Un corpo di reazione rapida pan arabo
La Lega Araba ha deciso di dotarsi di una propria Forza di intervento rapido per far fronte al dilagare dello Stato islamico e all’influenza dell’Iran. Preannunciata a gennaio, la decisione di creare una “Kowa” (Forza) panaraba è stata presa dal summit dell’organizzazione dei 22 paesi arabi svoltosi il week end scorso a Sharm El Sheikh, in Egitto, proprio mentre i raid aerei della coalizione a guida saudita in Yemen hanno indicato un potenziale scenario di intervento futuro.
L’annuncio dell’accordo di principio per creare una “Forza militare araba comune” che fronteggi le “sfide” nella regione è stato dato dal presidente egiziano, l’ex-generale Abdel Fattah Al Sisi. Il testo delle conclusioni del vertice precisa che la forza si muoverà “su richiesta” del Paese minacciato per proteggere la sua “sovranità nazionale” e contrastare “formazioni terroristiche”, sullo sfondo della crisi yemenita e dell’avanzata dell’Isis.
Si realizza così, per ora solo sull carta, un vecchio obiettivo della Lega Araba realizzato temporaneamente solo nel 1973 combattendo Israele ma mai reso strutturale a causa delle note divisioni internedell’organizzazione che è condizionata dall’alleanza saudita-egiziana, da quella turco-qatariota e dalla “mezzaluna sciita” (l’influenza di quest’ultima è stata confermata da distinguo fatti valere da Iraq e Libano durante il summit).
Per evitare veti paralizzanti, è stata adottata la formula dell’adesione volontaria e indiscrezioni parlano di unadotazione di 40 mila uomini con aerei, navi e mezzi blindati leggeri con quartier generale in Egitto o Arabia Saudita. Si tratterà quindi di istituire un comando multinazionale che disporrà di forze assegnate dai singoli Paesi a seconda delle attivazioni.
Stabilire composizione e modalità di intervento richiederà quattro mesi e diverse fonti hanno specifycato che la “Kowa” non verrà chiamata a combattere nè in Palestina né in Siria mentre l’Egitto ha auspicato che la prima missione si svolga in Yemen in vista dell’offensiva terrestre contro le milizie sciite Houthi.
In messaggio di Vladimir Putin, sostenitore dell’Iran, è suonato come un altolà. In ogni caso la richiesta del presidente russo di una soluzione negoziale per la Siria ha innescato una velata accusa di ipocrisia da parte del ministro degli Esteri saudita: “la Russia propone soluzioni pacifiche mentre continua ad armare il regime siriano”, ha notato Saud Al Faisal.
Secondo quando scrive oggi il quotidiano panarabo “al Quds al Arabi”, al Corpo di reazione rapida avrebbero ufficialmente aderito solamente due Stati: Egitto e Giordania oltre, ovviamente, l’Arabia Saudita che guida una coalizione di 10 Stati musulmani nello Yemen. L’Iraq, “contrario a qualsiasi intervento militare arabo contro un’altro Paese arabo” ha espresso riserve invitando invece ad adottare “la via del dialogo”. Sulla stessa posizione anche il Libano che attraverso il suo rappresentante al vertice, ha sottolineato che qualsiasi risoluzione araba deve essere presa “all’unanimità”.
Il premier libico Abdullah al- Thani, ha colto la palla al balzo annunciando che “la Libia domanderà alla Lega araba un intervento per il ritorno della legittimità” come quello in Yemen. La dichiarazione è stata fatta in un’intervista ad Al Arabiya Al Hadath”, un tv della rete saudita, in cui al-Thani ha sostenuto che lo Yemen ha gli stessi problemi della Libia e si è domandato perché “sia impossibile sostenere la legittimità nello Yemen e non fare lo stesso in Libia”. Del resto, ha detto ancora il premier mentre sono in corso in queste settimane negoziati Onu in Marocco, “le risoluzioni del vertice arabo” conclusosi ieri “sono tutte nell’interesse della Libia”.
Sulla stesa lunghezza d’onda il presidente palestinese Abu Mazen.”Speriamo – ha detto, citato da Al Ayyam – che la posizione assunta dagli arabi in Yemen possa essere presa per altre nazioni alle prese con conflitti interni, come Siria, Iraq, Palestina, Libia e Somalia”.
(con fonti ANSA e Askanews)
Foto: TM News, AFP
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