Carola Rakete e gli “ordini” di Berlino tra accuse, polemiche e smentite
(aggiornato alle otre 21,25)
Questa mattina Analisi Difesa ha ripubblicato un articolo uscito ieri sul sito de “Il Giornale” che riprendeva un articolo de “la Verità” che a sua volta citava un’intervista sulla tv tedesca “ZDF” rilasciata da Carola Rakete, capitano della nave Sea Watch 3 protagonista di aver “forzato” l’ingresso al porto di Lampedusa con il suo carico di immigrati illegali.
Nell’intervista i due quotidiani hanno ravvisato l’ammissione di Carola Rakete di aver agito su “ordine” del governo tedesco con l’obiettivo di mettere alle strette il governo italiano.
Interpretazione (e traduzione dal tedesco) smentita da altre fonti quali i quotidiani “La Repubblica” e “Il Post” o il sito “Open”, ma confermata dal sito d’informazione “TPI” (che afferma di citare l’audio dell’intervista televisiva non, la sua trascrizione incompleta), i cui testi sono riportati in questa stessa pagina.
Come ha spesso fatto anche in passato e sui temi diversi Analisi Difesa ripubblica i diversi interventi, pubblicati da media che hanno comunque un netto e contrapposto orientamento sul tema immigrazione, ritenendo la questione di grande interesse.
Carola Rackete: “Il governo tedesco mi ordinò di portare i migranti in Italia”
Andrea Indini da Il Giornale dell’11 agosto
Quando, per primo, il sito di contro informazione Journalistenwatch.com aveva svelato i legami tra l’ong Sea Watch (leggi l’approfondimento) e il governo tedesco, non era stato preso sul serio perché considerato troppo vicino all’estrema destra.
Eppure aveva scoperto che a bordo della nave, che ha scaricato in Italia una cinquantina di immigrati clandestini, c’erano anche due giornalisti della tv di Stato Ard che hanno filmato un reportage quasi agiografico sulla comandante Carola Rackete per la rubrica Panorama.
E, quando l’ex capo dei servizi segreti tedeschi, Hans-Georg Maaßen, aveva avvalorato questo drammatico retroscena, era stato scansato dai media rivangando i vecchi dissapori con Angela Merkel e, soprattutto, le sue simpatie per Alternative für Deutschland (AfD). Ora, è la stessa capitana ad ammettere che, dietro l’assalto al porto di Lampedusa della Sea Watch 3 c’era un disegno politico ben preciso.
“So che quanto sto per dire potrebbe essere strumentalizzato da qualche partito…”. A distanza di qualche settimana dal blitz nel porto di Lampedusa, la Rackete vuota il sacco e, in una intervista alla tv tedesca Zdf, ammette che fu il ministero dell’Interno tedesco a chiederle “di far registrare e portare tutti i clandestini a Lampedusa”.
È il collegamento che mancava per ricostruire l’assalto sferrato dalla Sea Watch al governo italiano che le aveva intimato il divieto di ingresso nelle nostro acque territoriali e di attracco nel porto dell’isola siciliana.
Che tra l’organizzazione non governativa e l’esecutivo guidato dalla Merkel ci fossero dei legami lo lasciva presupporre la presenza della troupe della tv di Stato Ard.
Il sito Journalistenwatch l’aveva definita “una geniale opera di propaganda” che “probabilmente” aveva “l’intento di provocare un confronto con le autorità italiane a ogni costo”.
La presenza dei due giornalisti della Ard aveva spinto Maaßen (nella foto a lato) a ipotizzare un diretto coinvolgimento del governo tedesco nelle operazioni di “salvataggio” della Sea Watch. “Se questa notizia fosse corretta, Panorama non sarebbe una trasmissione occidentale”, ha scritto in un tweet che dopo alcune ore era stato inspiegabilmente rimosso.
Qualche giorno più tardi l’ex capo dei servizi segreti, intervistato da Roberto Vivaldelli per InsideOver, aveva ammesso che “alcuni Paesi europei sono segretamente soddisfatti della destabilizzazione” che l’emergenza immigrazione porta in Europa.
La sua vicinanza con l’AfD aveva spinto i più a non dargli retta, anche è chiaro che, per il ruolo ricoperto fino all’anno scorso, ha ancora buone fonti all’interno della struttura di intelligence tedesca. Forse, davanti all’intervista della Rackete alla Zdf, oggi ripresa dalla Verità, i più inizieranno ad aprire gli occhi.
