Operazione “Scudo del Nord” lungo la Blue Line
dal nostro corrispondente a Tel Aviv
È il terzo in meno di una settimana. Dal 4 dicembre, giornata d’avvio dell’operazione Scudo del Nord (Northern Shield, in inglese, e Magen Zfoni,in ebraico), l’esercito israeliano ha già individuato e neutralizzato tre tunnel di attacco di Hezbollah che dal Libano del sud penetrano in Terra Santa.
Tuona il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, alla sola idea di un’escalation: “Se attaccano, soffriranno una reazione inimmaginabile”. Intanto, le forze di difesa israeliane hanno posto cariche esplosive all’interno della galleria, avvertendo che chiunque tenti l’ingresso lo fa a suo rischio e pericolo.
Quello dei tunnel sul fronte libanese è un vecchio sospetto. L’esercito israeliano formulòa questa ipotesi per la prima volta nel 2013. Un anno prima Hassan Nasrallah, leader di Hezbolla, annunciò di avere “un piano per conquistare la Galilea”.
Nel 2014, quell’ipotesi si concretizzò, ma a scavare è Hamas, al confine con Gaza. Così gli israeliani, con il supporto americano, investono per sviluppare una tecnologia all’avanguardia, basata su microsismi indotti, capace di individuare gallerie anche a grande profondità. Lo chiamano “Iron Dome sotterraneo”, ispirandosi al sistema di difesa antimissile Iron Dome.
Questo invece è un sistema di monitoraggio di vibrazioni che preleva dati dal terreno, elabora complessi algoritmi e li invia a un centro di controllo e di analisi.
Dallo scorso ottobre al confine con il Libano, le forze di difesa israeliane impiegano questa tecnologia congiuntamente a fitte ispezioni aeree e sono così in grado, non solo di individuare i tunnel, ma anche di ottenere chiare indicazioni sul loro percorso.
Il primo è stato trovato e neutralizzato il 4 dicembre. Scavato a 25 metri di profondità, parte da un’abitazione civile nel villaggio libanese di Kafr Kila e sbuca a sud di Metulla, cittadina al confine nord di Israele.
Il portavoce militare dell’esercito, Jonathan Conricus, ha rassicurato che la galleria è stata scoperta “prima che diventasse operativa e fosse un’imminente minaccia per la sicurezza dei civili israeliani”.
Hezbollah ha commesso “un’evidente e grave violazione della sovranità israeliana e dato ulteriore prova del mancato rispetto delle Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite” che dal 2006, anno di inizio e conclusione della seconda guerra del Libano, demarca il confine israelo-libanese.
Queste accuse continuano a rimbalzare su tutti i mezzi di comunicazione da una settimana e sembrano diventate lo slogan dell’operazione Scudo del Nord: l’8 dicembre viene scoperto un secondo tunnel e l’11 un terzo.
“Sono abbastanza larghi perché ci passino plotoni” spiega Netanyahu, che ormai non esclude più l’ipotesi che l’operazione di neutralizzazione dei tunnel possa, per questioni di necessità, estendersi anche in territorio libanese.
Al contrario delle gallerie costruite da Hamas, che consentono per lo più l’accesso a una persona per volta, quelle sul fronte libanese sono molto più ampie, dispongono sistemi di areazione e permettono il passaggio persino a motoveicoli.
Il generale italiano Stefano Del Col, comandante del contingente Unifil delle Nazioni Unite, è tra i primi a confermare l’esistenza del tunnel di Hezbollah. Unifil dal 2006 è responsabile del monitoraggio delle cessate ostilità tra i due stati mediorientali e dovrebbe anche assicurare il rispetto delle sovranità territoriali.
Da anni le forze di difesa israeliane lamentano il fallimento Unifil, che non solo non è stato in grado di disarmare Hezbollah, ma non ha saputo impedire il successivo afflusso e stoccaggio di armi nel sud del Libano.
L’ultima mappa militare, pubblicata dal Washington Post, mostra la presenza di più di 40mila razzi campali nel Paese, tra cui centinaia a lungo raggio. La maggior parte sarebbero collocati nel sud del Libano, per lo più in case e ospedali.
Proprio questa delicata posizione sarebbe alla base del fallimento della missione delle Nazioni Unite, che per anni hanno rifiutato di ispezionare i siti indicati dalle autorità israeliane asserendo che, per entrare in proprietà privata, i caschi blu hanno bisogno di prove certe. Oggi, alcune di quelle case che gli israeliani indicavano sono le imboccature di tunnel la cui costruzione ha richiesto almeno due anni.
E a poco più di una settimana dall’avvio dell’operazione Scudo del Nord, le attività israeliane cominciano a risvegliare contese territoriali.
Le pattuglie libanesi guardano le Israeli Defence Forces (IDF) scavare al di là del confine. La tensione è acuta soprattutto nelle enclavi, zone su cui Israele reclama sovranità in accordo con una risoluzione delle Nazioni Unite che il Libano non ha mai accettato nella sua interezza, mantenendo il riserbo su 13 punti di confine.
In alcune di queste aree non c’è barriera di separazione, salvo tratti in cui l’esercito israeliano ha segnato il territorio con filo spinato.Negli ultimi anni vari incidenti si sono susseguiti quando gli israeliani hanno operato in queste zone: nel 2007 qualche scontro a fuoco, nel 2010 il tenente colonnello Dov Harari è stato ucciso da un soldato libanese mentre supervisionava le potature degli alberi nell’enclave adiacente il Kibbutz Manara.
La massiccia presenza di soldati libanesi al confine è segno del fatto che il governo di Beirut sta cominciando a formulare una risposta alle operazioni israeliane.
I due eserciti così vicini, con Hezbollah e Unifil ben presenti sulla “Blue Line” che separa i due Stati, costituiscono di certo una ricetta esplosiva.
Secondo gli analisti di intelligence israeliani di Debka File il vero rischio è un altro. Hezbollah starebbe preparando massicce dimostrazioni nei villaggi meridionali del Libano a maggioranza sciita, proprio di fronte agli israeliani che scavano per neutralizzare i tunnel. Migliaia di uomini, donne e bambini sarebbero già disponibili, secondo gli strateghi di Hezbollah che si sono ispirati alle manifestazioni che hanno tormentato il confine con la striscia di Gaza negli ultimi mesi.
Le fonti esclusive di Debka aggiungono che l’esercito libanese avrebbe già assicurato la protezione dei dimostranti e che i primi focolai di protesta dovrebbero accendersi nei villaggi di Meiss ej-Jabal e Marj Ayoun dove non c’è alcun muro di separazione con il villaggio israeliano Zar’it. Un’azione tale ostacolerebbe senza dubbio l’operazione Scudo del Nord e avrebbe risonanza internazionale.
Foto: IDF e Arab Press
Valentina CominettiVedi tutti gli articoli
Nata a Roma nel 1989, si laurea con Lode in Scienze Politiche e della Comunicazione alla Luiss Guido Carli. Ha frequentato diversi master di giornalismo e collaborato con diverse testate e con Radio Vaticana. Si occupa di sicurezza e geopolitica, ha seguito sul campo il conflitto ucraino e ha realizzato reportage nell'area balcanica. Attualmente vive in Israele dove è ricercatrice presso l'International Institute for Counterterrorism.