed afghani di chiudere il conto coi talebani. Anzi, mentre le forze afghane continuano a soffrire di una cronica mancanza di effettivi, equipaggiamento ed addestramento, i talebani sono addirittura attivi nel 70% del Paese.
Dati più precisi parlano di 14 distretti nelle loro mani ed altri 263 in cui operano quasi indisturbati. Una presenza crescente ed allarmante è anche quella dello Stato Islamico che, seppur più concentrato a colpire i rivali talebani e la popolazione civile che non le forze governative, contribuisce a deteriorare una già precaria situazione. A coronare questo fallimento la notizia che la produzione di oppio ed aree destinate alla sua coltivazione sono quasi raddoppiate rispetto al 2016.
Donald Trump, da sempre insofferente ad un fardello ereditato dalle precedenti amministrazioni, ha spinto i vertici della Difesa – James Mattis e H. R. McMaster – ed esponenti delle PMSCs – Erik Prince e Steve Feinberg, sostenuti da Steve Bannon – a competere strenuamente per presentare un progetto risolutivo; definitivo stavolta!
Il Piano di Prince
Gli obiettivi primari della proposta di Erik Prince prevedono l’eliminazione dei santuari dei terroristi, ossia quei rifugi od aree in cui possono organizzarsi e pianificare attacchi contro gli Stati Uniti. Il ritiro dal Paese di tutte le truppe americane (~15.000) e dei contractors al loro seguito (~26.000). Il rafforzamento del controllo governativo ed un’”afghanizzazione” del conflitto, attraverso un impiego più efficiente ed efficace delle forze armate locali.
Per ottenere ciò vi è la necessità di nuove misure che, diversamente da quelle finora adottate, consentano alle forze afghane un’inversione di rotta: da un approccio esclusivamente difensivo, subendo passivamente gli attacchi nemici, ad una fase più attiva ed offensiva.
Mettendo costantemente i talebani sotto pressione, con team di CIA e forze speciali più aggressivi come nell’immediato post -11 Settembre, li si potrebbe costringere seriamente al tavolo delle trattive ed eliminare anche l’ISIS. Una volta garantita la sicurezza, lo sfruttamento delle risorse minerarie del Paese porterebbe ricchezza e stabilità.
Per quanto riguarda le operazioni terrestri, in ogni battaglione dell’ANA – Afghan National Army – verrebbero incorporati team di 36 consiglieri. Ex operatori delle forze speciali dalla comprovata esperienza, questi contractors trasmetterebbero capacità e doti di leadership, comunicazione, intelligence, pronto soccorso, armi e logistica agli afghani.
Il tutto attraverso dispiegamenti di lungo termine – addirittura anni! – in modo da acquisire una completa consapevolezza e conoscenza del contesto operativo. In sostanza, ciò che manca ai militari americani che, dopo mesi di dispiegamento, rientrano in patria lasciando il posto a sostituti inesperti.
Operando integrati in unità afghane, i contractors eviterebbero poi di esser considerati mercenari, con le relative ripercussioni. I mentori dovrebbero curare anche le Village Stability Operations, operazioni di contro-insurrezione mirate a creare sicurezza, governance e sviluppo per espandere l’influenza governativa in aree dove essa è limitata o assente.
La componente aerea, invece dovrebbe esser rafforzata e messa in grado di fornire la più ampia gamma di servizi: supporto ravvicinato, ricognizione, logistica, risposta sanitaria e trasporti. Nonostante gli ingenti fondi ed impegno profuso dagli occidentali, infatti l’aeronautica di Kabul versa ancora in condizioni critiche e non è in grado di supportare le proprie unità di terra. In attesa di poter contare pienamente su piloti e manutentori locali, il cui addestramento richiede tempo e risorse, s’interverrebbe con personale straniero.
Le decisioni di “premere il grilletto” sarebbero di esclusiva competenza afghana. Si dovrebbero realizzare anche apposite infrastrutture più economiche, capillari ed ottenere velivoli appropriati per intervenire nell’arco di un’ora in qualunque zona del Paese.