La Rackete ha, infatti, ammesso che sul proprio tavolo non aveva solo l’opzione di portare gli immigrati al porto di Lampedusa.
La municipalità di Rothenburg aveva proposto, infatti, di mandare un pullman in Italia per recuperare i clandestini e farli registrare in Germania. “Ma – ha rivelato la capitana – a negare la via terrestre è stato il ministro dell’Interno del nostro Paese”.
La rivelazione della Rackete non contraddicono affatto la linea adottata dal governo tedesco negli ultimi mesi. Anzi la confermano con forza. Il ministro dell’Interno Horst Seehofer (nell’immagone a sinistra) non ha mai mancato di opporsi alla linea dura adottata da Salvini per contrastare l’immigrazione clandestina.
“Matteo, che senso che mettere sempre in atto la stessa procedura se finisce sempre che i migranti scendono a terra?”, ha polemizzato nei giorni scorsi quando la Gregoretti era ancora bloccata davanti al porto di Lampedusa.
Dopo il recente vertice di Helsinki, i due ministri si rivedranno a settembre per fare il punto sull’emergenza immigrazione. In quell’occasione la Germania ribadirà la propria contrarietà alla chiusura dei porti e presenterà una nuova procedura che metta per iscritto “la necessità del salvataggio in mare”.
La posizione dei tedeschi è subdola: sanno bene, infatti, che se i migranti sbarcano e vengono registrati in Italia, spetterà al nostro Paese l’espulsione dei clandestini nel proprio Paese di origine e la ricollocazione in quei pochi Stati europei che hanno accettato le quote imposte da Bruxelles.
E le recenti rivelazioni sui “dublinanti” rispediti a Roma con voli charter dopo essere stati “storditi e sedati” dimostrano che a Berlino non c’è certo la minima intenzione a collaborare per fermare l’emergenza, ma se possono metterci in difficoltà non si tirano indietro. Anzi, affondano il colpo senza pietà.
Carola Rackete bersaglio sui social dopo la bufala degli ordini presi dalla Germania
da La Repubblica del 12 Agosto
Per i quotidiani sovranisti furono le autorità tedesche a dirle di sbarcare a Lampedusa, ma traducono in maniera falsa le sue dichiarazioni alla stampa tedesca. E sul web si scatenano gli odiatori
Gli odiatori si scatenano ancora contro la capitana della Sea Watch3 Carola Rackete. Tutto nasce da due articoli pubblicati da Il Giornale e Libero, in cui un passaggio dell’intervista che Carola Rackete ha rilasciato alla tv tedesca Zdf viene tradotto in maniera strumentale e falsa.
Rackete, indagata per favoreggiamento e violazione dell’articolo 1099 del Codice della navigazione dalla procura di Agrigento, ha infatti dichiarato che durante la missione conclusa con lo sbarco a Lampedusa lo scorso 26 giugno, prima della decisione di attraccare sull’isola c’erano state comunicazioni tra la ong e il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero degli Interni tedeschi.
Nell’intervista la capitana specifica che le autorità tedesche non hanno mai parlato direttamente con la nave e quindi con lei e che “di fatto non è stata proposta alcuna soluzione”. La capitana descrive un meccanismo che è frequente in queste situazioni, molte manifestazioni di simpatia e le dichiarazioni di città (nello specifico Rottenburg), pronte ad accogliere i migranti. Ma, sottolinea Rackete “ciò non era consentito dal Ministro degli Interni federale”.
Le dichiarazioni della capitana della Sea Watch diventano su Libero “Fu la Germania a ordinarmi di sbarcare a Lampedusa” e su Il giornale “Il governo tedesco mi ordinò di portare i migranti in Italia”. I tentativi di confutare quanto affermato dai due articoli sui social non ha sortito, come spesso accade, grande effetto e nelle ultime ore contro Carola Rackete si è scatenata una nuova ondata di odio. La bufala è stata rilanciata, tra gli altri, dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e dall’opinionista Diego Fusaro.
C’è un’altra bufala su Carola Rackete
da Il Post del 12 hgosto
Alcuni giornali italiani sostengono che abbia detto di aver avuto ordine dalla Germania di portare i migranti in Italia, ma non è così
Da ieri in Italia circola una notizia falsa su Carola Rackete, la comandante tedesca della nave della ong Sea Watch che a fine giugno fu al centro di un notevole caso mediatico, quando decise di ignorare un divieto del governo italiano e di sbarcare un gruppo di migranti a Lampedusa.
