In Francia dilagano jihadismo e violenze islamiche
Marsiglia è un’antologia del multiculturalismo figlio dell’immigrazione incontrollata. Quel multiculturalismo fatto di violenza e minacce, di violenze sessuali e donne velate, di omicidi e kalashnikov. Come quelli che imbracciavano i briganti incappucciati e che lunedì pomeriggio hanno puntato contro un altro gruppo di giovani nel quartiere Busserine. Una delle ormai innumerevoli no-go-zone francesi, cuore europeo dell’islam radicalizzato.
Niente terrorismo – questa volta, solo un regolamento di conti in un uno dei tanti angoli d’Europa controllato da immigrati. Le forze dell’ordine contano poco: è anche contro la polizia accorsa sul posto che i kalanshikov hanno aperto il fuoco. Nessun morto, solo diversi feriti.
Nel febbraio 2015 individui armati fino ai denti nel quartiere de La Castellan tentarono di uccidere a raffiche di fucili d’assalto Pierre-Marie Bourniquel, capo della polizia di Marsiglia. E ancora nell’ottobre 2017 due ragazze vennero uccise a coltellate da un islamico nordafricano al grido di “Allah Akbar”.
Marsiglia è una città ad alta densità di immigrati islamici, per lo più algerini, e molti quartieri sfuggono ormai al controllo delle autorità. Ma non è la sola. Quanto le cose si facciano sempre più pericolose in molkte città frabcesi lo sta comprendendo anche il ministero degli interni, Gérard Collomb. All’inizio di aprile, in un’intervista al quotidiano Ouest-France, è stato costretto ad ammettere che le autorità francesi hanno sventato venti attacchi jihadisti solo nel 2017 e due nel 2018.
Al momento delle dichiarazioni, la Francia piangeva ancora l’eroe Arnaud Beltrame, mentre l’Europa si mostrava assuefatta all’ennesimo attentato al grido di “Allah Akbar”. Ma Collomb non poteva sapere che di lì a poche settimane, tra l’Opéra e la sede della borsa, tra locali, bar e strade affollate, un altro “soldato” dello stato islamico munito di coltello avrebbe fatto versare a nuove vittime ancora sangue.
Un ventenne nato in Cecenia, naturalizzato francese quando ne aveva 13, incensurato ma già segnalato per la sua radicalizzazione islamica, questo il profilo dell’attentatore. Già, perché il ministero dell’Interno in quell’intervista non aveva fatto in tempo a denunciare che dei 26mila jihadisti segnalati in Francia come altamente pericolosi solo venti erano stati espulsi.
E intanto il 18 maggio è stato reso noto che oltre le Alpi un nuovo attentato è stato sventato. Due fratelli di origine egiziana sono stati arrestati a Parigi perché intercettati mentre organizzavano un attacco “con esplosivo o con ricina, un veleno fortissimo”. “I due – ha spiegato Collomb – erano in possesso di alcuni tutorial che spiegavano come mettere a punto veleni a base di ricina”. Il ministro ha sottolineato come le autorità francesi siano impegnate quotidianamente nel tentativo di intercettare persone sospette e potenziali terroristi.
La Francia non riesce ad uscire dall’incubo attentati e le notti in bianco si moltiplicheranno ancora fino a quando non riuscirà ad ammettere che il radicalismo islamico è alimentato dalla dottrina musulmana e non da ignoranza e povertà.
La capitale è invasa da immigrati illegali, non c’è più spazio nemmeno nelle chiese utilizzate spesso come dormitori. Solo un mese fa il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, invitava il governo a dare un rifugio agli oltre duemila afgani che bivaccano lungo il Canal Sain Martin, nel nord-est della città, e ai 1.500 sudanesi ed eritrei accampati sul Canal Saint-Denis.
“Se non si fa nulla, tra due settimana ce ne saranno tremila”, ha detto la Hidalgo costretta ad ammettere quel che non avrebbe mai voluto. A Calais preventivamente, infatti, sono state dispiegate già nuove forze poliziesche per impedire il ritorno della “giungla”.
