Libia: Roma “ricuce” i rapporti con Haftar per evitare il caos
Le iniziative del governo italiano in Libia, inclusa la recente visita a Bengasi del ministro degli esteri, Enzo Moavero Milanesi, si inseriscono in un contesto divenuto nuovamente esplosivo nella nostra ex colonia.
E’ stata una nuova milizia avversaria del premier Fayez al Sarraj, nota come “Harak Shabab Tarablus” (Movimento giovani di Tripoli), a lanciare nelle prime ore di mercoledì alcuni razzi contro l’aeroporto di Mitiga. Lo rivela il sito al-Motawaset che segnala come il gruppo abbia postato sulla propria pagina Facebook (nata solo sabato scorso) un video su un’operazione di lancio di razzi sull’ aeroporto” dopo aver annunciato l’intenzione di farlo.
In un comunicato postato su Facebook la nuova formazione si dichiarava avversaria delle “milizie che dominano la ricchezza del popolo” e quelle “che si trovano all’aeroporto” accusate di comportarsi come “una fonte di pressione, furto e ricatto per attuare le agende straniere e le idee integraliste venute da certi stati, tra cui l’Arabia Saudita”.
Secondo il portale “al Wasat”, colpi di mortaio sono stati uditi anche in altre parti della città mentre l’aeroporto di Mitiga è stato nuovamente chiuso e tutti i voli in partenza e in arrivo a Tripoli sono stati spostati per motivi di sicurezza all’aeroporto di Misurata, 187 chilometri a est della capitale.
“Dobbiamo ridurre l’influenza dei gruppi che usano le armi solo per raggiungere i loro interessi particolari. Gruppi che si sono abbandonati al saccheggio dello Stato, dei residenti della città, delle istituzioni sovrane. Dobbiamo rivedere gli accordi di sicurezza per la capitale” ha detto l’inviato dell’Onu in Libia, Ghassan Salamè.
Gli scontri tra milizie intorno a Tripoli non sono l’unica minaccia alla già traballante stabilità libica. Il 10 settembre lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco alla sede della Noc, la Compagnia petrolifera nazionale libica, nella capitale minacciando di colpire “presto” anche i pozzi di petrolio. Il commando terroristico ha fatto irruzione nella sede armi in pugno, innescando esplosioni e prendendo in ostaggio diversi dipendenti.
Il bilancio dell’attacco é stato di due funzionari della Compagnia e due terroristi uccisi, oltre che di dieci feriti. “Confermiamo che i giacimenti di petrolio che sostengono i crociati e i loro progetti in Libia sono un obbiettivo legittimo dei mujaheddin e i giorni a venire ne saranno testimoni” ha annunciato l’IS che il 2 maggio aveva colpito la sede della Commissione elettorale a Tripoli (almeno 13 i morti) e nell’agosto scorso aveva ucciso 6 miliziani del governo di accordo nazionale alle porte di Zliten.
In questo contesto la visita del ministro Moavero Milanesi a Khalifa Haftar rilancia gli sforzi italiani tesi a tenere aperto il dialogo con tutti per impedire un nuovo tracollo del paese.
Forse è esagerato parlare di “svolta” poiché già col governo Gentiloni il feldmaresciallo Haftar era stato accolto dai ministri Marco Minniti e Roberta Pinotti, ma è vero che per la prima volta un ministro degli Esteri italiano si è recato nella roccaforte della Cirenaica, liberata dall’Esercito nazionale libico dopo due anni di duri scontri con le milizie jihadiste per incontrare ufficialmente Haftar.
Un segnale importante per l’attuale governo italiano considerato che in precedenza il vicepremier Matteo Salvini, lo stesso ministro Moavero e la titolare della Difesa, Elisabetta Trenta si erano recati a Tripoli e a Misurata, senza però andare in Cirenaica.
A dare una mano a Roma, ai ferri corti con Haftar, sembrano aver contribuito gli ottimi rapporti ristabiliti col Cairo e quelli consolidati con gli Emirati Arabi Uniti, entrambi sponsor di Haftar.