Secondo alcuni giornali italiani, durante un’intervista con la tv pubblica tedesca Rackete avrebbe ammesso che fu il governo tedesco a ordinarle di sbarcare in Italia i migranti. La presunta notizia confermerebbe una delle accuse che l’estrema destra italiana rivolge da anni alla Germania e altri paesi del Nord Europa: cioè di controllare segretamente le ong che soccorrono le persone nel Mediterraneo, che per gli obblighi del diritto marittimo sono quasi sempre tenute a sbarcare in Italia.
Nell’intervista però – qui il video, qui la trascrizione – Rackete una cosa diversa: al minuto 3.45 sostiene che il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer «insistette affinché i migranti fossero registrati in Italia». Seehofer stava semplicemente sottolineando che il primo passaggio per una redistribuzione dei migranti nei paesi europei – per cui la Germania in quei giorni si stava spendendo, insieme alla Commissione Europea – fosse la loro registrazione in Italia, obbligo previsto dal regolamento di Dublino che impone l’identificazione di chiunque metta piede in territorio europeo.
Seehofer stava probabilmente giocando una partita politica, perché in sostanza chiedeva all’Italia di fare sbarcare i migranti e occuparsi solo in un secondo momento di occuparsi della redistribuzione: ma non stava “ordinando” nulla, tanto che la Germania è stato uno dei paesi che hanno dato disponibilità ad accogliere i migranti della nave, una volta sbarcati.
L’intervista a Rackete è andata in onda il 7 agosto. Il giorno successivo il giornale online The Post Internazionale ne ha parlato in un articolo intitolato: «Sea Watch, Carola Rackete alla tv tedesca: “Berlino ci disse che dovevamo portare i migranti in Italia”», poi corretto in “registrare”.
L’11 agosto la notizia è stata ripresa e distorta dal Giornale e dalla Verità, due quotidiani di destra che sull’immigrazione diffondono spesso notizie false o imprecise, evidentemente senza verificare cosa avesse detto davvero Rackete. Entrambi infatti hanno attribuito a Rackete cose che non ha mai detto: “Il governo tedesco mi ordinò di portare i migranti in Italia”, e “Il governo tedesco mi ha fatto portare i migranti in Sicilia”.
L’articolo di The Post Internazionale è stato ripreso dall’account Twitter di Noi con Salvini, il braccio politico della Lega nel Sud Italia, mentre quello del Giornale da Giorgia Meloni, capo del partito di destra radicale Fratelli d’Italia. Altri giornali online come Voxnews e Imola Oggi hanno ripreso gli articoli del Giornale e della Verità, senza fare verifiche. Commentando la notizia falsa, Meloni l’ha definita «la prova che alcuni paesi utilizzano ONG a scopo politico».
La notizia falsa è stata smentita già domenica 11 agosto da Udo Gümpel, corrispondente per l’Italia della tv tedesca RTL, e nella mattina di lunedì da un articolo di David Puente su Open. Gli articoli del Giornale e della Verità sono ancora online e non sono stati corretti, mentre Meloni non ha ritrattato le proprie dichiarazioni.
No, Carola Rackete non ha detto che il Governo tedesco le aveva ordinato di portare i migranti in Italia
di David Puente da Open online
Non è una bufala, Carola ha detto proprio così: “Berlino ha insistito per registrare i migranti della Sea Watch in Italia”
da TPI del 12 agosto
Lo scorso 8 agosto TPI ha pubblicato un articolo dal titolo “Sea Watch, Carola Rackete alla tv tedesca: ‘Berlino ci disse che dovevamo registrare i migranti in Italia’”. L’articolo riporta il contenuto di una intervista rilasciata il 7 agosto da Carola Rackete, ex capitana della Sea Watch, all’emittente tv tedesca Zdf. Nell’intervista Carola riferisce che, lo scorso giugno, mentre la nave della Ong tedesca, carica di migranti, era bloccata in mezzo al mare in attesa di un porto sicuro dove poter sbarcare, il ministro dell’Interno tedesco impedì una soluzione. In particolare, il ministro insistette affinché i migranti che erano a bordo della nave fossero registrati in Italia.