Una soluzione al problema è stata offerta dai membri del Partito Comunista e da altri gruppi di estrema sinistra del Consiglio Comunale di Parigi, che hanno presentato una proposta per istituire un imponente rifugio per immigrati nell’iconico parco bois de Boulogne di Parigi, nel sedicesimo arrondissement della città.
La proposta è finalizzata al raggiungimento di un “riequilibrio territoriale” affinché i migranti siano distribuiti in tutte le parti di Parigi, dicono. “Tutti devono partecipare allo sforzo”, ha detto Jean-Noël Aqua, consigliere municipale comunista. “La solidarietà deve essere dimostrata da tutti i quartieri di Parigi”. Accoglienza prima di tutto.
E se le strade sono invase, il baccanale di luoghi comuni aromatizzati al buonismo politicamente corretto non può reggere il confronto con una realtà che denuncia falle gravissime in tema di sicurezza. Ad aprile una jihadista è stata trovata in possesso di una penna USB contenente file sensibili, un elenco di nomi e numeri di ben 2626 ufficiali dell’ intelligence francese.
La donna era finita sotto indagine per i suoi legami con Larossi Aballa, il jihadista venticinquenne che nel quartiere nord occidentale di Magnanville, nel giugno 2016 aveva ucciso una coppia di poliziotti, in diretta Facebook, e dedicando il gesto ad Allah e al mese sacro, al Ramadan.
L’islam che non cerca integrazione, ma solo separazione, ancora qualche settimana fa mandava in carcere a Givors un uomo che aveva tentato di strangolare il fidanzato della figlia ventiseienne perché non musulmano. Alla stazione centrale di Saint Brieuc due uomini al grido di “Allahu Akbar” minacciavano, invece, di uccidere il capotreno mentre inveivano contro francesi e cristiani.
Eppure invece del carcere li hanno ospitati in un ospedale psichiatrico. Lo stesso dove è stata trasferita un’altra donna che, qualche giorno più tardi, ha minacciato di farsi saltare in aria – con i suoi bambini di due e quattro anni – al festival di Cannes.
Quando più o meno una settimana dopo, poi, una donna musulmana è stata arrestata per essersi rifiutata di togliersi il velo, a Tolosa, sono scoppiati quattro giorni di scontri. La legge francese vieta l’uso di niqab negli spazi pubblici, e quando la donna, al rifiuto delle forze dell’ordine, è stata fatta accomodare nella volante, una ventina di uomini e donne hanno attaccato l’auto della polizia, costretta a usare lacrimogeni per sfuggire alla folla inferocita.
A Bellefontaine, e nei distretti limitrofi di Reynerie e Mirail, ‘zone de sécurité prioritaires’ – no-go-zone -, centinaia di musulmani hanno animato una guerriglia urbana in segno di protesta che è degenerata per i giorni successivi. E lo Stato poco può farci. Nessuno riesce a sedarli.
Nel frattempo si discute sulla leicità di negare la cittadinanza ad una donna algerina che si è rifiutata di stringere la mano (per motivi religiosi sic!) alle autorità durante la cerimonia di naturalizzazione.
Integrazione, dicevano, mentre l’allarme di “pulizia etnica” degli ebrei a Parigi – e richiesto direttamente dal Corano – denunciato, oltre che dalla cronaca, anche da più di duecentocinquanta personalità pubbliche francesi che hanno voluto firmare un manifesto contro “il nuovo antisemitismo portato in Francia dall’immigrazione di massa dal mondo musulmano”.
Sarebbero circa seicento le famiglie ebree che hanno lasciato Tolosa e sono immigrate in Israele, negli ultimi cinque anni, a causa del crescente antisemitismo, ha denunciato il vicesindaco della città, Aviv Zonabend. “L’antisemitismo in Europa, in Francia, a Tolosa è dell’islam politico”, ha affermato il vicesindaco. “Il futuro del popolo ebraico in Europa è senza speranza”.
Foto: AP, AFP e Reuters
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Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli
Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.