Un adeguato supporto aereo ed una rapida assistenza medica alle unità combattenti, infatti non consentirebbero solo di ridurre le perdite, mille caduti e 600 feriti al mese secondo il report di Erik Prince (un po’ meno ma sempre molto alte secondo altre fonti) – ma anche di risollevare il morale degli afghani. Ciò potrebbe portare ad una sostanziale riduzione delle diserzioni, nonché il rientro in servizio di chi l’aveva abbandonato.
Un problema collegato e specificatamente citato è quello dei “ghost soldiers”, nomi fittizi o di caduti mantenuti negli elenchi ufficiali di forze armate e polizia per continuare ad incassarne gli stipendi od occultarne le diserzioni. Si pensi che i 319.595 uomini delle forze armate e di polizia afghane a giugno 2016, erano in realtà 120.000.
Si necessita pertanto una valutazione delle forze per comprenderne l’effettiva consistenza e sopperire ad eventuali carenze. Da estirpare anche la piaga dei bambini soldato, allontanandoli dai ranghi.
Precisi parametri di valutazione per le promozioni, infine consentirebbero di piazzare al comando personale competente, estirpando un sistema basato quasi esclusivamente su appartenenze tribali o corruzione.
Tutte queste correzioni verrebbero testate in due province strategiche; quelle in cui le truppe afghane si trovano maggiormente in balia del nemico: Nangharar ed Helmand. La prima rappresenta la via d’accesso ai santuari pakistani, nonché roccaforte sia del gruppo talebano della Rete Haqqani che dello Stato Islamico del Khiorasan.
Qui si trova la località di Tora Bora, teatro di un’importante battaglia per la cattura di Bin Laden ed una fitta rete di tunnel e vi si segnalano anche presenze significativa di litio e terre rare (gruppo di 15 elementi chimici).
Helmand costituisce invece il centro di gravità e principale fonte di reddito dei talebani della Shura di Quetta, ulteriore via d’accesso al Pakistan, dispone di elevati quantitativi di terre rare, uranio, magnesite e altri minerali.
Il piano di Prince prevede di realizzare un campo base presso l’aeroporto di Jalabad, con un organico di 99 specialisti. Altri 73 tra piloti e meccanici sarebbero impiegati per il funzionamento di 19 tra aerei, elicotteri, droni e palloni aerostatici frenati per un totale di 21.120 ore di volo.
La componente terrestre ammonterebbe a 144 mentori, divisi in 4 team per ognuno dei 4 battaglioni afghani schierati in altrettante basi operative avanzate.
Per Helmand invece è previsto un campo base presso l’aeroporto di Lashkar Gah con 107 specialisti, 105 tra piloti e meccanici per 31 aerei ed un complessivo di 31.460 ore di volo mentre sul terreno .agirebbero 475 mentori, integrati in 13 team da 36 uomini per ognuno dei battaglioni afghani. Provato il funzionamento della nuova strategia locale, si avrebbe luce verde per un’applicazione su scala nazionale.
Tre slides sono infine focalizzate sulle risorse minerarie e alla possibilità di iniziarne estrazione e commercializzazione. Il valore stimato di quelle di Helmand ammonta fino ad un 1 triliardo di dollari, di cui 1 miliardo in REE (Rare Earth Elements -Terre rare).
Quelle della provincia di Nangarhar invece, magnesite e talco, è di 4,3 miliardi. Secondo la presentazione, il mercato globale di REE è in mano ai cinesi che grazie alla mancanza di restrizioni, ambientali soprattutto, possono agire liberamente su prezzi e quantitativi d’esportazione. Prezzi ormai così bassi da scoraggiare altri Paesi ad aumentare la produzione o entrare nel mercato.
Un settore completamente nelle mani di Pechino rappresenta una minaccia per il settore elettronico e della difesa USA. Figuriamoci che, proprio quest’anno, una società cinese ha acquistato all’asta l’unica miniera statunitense di REE, appartenente alla Molycorp ormai in bancarotta. Qualora il Governo americano autorizzasse tale acquisizione, la Cina controllerebbe anche l’unica produzione domestica statunitense.