Alcune testate giornalistiche hanno bollato questa notizia come una “bufala”. Ma non è così: la notizia è vera. L’equivoco nasce probabilmente dal fatto che queste testate hanno tradotto l’intervista a Carola Rackete dalla versione scritta riportata sul sito della tv Zdf (qui consultabile). La trascrizione dell’intervista, però, non include un passaggio fondamentale di quel che la capitana ha detto. Passaggio che invece è presente nella registrazione video (qui consultabile).
La frase incriminata è quella in cui riferendosi al caso Sea Watch Carola afferma che il ministro dell’Interno tedesco aveva insistito affinché i migranti fossero registrati in Italia (“der deutsche Innenminister darauf bestanden hat, dass die Flüchtlinge in Italien registriert werden”). Questa frase, che l’ex capitana della Sea Watch dice in video, è stata omessa nella versione scritta dell’intervista, in cui invece si riporta questo testo: “Durante la missione si è comunicato attraverso il ministero degli Esteri e attraverso il ministero dell’Interno, la comunicazione era con l’organizzazione, non direttamente con noi della nave, ma non si è arrivati ad alcuna soluzione. (…) Quello che è accaduto prima, durante quei diciassette giorni non era reale, erano solo dimostrazioni di simpatia. Già al terzo giorno le prime città hanno reso noto di essere pronte ad accogliere, Rottenburg ad esempio (una città tedesca), ma questo non è stato permesso ( “erlaubt”) dal ministro dell’Interno federale. Non ho trovato il supporto a questa missione particolarmente eccezionale (“gross”)”.
Riportiamo di seguito anche il testo tedesco pubblicato da Zdf: “Während der Mission hat man zwar über das Außenministerium und auch über das Innenministerium mit uns kommuniziert, also mit der Organisation, nicht mit uns auf dem Schiff direkt, aber es wurde effektiv keine Lösung nach vorne gebracht. Erst hinterher hat es allen leidgetan. Das, was vorher passiert ist, während dieser 17 Tage, war nicht effektiv, das waren nur Sympathiebekundungen. Schon am dritten Tag hatten sich ja die ersten Städte dazu bereit erklärt, Rottenburg zum Beispiel, dass sie Leute aufnehmen würden, und das wurde vom Bundesinnenminister nicht erlaubt. Die Unterstützung habe ich auf dieser Mission wirklich nicht als besonders groß empfunden”.
Quello che invece viene riportato nella versione orale del video è il testo seguente, che traduciamo nuovamente nella maniera più letterale possibile.
La giornalista domanda: “Se guardiamo i numeri, nel 2016 sono arrivati circa 181.459 persone dal Nord-Africa in Italia via mare. Quest’anno sono 3.071. Se adesso guardiamo i numeri c’è chiaramente una diminuzione e paesi come l’Italia, in particolare, ma anche la Grecia, dicono: ‘Siamo sopraffatti, ci sentiamo lasciati soli, così non può andare avanti, per questo chiudiamo i porti’. Lei lo capisce questo?”.
Alla domanda Carola risponde: “In parte. Questa questione è utilizzata per scopi politici, in quei paesi. Il fatto è che Dublino III è ingiusto, questo è noto a tutti. Quello che ora è interessante nel nostro caso è che il giorno dopo che avevamo effettuato il salvataggio, la città di Rottenburg ha prontamente chiarito di essere pronta ad accogliere i migranti (“aufzunehemen” deriva dal verbo “nehmen”: “prendere”)”. “La città tedesca?”, chiede ancora la giornalista. “Sì esatto, ah e disse anche di voler mandare un bus finanziato con soldi raccolti da Seebruecke (Seebruecke è un movimento per la solidarietà internazionale che porta avanti azioni di questo tipo, ndr). Ma questo avrebbe dovuto essere permesso. E poi c’è anche questo: che di nuovo il ministro dell’Interno ha insistito/voluto (“darauf bestanden hat”) perché/che i migranti fossero registrati in Italia”, risponde Carola.
“Bestehen auf” è un’espressione che contiene il verbo “bestehen” ed ha un significato forte in tedesco: non è un consiglio ma un’espressione di forte volontà. Questo verbo è utilizzato, ad esempio, in espressioni traducibili come: “Voglio che tu mi dica la verità” (“Ich bestehe darauf, dass du die Wahrheit sagst”), tanto che in frasi simili si utilizza anche il verbo “pretendere” o “verlangen”: “Pretendo che tu mi dica la verità” (Ich verlange, dass du die Wahrheit sagst).
Foto: ZDF, Sea Watch, Ansa e AFP
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