I turchi inviano altri mercenari siriani in Libia
Mentre in Italia si discute della visita del premier Mario Draghi a Tr4ipoli e delle sue dichiarazioni circa il “dittatore” turco Recep Tayyp Erdogan, sarebbe ripreso l’afflusso in Libia di mercenari siriani arruolati dalla Turchia secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong con sede a Londra e vicina ai ribelli anti-Assad.
Il comando turco avrebbe deciso di inviare altri 380 mercenari in Libia nei giorni scorsi dove altri loro commilitoni avrebbero mostrato malcontento per la lunga permanenza nel Paese nordafricano.
A questo proposito alcune centinaia di mercenari siriani ritirati da Tripoli sarebbero stati schierati su altri fronti che vedono impegnata la Turchia poiché di essi solo 120 combattenti della fazione “Sultan Murad” avrebbero fatto ritorno nel nord della Siria, nei territori presidiati dall’esercito turco.
L’Osservatorio ritiene che “il rientro di pochissimi mercenari sia una manovra propagandistica turca dal momento che in Libia ci sono ancora più di 6.630 mercenari siriani” dopo che l’anno scorso, durante la guerra contro l’Esercito Nazionale Libico (LNA), avevano raggiunto i 14/17 mila effettivi.
Secondo l’emittente televisiva “al-Arabiya ripresa dall’Agenzia di stampa Nova, la Turchia sarebbe determinata a mantenere proprie truppe e mercenari siriani in Libia a difesa delle sue basi situate ad al-Watya (base aerea non lontana dal confine tunisino) e nei porti di al-Khoms e Misurata (nella foto sotto) he informazioni non confermate diffuse su canali social pro-Turchia sarebbe stato dato in concessione ad Ankara per 99 anni.
Del resto i termini per il ritiro di mercenari e militari stranieri dalla Libia previsto dagli accordi di cessate il fuoco del 23 ottobre, sono scaduti il 23 gennaio ma né turchi né russi sembrano voler ritirare i propri combattenti: turchi e siriani anti-Assad in Tripolitania, russi, sudanesi, ciadiani e siriani filo-Assad in Cirenaica con le forze del generale Khalifa Haftar.
Secondo il rapporto dello US Africa Command (Africom) i combattenti stranieri presenti in Libia su entrambi i fronti sono almeno 10.000 (il doppio secondo un rapporto dell’ONU).
Di questi i combattenti della compagnia russa Gruppo Wagner sarebbero almeno 2.000 e avrebbero in gestione, secondo i funzionari dell’intelligence Usa, attrezzature di alto livello come sistemi di difesa anti-aerea Pantsir e caccia Mig 29 basati a Sirte e nei pressi di Tobruk.
Anche Ankara ha rafforzato la sua presenza in Libia, con la costruzione di strutture per l’addestramento militare, il trasporto di attrezzature e il dispiegamento di batterie missilistiche per la difesa aera Hawk XXI e radar tridimensionali Aselsan Kalakan .
Oggi le milizie filo turche di Tripoli che hanno condotto l’operazione Vulcano di rabbia contro le truppe di Haftar che assediavano Tripoli, hanno diffuso la notizia non confermata che i contractors russi del gruppo russo Wagner e i mercenari Janjaweed sudanesi (nella foto sotto) , alleati dell’LNA di Haftar, avrebbero assunto il controllo di alcune risorse petrolifere.
“Nelle ultime ore a Tamannet e a Sirte ci sono stati 48 sorvoli degli aerei pilotati dai mercenari del gruppo russo Wagner a sostegno del criminale di guerra ribelle Haftar”, riferisce il quartier generale dell’operazione Vulcano di rabbia su Twitter citata dall’Agenzia Nova, sottolineando che queste manovre sono “in contraddizione con l’accordo di cessate il fuoco” firmato a Ginevra lo scorso 23 ottobre.
In gennaio le immagini satellitari avevano mostrato una trincea che si estende per decine di chilometri a sud dalle zone costiere intorno a Sirte verso la roccaforte di al-Jufra, controllata dalle forze di Haftar e dai russi e protetta da postazioni fortificate.
“In precedenza, erano stati osservati scavi dei mercenari Wagner, che si ritiene stessero posando un oleodotto all’interno della trincea per trasportare petrolio da sud a nord e da lì per essere spedito via mare, come confermato da precedenti dichiarazioni rilasciate dall’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha”, aggiungono i miliziani filo turchi che riferiscono di “una seria minaccia per la sicurezza nazionale libica che colpisce gli interessi di tutte le società statunitensi ed europee che operano nel settore, che saranno ostaggio di un un’incursione russa senza precedenti”.
Si tratta di informazioni da confermare inclusa la presenza di un oleodotto per l’esportazione clandestina di petrolio dal porto di Sirte. Operazione che violerebbe gli accordi per la stabilizzazione della Libia sostenuti anche da Mosca e che verrebbe peraltro ostacolata non solo dalla flotta turca basata nella vicina Misurata ma anche dalla flotta europea dell’Operazione Irini, a comando italiano, che ha tra i suoi compiti anche il contrasto all’export illegale di greggio libico.
L’impressione è che le milizie filo-turche di Tripoli e Misurata puntino a gonfiare e la minaccia e il ruolo dei contractors russi e delle altre milizie mercenarie schierate con Haftar per tenere alta la tensione militare e giustificare l’invio di altri mercenari siriani in Libia da parte di Ankara.
Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane" e “Immigrazione, la grande farsa umanitaria”. Dall’agosto 2018 al settembre 2019 ha ricoperto l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza del ministro dell’Interno.