Al via l’operazione europea Irene per imporre l’embargo sulle armi alla Libia
Prende il via ufficialmente oggi l’Operazione Eunavfor Med Irini (Irene in greco) tesa a imporre l’embargo dell’ONU sulle armi in Libia.
Come si legge nel comunicato ufficiale, l’Op. Irini, (parola greca che significa “pace”), avrà come compito principale “l’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi attraverso l’uso di assetti aerei, satellitari e marittimi. In particolare, la missione sarà in grado di ispezionare le navi in alto mare, al largo delle coste libiche, sospettate di trasportare armi o materiale correlato da e verso la Libia conformemente alla Risoluzione n° 2292 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La missione aerea e navale della Ue avrà anche i seguenti compiti secondari, ereditati dall’Operazione Sophia che si è di fatto conclusa ieri:
- monitorare e raccogliere informazioni sulle esportazioni illecite dalla Libia di petrolio greggio e prodotti petroliferi raffinati;
- contribuire al potenziamento delle capacità e alla formazione della Guardia Costiera e della Marina Militare libica nelle attività di contrasto in mare;
- contribuire alla disarticolazione del modello di business delle reti di contrabbando e traffico di esseri umani attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento con mezzi aerei.
L’OP. Irene sarà guidata dall’Ammiraglio Fabio Agostini come Comandante dell’Operazione dell’UE e il suo Quartier Generale sarà situato a Roma, in Italia, presso la base di Centocelle già sede del quartier generale dell’Operazione Sophia.
Il mandato dell’operazione Irene durerà inizialmente fino al 31 marzo 2021 con verifiche sulla sua operatività ogni quattro mesi e sarà sotto stretto controllo degli Stati Membri dell’UE, che eserciteranno il controllo politico e la direzione strategica attraverso il Comitato Politico e di Sicurezza (COPS), sotto la responsabilità del Consiglio e dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.
La missione nasce dalla volontà espressa dai partecipanti alla conferenza di Berlino sulla Libia del 19 gennaio 2020 di impegnarsi a rispettare e dare piena attuazione all’embargo sulle armi istituito dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) 1970 (2011), 2292 (2016) e 2473 (2019).
In tale contesto, il 17 febbraio 2020 il Consiglio dell’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico per l’avvio di una nuova operazione nel Mediterraneo, finalizzata all’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi dirette e provenienti dalla Libia, utilizzando risorse aeree, satellitari e marittime.
L’operazione Eunavfor Med Sophia, varata il 22 giugno 2015 nell’ambito dell’approccio globale dell’UE in materia di migrazione, è cessata definitivamente il 31 marzo dopo il suo totale fallimento: in cinque anni non ha mai ostacolato i trafficanti limitandosi a sbarcare in Italia (e solo in Italia), 45 mila clandestini e quando l’Italia ha chiesto nel 2019 la condivisione degli sbarchi con i partner tutti i paesi Ue hanno ritirato le proprie navi lasciando solo un pugno di aerei ed elicotteri che, non galleggiando, non rischiavano di imbarcare clandestini.
Limiti e aspetti critici
L’Operazione Irini ha preso il via dopo un lungo braccio di ferro tra i paesi Ue preoccupati dell’accoglienza di eventuali migranti illegali attirati dalla presenza delle navi europee. E’ questa la ragione per cui il compito secondario di “contribuire alla disarticolazione del modello di business delle reti di contrabbando e traffico di esseri umani” verrò espletato solo “attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento con mezzi aerei”.
Di fatto pur di non effettuare respingimenti in Libia di immigrati clandestini soccorsi in mare la missione Ue rinuncia a effettuare un reale controllo dello spazio marittimo lungo le coste della Tripolitania Occidentale interessate dai traffici impiegando le navi.
Per scongiurare il rischio di imbattersi in migranti l’Operazione Irini effettuerà i pattugliamenti per contrastare violazioni all’embargo sulle armi al largo delle coste tra Tripolitania e Cirenaica, a est delle rotte seguite da barconi e gommoni carichi di clandestini e si appresta a ritirarsi verso i porti europei se all’orizzonte apparissero gommoni e barconi.
Una decisione politica che mina fortemente la deterrenza militare dell’operazione navale Ue poiché ai contendenti libici basterà mettere in mare qualche barcone o gommone di immigrati illegali per rendere agevole il passaggio di navi cariche di armi in violazione dell’embargo ONU.
L’accordo che ha dato il via all’operazione prevede che eventuali migranti illegali soccorsi in mare vengano sbarcati in Grecia e da lì ridistribuiti (ma solo su base volontaria) in altri paesi della Ue.
Una soluzione accettata da Atene in cambio di non meglio precisate compensazioni politiche ed economiche. Alla nuova missione sembra forniranno navi Italia, Francia, Spagna, Germania e Finlandia anche se le decisioni sulla composizione e l’entità delle forze emergeranno solo oggi pomeriggio’.
Benchè l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, sostenga che “Ireni non è un’operazione Sophia bis” di fatto la nuova operazione europea mantiene gli stessi compiti, invertiti nelle priorità, che aveva la fallimentare Operazione Sophia, nata nel 2015 per “interrompere il modello di business dei trafficanti” assumendo poi anche tutti gli altri incarichi oggi assegnati a Irene.
Proprio a causa dei limiti intrinsechi alla missione e all’impego della forza europea, tutti di natura politica, è difficile aspettarsi grandi risultati dall’Operazione Irini che ha comunque un valore politico per un’Unione Europea mai come ora sull’orlo del collasso.
Quanto all’embargo alla Libia è noto che molte armi giungono ai contendenti attraverso i confini terrestri o con ponti aerei (soprattutto i rifornimenti destinati all’LNA di Haftar ma anche i mercenari siriani inviati dai turchi a Tripoli) e pare improbabile che la flotta Ue cerchi lo scontro sul mare con la flotta turca che scorta con le sue fregate le navi mercantili che riforniscono Tripoli di mezzi pesanti e munizioni.
L’operazione Ue è già stata criticata duramente dal GNA sostenendo che senza il controllo anche di vie terrestri e aeree si favoriscono le forze del generale Haftar. “In questo modo è il GNA che viene preso di mira dai controlli omettendo totalmente qualsiasi verifica sugli armamenti di Haftar”, ha affermato Mohamed Siala, il ministro degli Esteri dell’esecutivo guidato da Fyezal-Sarraj.
“Le riserve del GNA e il suo malcontento a proposito della non-inclusione nella decisione dell’Unione europea di effettuare controlli sui flussi di armi aerei e terrestri” sono state espresse da Siala in una telefonata all’ambasciatore dell’Unione europea in Libia.
Critiche simili sono state formulate dall’ Alto consiglio di Stato (HSC), cioè dalla camera del parlamento libico di Tripoli, che in un comunicato sottolinea “’insistenza dell’Ue a monitorare solo attività in mare mette in dubbio i reali motivi sottesi a questo processo”, come riporta il sito Libya Observer.
Foto: Eunavfor Med Irene e Eunavfor Med Sophia
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.