Servizi Aerei a Contratto
Incaricata della fornitura aerea sarebbe la Lancaster6, società di Dubai, la cui flotta presenta tutta una serie di particolarità. Innanzitutto, l’impiego di una serie di piattaforme datate, ma ancora concorrenziali: aerei d’attacco leggero A-4 Skyhawk, elicotteri d’attacco AH-1 Cobra, elicotteri multiruolo Super Puma e Gazelle ecc.
Gli A-4 Skyhawk sono in grado di trasportare un notevole carico bellico ed hanno un’autonomia di tutto rispetto. Velocità ed agilità li rendono ancora attraenti per quelle società private che forniscono all’USAF gli squadroni “aggressori” per l’addestramento: Draken International e ATAC Usa.
Gli Skyhawk potrebbero esser acquistati in seconda mano da uno dei Paesi in cui sono ancora in servizio – Argentina o Brasile – oppure da altre società di contactors. Altra opzione quella di sottoporre esemplari ormai inutilizzabili a tutta una serie di ammodernamenti per riportali in condizioni ottimali ed armarli con munizioni di precisione.
Molti elicotteri Cobra presenti sul mercato dell’usato, dispongono già di un sistema ottico – con camera elettro-ottica e ad infrarossi – integrato nella torretta, sotto il naso e la possibilità di lanciare missili TOW ed Hellfire.
Gli elicotteri anglo-francesi Gazelle sono anch’essi fuori produzione, ma ancora in servizio in giro per il Mondo, sia in ambito civile che militare.
Revamping, modifiche e conversioni, ove possibile, vengono realizzate “internamente”, ossia da società collegate o controllate da Prince. I LASA T-Bird ad esempio, non sono altro che aerei agricoli Thrush 510G che la società austriaca Airborne Tecnologies e la bulgara LASA Engineering hanno armato e convertito in aerei da ricognizione ed attacco leggero.
Altra piattaforma verosimilmente destinata a modifiche è quella del cargo russo Antonov An-26 che si vorrebbe convertire in cannoniera volante (An-26G); una versione che attualmente nemmeno esiste. La fusoliera dell’Antonov, infatti ben vi si presterebbe: al posto dei numerosi finestrini, sul lato sinistro si potrebbero collocare dei supporti per cannoni automatici, oppure torrette con sensori per il sistema di puntamento per munizioni di precisione. In commercio già esistono rastrelliere per bombe ed altre soluzioni modulari per gli An-26; Airborne Tecnologies e LASA Engineering potrebbero completare l’opera.
Anche per ricognizioni ed intelligence si andrebbero ad utilizzare sistemi di produzione interna: Il Lioneye, drone realizzato dalla Lancaster6 stessa, dotato di un’autonomia di 12 ore. Di derivazione commerciale invece i bimotori a turboelica Diamond DA-62 e palloni aerostatici frenati, con tutta una pletora di sensori e videocamere. Così come l’innovativa e letale applicazione Safestrike con cui le truppe di terra possono ottenere l’intervento di intercettori o cacciabombardieri per sgombrare lo spazio aereo o una determinata area di territorio dal nemico.
Contractors per la CIA
Nonostante il rifiuto di Trump, Prince starebbe continuando a portare avanti la sua strategia. Si sarebbe infatti consultato con diversi esperti per risolvere spinose questioni, quali responsabilità e perseguibilità dei contractors in caso di reati, per poterli così impiegare liberamente nel Paese.
Oltre alla Casa Bianca e a Kabul, Prince avrebbe avanzato la sua proposta anche a CIA ed altre agenzie d’intelligence.
Il ruolo paramilitare di Langley si sta infatti espandendo, sia con un maggior impiego di droni, che attraverso piccole squadre sul campo. Nel loro “mirino”, finora quasi esclusivamente tarato su al-Qaeda, stanno entrando sempre più anche i talebani.
Essendo la propria forza paramilitare molto ridotta – poche centinaia di operatori – e dovendo affrontare un numero crescente di nemici e missioni, l’agenzia sarà obbligata a ricorrere al programma Omega, prendendo operatori in prestito dalle forze armate oppure assumendo dei contractors. Un servizio a quanto pare già fornito da Prince nel 2004!