Per la Farnesina il ministro e il generale hanno avuto a Bengasi “un lungo e cordiale colloquio che ha rilanciato lo stretto rapporto con l’Italia, in un clima di consolidata fiducia” in cui vi è stata “ampia convergenza per un’intensa cooperazione e sul comune impegno per una Libia unita e stabile”.
I cittadini libici, ha sottolineato Moavero, “devono essere messi in grado di esercitare la propria sovranità e di poter decidere liberamente il proprio destino” con un chiaro riferimento alle elezioni che i francesi vorrebbero effettuare già in dicembre mentre per Roma attualmente non vi sono le condizioni di sicurezza e di intesa nazionale necessarie.
Dal canto suo, prosegue ancora la Farnesina, Haftar ha espresso al ministro Moavero “il suo apprezzamento per l’impegno di politica estera dell’Italia, ritenuto imprescindibile per la Libia, grazie anche alle svariate e articolate iniziative e proposte che lo caratterizzano”. Il feldmaresciallo libico ha aggiunto di “essere pronto a dare il suo contributo per supportare attivamente la sicurezza, la stabilizzazione e il dialogo nel paese, per il bene di tutti i libici”.
Una netta marcia indietro quindi rispetto alla recente intervista in cui definiva l’Italia come “il nemico” minacciando un golpe militare contro “i terroristi” di Tripoli.
Nel corso del colloquio, il ministro Moavero e Haftar hanno anche affrontato “gli altri temi di reciproco interesse”. In particolare, conclude la Farnesina, hanno passato in rassegna le modalità attraverso le quali intensificare la collaborazione in campo umanitario e rafforzare il contrasto al terrorismo e ai trafficanti di ogni tipo, nonché agli sfruttatori di esseri umani.
Secondo l’analisi dell’Agenzia Nova, gli obiettivi della visita a Bengasi del ministro Moavero erano almeno tre:
- favorire il dialogo politico inclusivo e il processo di riconciliazione nazionale promosso dall’iniviato Onu, Ghassan Salamé;
- condividere obiettivi e finalità della Conferenza internazionale sulla Libia ospitata in Italia (molto probabilmente in Sicilia) a novembre;
- sostenere un processo politico pacifico e inclusivo nella prospettiva delle elezioni.
Non è ancora chiaro se Haftar parteciperà alla conferenza organizzata dall’Italia come auspicato dalla Farnesina ma la decisione che prenderà confermerà o meno se il riavvicinamento all’Italia è concreto o solo di facciata.
E’ evidente che la conferenza siciliana perderebbe ogni significato se mancasse uno dei due più importanti protagonisti politici (e il più importante sul piano militare) della crisi libica.
Al tempo stesso l’Italia è costretta dai suoi interessi a perseguire una doppia strada: da un lato coinvolgere Haftar per trovare intese con Tripoli che favoriscano la pacificazione della nostra ex colonia ma dall’altro mantenere un saldo appoggio al governo di Fayez al-Sarraj perché è in Tripolitania che abbiano i nostri interessi energetici ed è da quelle coste che si continua a configurare la minaccia dei flussi di immigrati illegali.
Sarraj sembra averlo ben compreso e infatti ha mostrato comprensione per la visita di Moavero a Bengasi. “Ho concluso una lunga conversazione telefonica con Moavero. Mi ha raccontato nel dettaglio del colloquio con Haftar. Siamo stati concordi nel ribadire che dobbiamo lavorare uniti, ma nulla vieta questi incontri bilaterali”.
Il premier di Tripoli, in un’intervista al Corriere della Sera, ha ricordato che “prima votare occorre il documento costituzionale che è pronto, ma non approvato. Purtroppo il parlamento di Tobruk non lo ha ancora esaminato. Senza Costituzione come si può andare al voto nazionale? E comunque prima di votare occorre che il Paese sia sicuro.
Non si può votare con l’instabilità nelle strade. Infine è necessario che tutti accettino il risultato delle urne. Servono regole condivise” ha detto il premier aggiungendo che la conferenza prevista in Italia a novembre “va pensata bene” e “Francia e Italia devono risolvere le loro dispute bilaterali riguardo alla Libia”.
(con fonte Nuova Bussola Quotidiana)
Foto: Reuters, AP, AFP e Libya Observer
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.