Pro e Contro
Prima di disquisire su fattibilità e validità della strategia proposta, bisognerebbe effettuare le consuete considerazioni generali inerenti al ricorso alle Compagnie Militari e di Sicurezza Private: Dalla loro professionalità, rapidità ed economicità nel medio-lungo periodo alle frodi, crimini e reati.
Praticamente dal 2001, forze armate, agenzie d’intelligence, organizzazioni governative ed anche società private americane, dei Paesi della Coalizione ed internazionali si sono avvalse di tutta una serie di servigi da esse forniti.
Una corsa all’oro durata fino al 2010, quando il presidente afghano Hamid Karzai, per i reati commessi e la mancanza di chiari meccanismi di controllo e supervisione, le ha messe al bando ad eccezione di quelle al servizio di della NATO
Tutta una serie di puntualizzazioni vanno poi fatte sullo specifico caso, relativamente al suo stato attuale ed alle personalità fisiche e giuridiche coinvolte.
Uno dei concetti base del progetto di Prince, almeno in origine, era quello di nominare un “viceré” che accentrasse e controllasse tutti gli sforzi della Coalizione, massimizzandone i risultati e riducendo frodi e corruzione. Il tutto avvalendosi di una realtà privata simile alla storica Compagnia delle Indie Orientali.
Oltre a non appianare la grossa difficoltà di dover operare col Governo ed Istituzioni locali, questa nuova figura di sgradevole reminiscenza coloniale avrebbe potuto accrescere ulteriormente l’avversione per gli occidentali ed il supporto ai talebani.
A far da sfondo all’intero progetto vi è anche un grosso conflitto d’interessi. La Lancaster6 sarebbe legata alla Frontier Services Group, società fondata e diretta da Erik Prince assieme ad esponenti del governo cinese. Il CEO di Lancaster6, Christiaan Durrant era capo della componente aerea di FSG.
E’ chiaro che il destino di un Paese in cui lo Zio Sam ha “investito” la vita di più di 2.400 militari e $ trilioni di dollari rischia di finire nelle mani di un uomo d’affari e di una società che collaborano col Governo Cinese; un governo con cui Washington compete ormai globalmente su più fronti.
L’idea di sfruttare le risorse minerarie ha fatto storcere il naso a molti ma si presta a una duplice interpretazione. Che le risorse minerarie siano sempre state un preoccupante e riprovevole pallino di mercenari prima – vedi Sandline International ed Executive Outcomes nell’Africa ed Asia post-coloniali – e PMSC dopo – società russe incentivate a cacciare lo Stato Islamico in Siria con diritti d’estrazione – è ormai assodato.
Quello che si tende a non considerare, è che lo sviluppo – sostenibile – di un settore ed attività mineraria possa migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, diffondere un crescente benessere e stabilizzare il Paese.
I sostenitori del progetto ribadiscono che, vista la quasi ventennale strategia fallimentare del Pentagono, l’attuale mini-surge di uomini e bombardamenti non possa funzionare. Con l’elevata impopolarità raggiunta dalla campagna, l’impiego di contractors ed un controllo diretto afghano potrebbero conferire l’adeguata legittimità e flessibilità per, se non risolvere la situazione definitivamente, almeno farla passare in sordina.
Dall’altra i detrattori faticano a comprendere come Prince possa anche solamente eguagliare ciò che Stati Uniti e NATO sono riusciti ad ottenere con miglia di truppe e forze aeree. Un’afghanizzazione delle operazioni militari, se non supportata da capacità apprezzabili, potrebbe rivelarsi addirittura controproducente e danneggiare ulteriormente il Governo centrale. Senza parlare poi degli ingenti costi e sforzi logistici!
Vista la decisione di Trump è alquanto improbabile che Prince raggiunga il suo scopo, almeno nel breve periodo. Tuttavia, visti i fallimenti finora collezionati, in molti spingono per cambiamenti e nuove soluzioni.
Foto: AP, AFP, Air Pictures, Charlie Kirkpatrick (Flickr) e US DoD
Pietro OrizioVedi tutti gli articoli
Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.